Santagostino Monitoring promuove la carne coltivata in laboratorio


Santagostino Monitoring – Osservatorio sulla Salute: la carne coltivata in laboratorio è un’alternativa sostenibile per la salute e l’ambiente

carne coltivata in laboratorio

Il 21 giugno del 2023, gli Stati Uniti hanno approvato la produzione e la vendita di carne coltivata in laboratorio, diventando il secondo paese al mondo, dopo Singapore, a prendere questa decisione. Questo passo avanti è stato raggiunto grazie all’approvazione del Dipartimento di Agricoltura degli Stati Uniti, che è intervenuto meno di un anno dopo l’autorizzazione da parte della Food and Drug Administration. Inizialmente, l’autorizzazione è limitata alla carne di pollo coltivata, che sarà disponibile solo in alcuni ristoranti selezionati. Da qui al banco del supermercato, quindi, il passo non sarà breve, ma sembra ormai difficilmente reversibile.

Vantaggi ambientali e benessere animale

Questa innovazione si basa su due principi fondamentali. Innanzitutto, mira a soddisfare la crescente domanda di carne in modo sostenibile, riducendo l’impatto ambientale. L’industria della carne è responsabile del 16% delle emissioni di gas serra a livello globale, sia direttamente che indirettamente. In secondo luogo, la carne coltivata in laboratorio offre un’alternativa senza sofferenza animale, poiché attualmente 80 milioni di animali vengono destinati al consumo umano ogni anno.

Secondo uno studio del 2021 dell’Università di Oxford, la produzione di cibo è responsabile, direttamente o indirettamente, di più del 26% delle emissioni serra su base annuale, di cui il 60% proviene da prodotti di origine animale. Si stima che ogni anno, fino al 2050, ci saranno 60 milioni di esseri umani in più da sfamare, fino ad arrivare a 9 miliardi a metà del secolo, e con essa crescerà del 35% la richiesta di prodotti di origine animale, in assenza di alternative.

La domanda di carne, storicamente legata allo sviluppo economico, è in costante crescita, con un forte impulso da parte della Cina, dove il consumo è oggi 15 volte maggiore rispetto a quello del 1960. Le proiezioni prospettano scenari difficilmente sostenibili dal punto di vista ecologico, soprattutto per quanto riguarda la carne bovina e suina, e molte sono le alternative al vaglio.

Il mercato della carne coltivata ha un enorme potenziale, come dimostrano gli investimenti significativi negli Stati Uniti, ma anche più vicino a noi, come ad esempio l’apertura di un centro di ricerca dedicato nel Regno Unito, guidato dall’Università di Bath. L’utilizzo di cellule provenienti da uova fecondate o prelevate dagli animali in modo indolore è il principio alla base della produzione di carne di pollo coltivata. Queste cellule vengono alimentate in un ambiente privo di antibiotici all’interno di un bioreattore, dove si creano le condizioni necessarie per la loro crescita. Sebbene il processo sia ancora costoso e su scala ridotta, gli sforzi di ricerca mirano a migliorare l’efficienza, ridurre ulteriormente l’impatto ambientale e renderlo un prodotto accessibile a un pubblico più ampio.

Non tutte le domande hanno quindi al momento una risposta: come abbiamo visto, i primi prodotti saranno a base di pollo, che è tra le fonti di carne di minor impatto ambientale. Al momento il costo energetico per unità di peso supera quello della carne di allevamento, mentre l’utilizzo di suolo ed acqua è già chiaramente a favore dell’alternativa coltivata su base cellulare L’incognita maggiore è come i consumatori accoglieranno la novità. Inoltre, i rischi per la salute legati al consumo di carne rossa saranno verosimilmente gli stessi rispetto al consumo tradizionale.

Impatto sulla salute e la carne rossa

E in effetti negli ultimi anni la letteratura scientifica ha fatto emergere che la dieta ricca di proteine animali, come la carne rossa, è associata a un maggior rischio di malattie cardiovascolari e diabete. L’IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), per esempio, un’agenzia dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha individuato una possibile correlazione tra il consumo di carni lavorate (come gli insaccati) e il tumore al colon retto.

