Lofar dimostra che i satelliti possono emettere involontariamente onde radio


Lofar ha dimostrato che i satelliti possono emettere involontariamente onde radio che interferiscono con le osservazioni dei radiotelescopi

lofar

In uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics, vengono presentati i risultati dell’analisi dei dati acquisiti dal radiotelescopio Lofar – il più grande radiotelescopio a bassa frequenza sulla Terra, sviluppato da Astron (Netherlands Institute for Radio Astronomy) e operato in collaborazione con altri nove paesi europei – il quale ha dimostrato che i satelliti possono emettere non intenzionalmente onde radio che interferiscono con le osservazioni dei radiotelescopi.

In particolare, nell’aprile del 2022 Lofar ha osservato i satelliti della costellazione Starlink di SpaceX. Pur essendo autorizzati a operare all’interno della banda di frequenza radio da 10,7 a 12,7 GHz, destinata principalmente alla connettività Internet, il radiotelescopio ha appurato che questi satelliti emettono segnali elettromagnetici a frequenze significativamente inferiori.

In un comunicato stampa emesso dal Center for the Protection of the Dark and Quiet Sky from Satellite Constellation Interference dell’Unione astronomica internazionale (Iau Cps), gli autori dello studio riferiscono che per 47 dei 68 satelliti osservati, Lofar ha rilevato segnali radio tra 110 e 188 MHz. Questa banda di frequenze comprende un intervallo protetto compreso tra 150,05 e 153 MHz, specificatamente destinato alla radioastronomia dall’International Telecommunications Union (Itu). Gli autori concludono che l’emissione rilevata proviene dall’elettronica di bordo, ed è quindi distinta da quella prevista per le telecomunicazioni.

SpaceX attualmente non sta violando le regole poiché, per i satelliti, questo tipo di segnali non è coperto da un regolamento internazionale. Visto l’aumento previsto di costellazioni satellitari, l’assenza di regolamentazione può mettere a rischio la radioastronomia. Nel comunicato stampa gli autori incoraggiano gli operatori di satelliti e coloro che si occupano di regolamentare l’attività a considerare anche l’impatto sulla scienza.

L’interferenza in radiofrequenza è sempre stata una sfida per gli astronomi, che si sforzano continuamente di perfezionare le strategie per tenere conto dei segnali radio prodotti dall’uomo. «I radioastronomi effettuano le loro osservazioni scientifiche in bande di frequenza prossime, se non condivise, con quelle dei servizi di telecomunicazione (fissi, mobili, satellitari, terrestri, punto-punto, broadcast, etc). L’estrema sensibilità dei radiotelescopi, necessaria per rilevare i deboli segnali provenienti dall’universo più remoto, rende questi strumenti estremamente vulnerabili alla presenza di segnali a radio frequenza prodotti da attività antropica», commenta a Media Inaf Pietro Bolli, radioastronomo all’Inaf di Firenze e rappresentante dell’Ente all’interno del Committee on Radio Astronomy Frequencies (Craf).

«Per questo motivo, la comunità radioastronomica è da sempre fortemente coinvolta nello sviluppo di strategie tecniche e regolatorie per armonizzare la co-esistenza delle osservazioni scientifiche con le attività di telecomunicazioni», continua Bolli. «Negli ultimi anni, con l’espansione delle tecnologie wifi radio per le più svariate applicazioni (Internet of Thingsautomotive radars, 5G, ecc.), questa sfida di condividere una risorsa finita quale è lo spettro radio è diventata significativamente più complessa. In questo ambito, la presenza di costellazioni di satelliti in orbita bassa, attualmente sull’ordine delle migliaia, ma previste raggiungere numeri delle decine di migliaia, complica ulteriormente la sopravvivenza della radioastronomia se misure di coordinamento non vengono stabilite. Questo studio mostra, per la prima volta, utilizzando lo strumento Lofar, come tali satelliti emettano non intenzionalmente radiazioni elettromagnetiche nella banda tra 150,05 e 153 MHz assegnata alla radioastronomia dall’International Telecommunications Union».

«Partendo dalle misure effettuate, simulazioni presentate nello stesso articolo mostrano inoltre come costellazioni più numerose aumenteranno l’entità del disturbo, soprattutto in assenza di chiari regolamenti che proteggano le bande radioastronomiche da radiazioni non intenzionali. Il problema è sicuramente complesso, e solo un’intensa collaborazione tra la comunità radioastronomica e gli operatori satellitari potrà prevenire conseguenze assolutamente negative sul futuro delle osservazioni scientifiche», conclude Bolli.

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