Covid: 3 studi retrospettivi promuovono remdesivir in ospedale


Covid: remdesivir riduce il rischio di mortalità nei pazienti ospedalizzati secondo i risultati di tre studi retrospettivi su oltre 500mila pazienti

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Annunciati i dati positivi di tre studi retrospettivi “real-world”, i quali hanno dimostrato che l’avvio del trattamento con remdesivir entro i primi due giorni dal ricovero può aiutare a ridurre la mortalità e i tassi di riammissione in tutti i pazienti ricoverati con COVID-19, a prescindere dalla gravità della malattia. Questi dati sono stati presentati alla 30a Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections (CROI).

Una riduzione della mortalità è stata osservata anche nelle popolazioni vulnerabili, come le persone con malattie oncologiche o HIV. Questi studi hanno valutato i dati della pratica clinica di routine di oltre 850 ospedali statunitensi, al fine di ottenere informazioni sugli esiti dei pazienti mentre il COVID-19 continua a evolversi nel tempo.

“Gli ampi studi che utilizzano dati “real-world” provenienti dalla pratica clinica rivestono grande importanza, considerati i cambiamenti significativi che si sono verificati nel panorama terapeutico del COVID-19 – ha affermato Chidinma Chima-Melton, autore dello studio e pneumologo presso l’UCLA Health (California, USA) – Queste analisi longitudinali continuano a dimostrare il valore di remdesivir nel ridurre la mortalità in tutti i pazienti con COVID-19, nonché il suo impatto positivo sulla riduzione dei tassi di riammissione, un dato particolarmente significativo per gli ospedali”.

Esiti di mortalità nei pazienti ospedalizzati con COVID-19
Due studi hanno analizzato le informazioni sulla pratica clinica dei database statunitensi Premier Healthcare relativi a oltre 500.000 pazienti adulti ricoverati con COVID-19. L’analisi complessiva ha esaminato i tassi di mortalità ospedaliera per tutte le cause a 14 e 28 giorni, e ha dimostrato che l’avvio di remdesivir entro i primi due giorni dal ricovero è stato associato a un rischio inferiore e statisticamente significativo di mortalità a tutti i livelli di ossigeno rispetto ai controlli abbinati che non avevano ricevuto remdesivir durante il ricovero per COVID-19.

Per i pazienti senza uso documentato di ossigeno supplementare al basale, il trattamento con remdesivir è stato associato a un rischio di mortalità inferiore del 19% (p<0,001) al giorno 28. Anche i pazienti con ossigeno a basso o alto flusso hanno presentato un rischio di mortalità inferiore, rispettivamente del 21% (p<0,001) e del 12% (p<0,001) al giorno 28. I pazienti sottoposti a ventilazione meccanica invasiva/ECMO al basale hanno presentato una riduzione del rischio di mortalità del 26% (p<0,001) al giorno 28. Questi risultati sono stati osservati in tutte le fasi temporali di circolazione delle varianti, inclusa Omicron, nei pazienti che non necessitavano di ossigeno supplementare, e a tutti i livelli di utilizzo di ossigeno supplementare, compresi i soggetti sottoposti a ventilazione meccanica invasiva (IMV)/ECMO.

La seconda analisi ha dimostrato che una riduzione della mortalità è stata associata anche alle popolazioni di pazienti vulnerabili, come quelli immunocompromessi, che possono sperimentare infezioni ripetute e reinfezioni anche se vaccinati. Secondo i risultati, al giorno 28 gli esiti di mortalità hanno dimostrato che l’avvio tempestivo del trattamento con remdesivir entro due giorni dal ricovero è stato associato a un rischio complessivo significativamente inferiore del 25% rispetto a non-remdesivir in tutti i periodi temporali delle varianti [pre-Delta (35%), Delta (21%), Omicron (16%)].

