Investimenti online, le truffe sono raddoppiate


Investimenti online, raddoppiate le truffe: “Mancano educazione finanziaria e conoscenza informatica”. A Lignano Sabbiadoro (UD) l’allarme lanciato a Economia sotto l’Ombrellone

investimenti online criptovalute market cap

«Le piattaforme di investimenti online non sono un gioco e vanno utilizzate con cura solo da chi ha reali competenze finanziarie e adeguate conoscenze tecnologiche. Prima di utilizzarne una, bisogna sempre accertarsi che sia fra quelle autorizzate dalla Consob e di comprovata serietà. Purtroppo, infatti, le truffe compiute da piattaforme non autorizzate sono all’ordine del giorno e le perdite subite da investitori-consumatori che speravano di fare “l’affare della vita”, sono ingenti. Così come sono notevoli le perdite di chi si approccia al trading (anche su piattaforme legali) pensando che sia un facile giochino, magari attratto da qualche guadagno iniziale e poi, per inesperienza e scarse conoscenze finanziarie e informatiche, si lascia prendere e la mano e perde il controllo dei propri investimenti».

È l’allarme lanciato nei giorni scorsi, senza mezzi termini, a Lignano Pineta, al primo incontro di Economia sotto l’Ombrellone 2023, dai relatori Barbara Puschiasis, Mario Fumei e Manuel Cacitti che, moderati da giornalista e direttore editoriale Nord Est di EoIpso, Carlo Tomaso Parmegiani, si sono confrontati sul tema “Cybersecurity e affidabilità degli investimenti”.

Barbara Puschiasis, avvocato e presidente di Consumatori Attivi, da anni impegnata al fianco dei cittadini, correntisti e azionisti che hanno subito perdite nei crack delle banche venete e in altre vicende simili, ha ricordato come «secondo i dati della Polizia Postale, nel 2021 gli investitori italiani hanno visto andare in fumo a seguito di truffe sulle piattaforme di trading online circa 46,6 milioni di euro che nel 2022 sono diventati 93,3 milioni. E queste, sono solo le cifre derivanti dalle segnalazioni di chi trova il coraggio di denunciare, ma si stima che siano molte di più le persone che, per vergogna o per paura, non denunciano».

Un fenomeno che, secondo Pusichiasis, è aumentato molto nel periodo della pandemia «quando i consumatori, trovandosi chiusi in casa, delusi e sfiduciati dai tanti scandali bancari degli ultimi anni e attratti dal moltiplicarsi delle piattaforme di trading, si sono lasciati abbindolare perdendo cifre in alcuni casi davvero molto ingenti».

Il problema principale di questa situazione è «la drammatica mancanza di cultura finanziaria nel nostro Paese», ha sottolineato Mario Fumei, consulente finanziario e private banker. «Si continua a pensare che il “fai da te” possa essere un modo di affrontare la finanza, senza rendersi conto che senza adeguata conoscenza e preparazione maneggiare la finanza può diventare molto pericoloso. Lo era già quando non esisteva il trading online, lo diventa tanto più ai giorni nostri quando si moltiplicano su internet proposte, spesso truffaldine, che propongono mirabolanti guadagni in pochi giorni che neanche il miglior gestore del mondo sarebbe in grado di realizzare. Se ci fosse maggiore cultura finanziaria e, conseguente, capacità di informarsi, ad esempio consultando semplicemente il sito della Consob, sicuramente avremo meno casi di persone truffate». La soluzione è affidarsi a professionisti preparati e certificati, confrontando tra loro anche le diverse proposte di investimento. «Non si capisce – ha proseguito Fiumei – perché per comprare un’auto gli italiani girino mediamente quattro o cinque concessionari, mentre per investire i propri soldi si affidino spesso alla prima proposta che trovano, senza accertarsi della sua serietà».

La tecnologia può essere un valido aiuto. Anche se però, troppo spesso, non la si sa utilizzare. Anche in questo caso, alla base vi è una scarsa conoscenza. «Gran parte dei consumatori e investitori che utilizzano spesso inconsapevolmente la tecnologia pensano di saperla dominare, ma in realtà ne sono dominati», ha detto Manuel Cacitti, esperto internazionale di sicurezza informatica e amministratore di Karmasec. «Oggi utilizziamo tecnologie abilitanti che ci permettono di accedere alle piattaforme di trading online (lecite e non) in maniera molto semplice, ma spesso l’utente ha una scarsa percezione del reale, perché non ha sufficienti competenze e conoscenze. Si sviluppa, così, un fenomeno simile a quello del gioco online, per cui si perde spesso la consapevolezza che dietro quei “numeri digitali” che vediamo sullo schermo del nostro Pc o, peggio dello smartphone, c’è in realtà il nostro conto corrente, sul quale, poi, improvvisamente “scopriamo” le perdite quando andiamo in banca. Si sviluppano, poi, anche fenomeni di vera e propria dipendenza con persone che passano tutto il giorno (o quasi) sulla app di trading a comprare e vendere azioni e obbligazioni senza spesso avere contezza di cosa stanno facendo realmente».

Lanciato l’allarme, i tre relatori del primo incontro della tredicesima edizione di Economia sotto l’Ombrellone hanno sostenuto che, pur non volendo demonizzare le piattaforme di trading online (la gran parte delle quali operano in maniera assolutamente lecita e autorizzata), un primo punto fondamentale è rendere i controlli più rapidi ed efficaci. Infatti, se da un lato, le autorità quasi quotidianamente oscurano qualche sito di trading truffaldino (oltre 872 siti dal 2019), dall’altro spesso arrivano ad accorgersi dei problemi solo dopo la segnalazione di qualche associazione di consumatori o di operatori privati. In tal senso c’è bisogno di una maggiore capacità di adeguare velocemente le normative ai continui sviluppi tecnologici e sociali, problema che esiste in tutti i Paesi, ma che in Italia, nonostante una produzione normativa esagerata, è più forte che altrove.

Un secondo aspetto fondamentale, secondo Cacitti, Fumei e Puschiasis, è fare una grande operazione culturale perché non è possibile che un Paese del G8 come l’Italia sia al 25° posto nel mondo per l’utilizzo consapevole delle tecnologie, e ancora più in basso nella classifica relativa alla conoscenza finanziaria. Nelle scuole, hanno spiegato, si è recentemente cominciato a fare qualcosa in tal senso, ma rimane, purtroppo, un’enorme fetta della popolazione che ha già completato il ciclo scolastico che non ha mai avuto “lezioni” di cultura finanziaria o di cultura tecnologica e che sarebbe necessario cercare di formare e informare. Il tutto anche rendendo molto più semplice e comprensibile il linguaggio (normalmente inutilmente infarcito di tecnicismi e non necessari anglicismi) che si utilizza normalmente per parlare di finanza o di tecnologia o che è adoperato nelle informative contrattuali fornite dai vari operatori tecnologici, banche e piattaforme.