I giovani e gli stupri di gruppo: parla lo psicologo


Gli stupri di gruppo a Palermo e Caivano stanno sollevando grande clamore e in tanti si interrogano sulla condizione dei giovani: parla lo psicologo Armando Cozzuto

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Due cugine 13enni stuprate dagli ‘amici’ a Caivano. Una ragazza 19enne letteralmente massacrata dalle sevizie di sette giovani a Palermo. “Non è la prima volta e purtroppo non sarà l’ultima se non intercettiamo in tempo queste chiare manifestazioni di disagio che poi sfociano in reati. Esiste un fenomeno che gli psicologi conoscono come ‘disumanizzazione dell’altro‘ e che riguarda non solo i fatti di cronaca che stiamo commentando. Si tratta di un processo psichico che spinge a considerare l’altro come un oggetto perché ha caratteristiche diverse dalle proprie. Alla base rintracciamo un meccanismo di difesa arcaico, la scissione, che finisce per descrivere in che modo quella persona, in questo caso ‘gli aggressori’, percepisce se stessa e come si rappresenta gli altri. E’ questo ciò che accade nel branco: chi è dentro è portatore di valori giusti e condivisi, per quanto aberranti, chi è fuori finisce per rappresentare una diversità che non si riesce a tollerare. E allora l’altro diventa un oggetto da possedere e sopraffare”. Armando Cozzuto, presidente degli Psicologi della Campania, prova a definire, all’agenzia Dire (www.dire.it), una prima cornice, sulla base delle informazioni disponibili, che aiuti a comprendere da un punto di vista scientifico quanto accaduto a Palermo e a Caivano.

“Questi ragazzi giovanissimi sembrano incapaci di trasformare la differenza dell’altro in risorsa- spiega lo psicologo- nascondono grandissime difficoltà, ma il gruppo gli consente di provare potere e sicurezza a discapito di un sano senso di responsabilità che, invece, sembra disperdersi nel branco”. “Nel caso dello stupro di Palermo, ad esempio, pare che alcuni degli aggressori abbiano condiviso dei video sull’accaduto, per testimoniare all’esterno di averlo fatto. Ciò proverebbe la convinzione di dimostrare in questo il loro valore. La realtà come spesso accade è ben diversa- aggiunge lo psicologo- mette luce su un comportamento antisociale con una marcata difficoltà e riconoscere lo stato emotivo altrui, quello che spesso in modo riduttivo chiamiamo empatia”.

Agire in gruppo non è una novità. “Fornisce potere e al tempo stesso protezione e permette al singolo di sentirsi meno responsabile anche quando compie un reato. Dinamiche simili, seppur diversamente declinate, sono rintracciabili in comportamenti e fenomeni come il bullismo, il cyber bullismo, così come nei casi di mobbing. Non esiste solo la vittima e l’aggressore, c’è un intero sistema che interviene, in modo implicito ed esplicito, con diversi ruoli. Vedi ad esempio coloro che filmano, convinti di non partecipare a quanto sta accadendo”.

Caivano e Palermo continuano a dimostrare, secondo Cozzuto, che “la violenza è, nella maggior parte dei casi, perpetrata dagli uomini nei confronti delle donne che continuano ad essere percepite con un ruolo di genere subordinato rispetto ai maschi. Questi ragazzi, autori di un reato gravissimo, oltre alla giusta condanna, dovranno essere seguiti se vogliamo che qualcosa cambi. Il sistema giustizia, nel pieno della sua funzione dovrà affiancare alla pena un complesso e non affatto semplice percorso di recupero, a garanzia dei cittadini che tali episodi non si ripetano. Inoltre vanno supportate le vittime e i loro familiari– sottolinea Cozzuto- affinché possano ritrovare nel tempo quei sentimenti di fiducia nel prossimo oggi inevitabilmente lontani. Da anni parliamo di prevenzione. E’ necessario che gli psicologi siano presenti in modo strutturato nelle scuole per parlare di ciò che leggiamo sui giornali, bisogna ritornare a fare ‘educazione sentimentale’. Le scuole e le famiglie vanno seguite e supportate. Bisogna chiedersi come far fronte a complessi cambiamenti socio culturali che rischiano, come nei casi descritti, di cristallizzarsi in forme estreme di violenza”.