Riammissione nei pazienti ricoverati con COVID-19
Un’analisi separata ha rilevato che anche i pazienti ospedalizzati con COVID-19 trattati con remdesivir hanno avuto una probabilità significativamente inferiore (27%) di essere riammessi entro 30 giorni nello stesso ospedale. Questa scoperta è stata coerente nei vari periodi temporali della pandemia. Un tasso più basso di ri-ospedalizzazione per i pazienti trattati con remdesivir è stato osservato anche nei pazienti con fabbisogno di ossigeno supplementare più elevato durante il ricovero iniziale per COVID-19.

Gli studi sulle evidenze cliniche e di “real-world” relative a remdesivir
A integrazione degli studi clinici randomizzati (RCT, randomized clinical trial), queste nuove evidenze di “real-world” (RWE, real-world evidence) della pratica clinica relative a pazienti ospedalizzati con COVID-19 dimostrano ulteriormente il valore di remdesivir per medici e pazienti. I benefici clinici di remdesivir nei pazienti ospedalizzati sono stati stabiliti in molteplici studi clinici di fase 3 randomizzati e controllati, incluso ACTT-1. Nel 2020, i risultati di ACTT-1 hanno dimostrato che nella popolazione complessiva dello studio – soggetti ospedalizzati con COVID-19 – i pazienti trattati con remdesivir avevano dimostrato una tendenza verso una riduzione della mortalità rispetto al placebo (11% vs. 15%, HR:0,73, IC 95%: 0,52-1,03); tuttavia, questo risultato non era statisticamente significativo.

Sebbene gli RCT rimangano lo strumento migliore per valutare l’efficacia e la sicurezza di un medicinale, le RWE forniscono dati importanti sull’uso di un trattamento nella pratica clinica di routine, dati che possono integrare quelli degli RCT. Questi studi assumono maggiore importanza incrementale nel corso di una pandemia, in cui la gestione clinica di una malattia continua a evolversi e può anticipare l’avvio di nuovi studi clinici e in cui gli operatori sanitari in prima linea hanno bisogno di comprendere l’efficacia dei trattamenti per guidare e rafforzare le decisioni terapeutiche in tempo reale. Tali studi dovrebbero essere interpretati in base al tipo e alla dimensione dei set di dati di origine e alle metodologie utilizzate, al fine di mitigare potenziali fattori confondenti o bias. Le evidenze della pratica clinica di routine devono essere considerate nel contesto di tutti i dati disponibili per l’intero spettro di pazienti, ivi incluse le diverse impostazioni terapeutico-sanitarie.

La riduzione della mortalità associata a remdesivir in queste analisi “real-world” è coerente con le precedenti analisi di RWE condotte nel 2021, le quali hanno dimostrato una migliore sopravvivenza tra i pazienti COVID-19 nella prima fase della pandemia. Attualmente sono in corso altre analisi di RWE per remdesivir provenienti da altre fonti, che potrebbero variare nei risultati o nelle conclusioni.

Remdesivir
Remdesivir è un analogo nucleotidico sviluppato da Gilead e indicato per il trattamento della malattia da COVID-19 nei pazienti adulti e pediatrici (di almeno 4 settimane di età che pesano almeno 3 kg) che richiedono ossigenoterapia supplementare e nei pazienti adulti e pediatrici (che pesano almeno 40 kg) che non richiedono ossigenoterapia supplementare e che presentano un aumento del rischio di progressione verso la forma severa della malattia.

Il farmaco è approvato in oltre 50 paesi in tutto il mondo. Finora remdesivir e le sue versioni generiche sono stati resi disponibili a quasi 13 milioni di pazienti in tutto il mondo, inclusi più di 8 milioni di persone in Paesi a medio e basso reddito, mediante il programma di concessione di licenze volontarie di Gilead. Attualmente queste licenze sono ancora esenti da diritti brevettuali, il che riflette l’impegno di Gilead nel consentire ai pazienti un ampio accesso a remdesivir.