Carenza di ferro e anemia sideropenica: donne, anziani e sportivi più a rischio


Il ferro è un costituente essenziale dell’emoglobina, fondamentale per trasportare l’ossigeno in tutto l’organismo e per l’equilibrio del nostro metabolismo energetico

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Si trova in piccole quantità nel nostro organismo (3-5 grammi al massimo), ma è un minerale indispensabile per la nostra salute perché coinvolto in diverse funzioni vitali. Eppure, una parte consistente della popolazione – in particolare donne in età fertile e in gravidanza, anziani e sportivi – non riesce ad assumerne una quantità ottimale, sviluppando quindi una carenza o un’anemia. Stiamo parlando del ferro: un costituente essenziale dell’emoglobina, fondamentale per trasportare l’ossigeno in tutto l’organismo, per l’equilibrio del nostro metabolismo energetico e molto altro ancora.

Alimentazione, stile di vita, sesso, età e molte altre condizioni possono incidere sulle necessità e sul fabbisogno specifico, tanto che secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel mondo sono oltre 700 milioni le persone che hanno una carenza di ferro e circa 2 miliardi quelle affette da anemia sideropenica.

“Sono molti i fattori che intervengono: in primo luogo, il nostro organismo è in grado di assorbire soltanto una piccola parte del ferro introdotto attraverso l’alimentazione; in secondo luogo, l’assorbimento dipende anche dalla tipologia di cibi che viene assunta, con importanti differenze tra il ferro contenuto in alimenti di origine animale rispetto a quelli di origine vegetale” – spiega Giorgio Donegani, esperto in nutrizione e tecnologo alimentare. “Inoltre, ancor più che per altri minerali, l’assunzione di ferro è decisamente influenzata da una serie di fattori individuali, primi tra tutti il sesso e l’età, ma anche lo stile di vita e alcuni possibili eventi, come la gravidanza o alterazioni gastrointestinali che possono determinare un assorbimento insufficiente”.

Molti alimenti sono fonte di ferro ma la forma in cui questo minerale è presente non è sempre uguale. Va infatti distinto il ferro “eme” – una particolare forma chimica presente nei cibi di origine animale, ben assorbita dal nostro organismo (in media nella misura del 20%) – e il ferro “non eme” – contenuto nei vegetali e che per la sua diversa struttura comporta un assorbimento decisamente più basso, in alcuni casi inferiore all’1%. Inoltre, nel corso della vita il fabbisogno di ferro può variare ed alcune categorie di persone ne necessitano in quantità maggiori.

Le donne fanno parte di questo gruppo: si stima che in Italia una percentuale tra il 25 e il 50% delle donne in età fertile sia affetta da anemia sideropenica, in quanto con il ciclo mestruale hanno una più consistente perdita di ferro e hanno quindi bisogno di un apporto maggiore rispetto a un individuo di sesso maschile della stessa età. In presenza di sintomi e/o disturbi come cefalea, irritabilità e una minore capacità lavorativa o di concentrazione è necessario in ogni caso verificare i livelli di ferro nel sangue.

“Il ferro rappresenta il principale nutriente di cui una donna in età fertile necessita e per accertarne la condizione di carenza o anemia è necessario indagare parametri precisi, come il valore dell’emoglobina e dei depositi di ferro. È bene sottolineare che bassi livelli di emoglobina e dell’emocromo non comportano necessariamente una forma di anemia, ma possono registrare solo una carenza di questo nutriente” – spiega la Prof.ssa Irene Cetin, Direttore UOC di Ostetricia e Ginecologia, Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, Università di Milano. “Il fabbisogno di ferro inoltre raddoppia durante la gravidanza. Il ferro è fondamentale per la placenta, per la crescita del feto e per la produzione dei globuli rossi da parte del midollo materno, poiché in questo periodo la quantità di sangue aumenta di circa il 50-70%. Non da ultimo, mantenere alti i livelli di ferro è importante perché è stato osservato che nelle donne anemiche, la sideropenia si associa a un aumentato rischio di emorragia post-partum con gravi conseguenze per la riabilitazione, oltre che un maggior rischio di mortalità. Per tutte queste ragioni, l’OMS ha riconosciuto l’importanza dell’integrazione di ferro per le donne, così come di tutti gli altri micronutrienti fondamentali per il percorso di gestazione e sviluppo del feto”.

