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Ideatore e curatore del progetto Chirurgiarticolare, il dott. Castellani ha saputo trasformare la figura del chirurgo ortopedico da tecnico “bio-carpentiere” a comunicatore per avvicinare il paziente alla comprensione della propria patologia e delle possibilità che la chirurgia offre oggi per raggiungere la guarigione.

L’approccio che ho sviluppato durante la mia carriera si basa su quattro valori fondamentali” spiega il Dot. Castellani. Una diagnosi corretta. Questo deve essere il primo obiettivo di ogni medico perché è proprio da lì che parte il processo terapeutico corretto. Partire con le terapie senza una diagnosi significa andare per tentativi e delle volte perdere tempo prezioso. Chiarezza sui risultati molte volte i pazienti arrivano con aspettative impossibili. Complici le campagne televisive di mirabolanti successi e capolavori della scienza, il paziente spesso pensa che la chirurgia sia qualcosa di miracoloso e privo di difetti. Al buon medico il compito di chiarire prima dell’intervento quali siano gli obiettivi realistici di recupero, senza dare false speranze, con il giusto ottimismo per il percorso da intraprendere. Prima di ogni intervento è importante discutere vantaggi e svantaggi, rischi e benefici della chirurgia. Empatia con il paziente ossia prendersi cura della persona che si ha di fronte capendo il suo stato d’animo e sollevando le sue preoccupazioni. Questa è l’empatia. Sentirsi subito meglio solo perché qualcuno ha cominciato a prendersi cura di te. In una medicina moderna e giocoforza “tecnica” recuperare il valore del rapporto umano è fondamentale per raggiungere risultati da subito migliori. E infine non operare ad ogni costo: spesso il chirurgo si innamora della tecnica. Il bello della mia professione è prendere con entusiasmo la propria arte, migliorando ogni giorno il mio gesto, la mia manualità. Per questo mi innamoro della mia arte. Ma questo non deve diventare il fine della mia professione. Quante volte nonostante una netta indicazione chirurgica mi confronto con il paziente per capire se nella sua situazione e con i suoi obiettivi è davvero necessario ricorrere alla chirurgia. Il chirurgo opera persone non radiografie”.

Non si tratta più solo di affrontare il problema di salute, ma “comunicare” con il paziente,

L’intento è quello di essere un aiuto concreto al fine di costruire, con il paziente e per il paziente, un percorso di cure attento e consapevole, che in aggiunta alla visita ambulatoriale lo possa accompagnare in tutte le fasi: dalla comprensione della diagnosi, alla scelta dei trattamenti specifici, alla guida nella riabilitazione.

Il Dott. Castellani è inoltre un pionere nell’ambito ortopedico. È stato infatti uno dei primi a capire l’importanza del protocollo Fast Track ossia del recupero rapido che prevede tre passaggi: preparazione del paziente, in piedi subito e uno scrupoloso controllo del dolore. Attraverso questa procedura non ci si occupa unicamente del lato tecnico chirurgico ma si considera globalmente la salute della persona.

Una famiglia di camici

La strada professionale del Dott. Castellani era già segnata. Il bis-nonno Romeo, Generale Medico nell’esercito Italiano, lasciò i gradi per curare i pazienti più poveri durante il ventennio dichiarando di avere giurato fedeltà solo al Re. Durante la prima guerra mondiale inventò una barella che poteva essere condotta come una carriola da un solo barelliere lungo le trincee, e un potente disinfettante simile al Mercuro-Cromo che chiamò “Rosso Castellani” e che ebbe una certa popolarità prima che comparissero disinfettanti di nuova generazione.

Il nonno Luigi era Patologo Generale Analista di Laboratorio. All’avanguardia per il suo tempo, decise di frequentare i medici d’Oltralpe in quanto allora la scuola Francese era considerata la più prestigiosa. “Uomo di poche parole, da quando decisi la strada della Medicina cominciò a rivolgersi a me con la frase “mon chér confrère!” e mi raccomandò di viaggiare sempre per confrontarmi con le tecniche più innovative”, racconta il Dott. Castellani, “la nonna Laura, sua moglie, si laureò in medicina insieme a sole altre due donne, immersa nel pregiudizio sessista dell’epoca. Da bambino mi faceva emozionare con i suoi racconti di medico di Pronto Soccorso Chirurgico in uno dei maggiori ospedali genovesi. La generazione successiva, quella di mio padre, ha visto solo il primogenito Alberto percorrere la strada che sembrava già segnata della Chirurgia Generale. Non potevo che raccogliere questa bellissima eredità”.