Le età si abbassano sempre di più. “Su svariati social, tra cui ad esempio, Tik Tok, per il tramite della mia attività clinica sono venuto a conoscenza di canali dove i ragazzi, sempre più giovani, possono postare video anonimi (nascondendo il volto) per dire ciò che non direbbero pubblicamente. C’è chi si scaglia contro familiari, amici o docenti, senza poter ricevere alcun feedback o attivare qualsivoglia confronto. Bisogna prendere atto di queste realtà sempre più accessibili anche ai giovanissimi. Sono lontani i tempi in cui potevamo pensare che alcune cose accadessero solo oltre oceano, ad esempio negli Stati Uniti- continua Cozzuto- dove i casi di cronaca testimoniano di adolescenti che entrano a scuola armati. Siamo ancora distanti da tutto ciò, ma forse non come credevamo”.

I ragazzi sono sempre più fragili e “il Covid ha sicuramente accelerato alcuni processi, accentuando determinati quadri sintomatologici e creandone di nuovi- continua il presidente degli psicologi campani- basti pensare all’isolamento sociale, alla convivenza forzata in spazi già disfunzionali (pensiamo ai casi di violenza domestica e conseguentemente ai fenomeni di violenza assistita). Bauman ci ha insegnato cosa vuol dire vivere in una società liquida- aggiunge Cozzuto- dove i riferimenti sociali si perdono e dove c’è sempre meno spazio per la fragilità e il fallimento, fattori invece necessari per confrontarci con il limite. Per farci capire, insomma, che non siamo onnipotenti”.

E le famiglie? “Il comportamento dei ragazzi non può dipendere solo dalla famiglia, ci sono anche la scuola, il gruppo dei pari e il contesto socio-culturale di appartenenza. Se vogliamo arginare questi fenomeni le famiglie vanno sostenute. Non dobbiamo mai far passare l’idea che se la famiglia non funziona possono accadere queste cose. Sono tantissimi i fattori che entrano in gioco”. La società non li perdona. “Lo stupro di Palermo prima e di Caivano poi hanno attivato una paura comune: ‘Può succedere anche a me? Anche a mia figlia?‘. È molto difficile riuscire a tollerare queste notizie e il rischio è sempre quello di rispondere alla violenza con altra violenza. Si leggono espressioni come: ‘Chiudiamoli in carcere a vita, evirarli subito, castrazione chimica’. Noi psicologi la definiamo come ‘escalation simmetrica’: rispondere ad un’emozione con un’emozione equivalente. Rispondere alla violenza con altra violenza non ci aiuta. La prima reazione è lecita- continua Cozzuto- di stupore e indignazione, c’è l’identificazione con le vittime, poi però gli addetti ai lavori devono interrogarsi su questi fenomeni: adolescenti che disperdono il senso di responsabilità nel gruppo e si sentono onnipotenti; fattori sociali e culturali, oltre che individuali, che li portano ad una disparità nella lettura dei ruoli di genere. Dalla cronaca apprendiamo che gli autori dello stupro di Palermo hanno detto ‘Eravamo come 100 cani su una gatta’; ‘la carne è carne’, dimostrando l’incapacità di riconoscere l’altro”.

Infine il video in rete. “Tutti si sono scandalizzati dei gruppi su Telegram dove le persone sono disposte a pagare per avere il video dello stupro di Palermo. Non è un fatto nuovo, lo conosciamo già da tempo. Richiama seppur lontanamente un fenomeno che tutti conosciamo e che viene denominato ‘sexting’: lo scambiarsi messaggi con foto e video a sfondo sessuale. È una cosa oramai assai comune tra gli adolescenti, visto anche il modo in cui oggi sono cambiati i mezzi attraverso cui ci confrontiamo con gli altri. Aggiungiamo che il web può fare venire meno alcuni filtri e che ciò rientra in un processo di costruzione e scoperta della propria identità che va attentamente seguito. In questi gruppi è possibile immaginare di trovare di tutto. C’è un impulso voyeuristico, talvolta perverso, che paradossalmente può consentire ad alcuni ragazzi di confrontarsi anche con una realtà dura come lo stupro. Allo stesso tempo questi gruppi possono essere terreni fertili pure per adulti che sono lì con gli scopi che purtroppo possiamo tutti immaginare”, conclude lo psicologo.