Gli esperti sono concordi: per la salute è utile limitare il consumo di carne rossa e seguire una dieta bilanciata che includa anche fonti proteiche alternative ‘naturali’ a minore impatto come legumi, cereali, frutta secca e semi, insieme, se graditi, ad alcuni derivati tradizionali come tofu, seitan e tempeh. La dieta occidentale  – peraltro – è in media tutt’altro che carente di proteine: in Europa e negli Stati Uniti, il consumo medio si aggira intorno al doppio del fabbisogno giornaliero, e la metà dell’apporto proviene da carne o prodotti di origine animale.

Tuttavia non si possono ignorare i trend dei consumi odierni e la richiesta di cibo in linea con determinati gusti e abitudini. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una forte crescita nella produzione di cibi a base vegetale il cui intento è riprodurre il sapore della carne, cibi quindi altamente processati. Questo mercato, dapprima piuttosto elitario, si sta espandendo anche dal punto di vista delle fonti proteiche utilizzate, con il duplice scopo di abbattere i costi e migliorare il gusto, oltre a soddisfare la richiesta di cibo da parte di una popolazione mondiale in crescita, in modo più efficiente e quindi meno invasivo per l’ambiente. La ricerca di alternative non è quindi sopita: proteine prodotte da batteri o lieviti, o derivate da funghi, alghe (che in alcuni casi hanno anche il vantaggio di sequestrare anidride carbonica dall’ambiente) e persino insetti.

L’importanza della scelta consapevole

Oltre alla carne coltivata in laboratorio, quindi, esistono alternative valide al consumo di carne, come abbiamo detto. Ed è fondamentale fare scelte consapevoli riguardo al tipo di carne consumata, privilegiando prodotti di alta qualità e provenienti da allevamenti sostenibili.

La cultura dell’alimentazione gioca un ruolo fondamentale nel prendere decisioni informate riguardo alla carne e alla propria salute. È importante dedicarlre tempo e attenzione.

La carne coltivata in laboratorio rappresenta un’alternativa potenzialmente sostenibile, ma ancora molto può essere fatto per migliorare l’efficienza di questa produzione e quindi diminuirne ulteriormente l’impatto ambientale, oltre ad abbatterne i costi e rendere quindi il prodotto accessibile ad un pubblico più vasto. Al momento, la parte più costosa del processo consiste nell’alimentare le cellule in modo da consentire loro un ambiente favorevole alla replicazione. Praticamente ogni impresa di carne coltivata lavora al proprio terreno di coltivazione delle cellule, tuttavia si tratta comunque di prodotti ancora costosi e prodotti su piccola scala per un mercato finora di nicchia, talvolta anche, tradizionalmente, con uso di sostanze di derivazione animale. Un grosso sforzo dal punto di vista della ricerca si svolge quindi su questo versante.

Nell’attesa ognuno di noi dovrebbe considerare il consumo di carne, soprattutto rossa, in modo equilibrato e limitato, privilegiando anche fonti proteiche alternative. La sfida per un’alimentazione sostenibile sta nelle mani della scienza, ma anche in quelle di tutti noi.

Questo articolo è prodotto da “Santagostino Monitoring – Osservatorio sulla Salute”, un gruppo di studio che riunisce un pool di data scientist e professionisti sanitari per produrre ed elaborare dati e ricerche sul tema della sanità, della prevenzione, del benessere.

fonti:

Nicola Jones, Nature 619, 22-24 (2023)

Nicola Jones, Nature 619, 26-28 (2023)

Collett, K., O’Callaghan, B., Mason, M., Godfray, C. & Hepburn, C. The Climate Impact of Alternative Proteins (Oxford Smith School, 2021).

Foto: carne coltivata in laboratorio by Wikimedia World Economic Forum, CC BY 3.0, via Wikimedia Commons