Un’altra categoria di persone a rischio di carenza di ferro è quella degli anziani, soggetti fragili che spesso devono già fare i conti con numerose altre patologie preesistenti e che, proprio a causa di queste problematiche, possono presentare un’anemia da patologia cronica, oltre che carenziale.

“Tra tutte le categorie di persone, sono proprio gli anziani a essere maggiormente carenti di diversi micronutrienti, sia per una questione di età, sia perché la maggior parte è poli-patologico e quindi in terapia con diversi farmaci per lunghi periodi. Tra questi, è frequente l’uso di inibitori di pompa protonica e gastroprotettori che, ad esempio, interferiscono con l’assorbimento del ferro” – chiarisce il Dott. Cesare Liberali, Medico di Medicina Generale. “La carenza di ferro, e di altre vitamine e minerali, è dovuta anche alla solitudine in cui spesso si trovano le persone anziane: questo comporta una difficoltà, ad esempio, a fare pasti bilanciati e completi che contengano tutti i micronutrienti di cui l’organismo ha necessità. In ogni caso, quando si riscontra una carenza di ferro e sospettiamo una perdita di questo minerale dobbiamo sempre indagare la causa e iniziare immediatamente con l’integrazione nutrizionale”.

Assunzione inadeguata di ferro, aumento del fabbisogno quotidiano e necessità di integrazione nutrizionale sono situazioni che non riguardano solo donne e anziani, ma interessano anche gli sportivi, in particolare chi pratica sport di resistenza.

“Chi si allena in modo molto intenso è più facilmente soggetto a carenza di ferro o anemia per effetto dello stress ossidativo indotto dal forte sforzo fisico. Interviene infatti un ormone, l’epcidina, che aumentando i suoi livelli ostacola l’assorbimento del ferro” – approfondisce il Dott. Michele De Grandi, Specialista in Medicina dello Sport. “Questa condizione va monitorata costantemente perché può rappresentare un problema per la salute dell’atleta e incidere sulla sua performance sportiva. I sintomi legati a questa carenza inducono infatti a un progressivo calo di potenza e resistenza aerobica, oltre che a un recupero più lento”.

Dal punto di vista fisiopatologico, l’epcidina viene stimolata dall’infiammazione prodotta dallo sforzo fisico e, aumentando il suo livello di concentrazione, impedisce la corretta assimilazione del ferro nelle ore seguenti all’allenamento. Per questa ragione, un atleta ha maggiore difficoltà nell’assorbire il ferro assunto attraverso l’alimentazione quotidiana e viene generalmente seguito da un nutrizionista che, insieme al medico, definisce non solo una dieta adeguata, ma anche una supplementazione mirata e necessaria.

“Tra i fattori che consentono a uno sportivo di riuscire a raggiungere gli obiettivi che si pone, la nutrizione svolge un ruolo fondamentale. Nel corso della mia carriera ho imparato che un’alimentazione equilibrata e sana è essenziale e contribuisce a raggiungere – e a mantenere – importanti risultati” – aggiunge Valentina Vezzali, Campionessa Olimpica e mondiale di scherma. “Allenarsi per così tante ore e avere un ritmo di vita intenso richiede un boost di energia per sentirsi meglio e l’integrazione nutrizionale deve completare la dieta dell’atleta. Nel mio caso, per tutta l’età fertile, ho avuto una carenza di ferro e, nel corso degli anni, ho assunto diversi integratori per riequilibrare il mio organismo, e ho avuto modo di sperimentarne personalmente i benefici a livello di performance”.

In generale, chi deve ricorrere all’integrazione nutrizionale di ferro, si scontra frequentemente con la difficoltà di aderenza al trattamento, non sempre regolare e soddisfacente: alcuni aspetti, come la palatabilità del prodotto e l’insorgere di difficoltà o pesantezza digestive tipiche di questo minerale, rappresentano gli ostacoli più frequenti. Per gli sportivi professionisti, quest’ultimo aspetto diventa rilevante data l’assunzione giornaliera e in considerazione delle prolungate fasi di allineamento e di particolari momenti di preparazione a competizioni importanti. Ancora, soggetti come gli anziani possono presentare difficoltà di deglutizione e disfagia e rischiano di eludere l’integrazione nutrizionale, anche se necessaria, per motivi legati alla poca praticità nell’assunzione.

È per rispondere a queste necessità che da oggi è disponibile una nuova formulazione di ferro in film orodispersibile, una forma di somministrazione innovativa, pratica da utilizzare, che non richiede l’assunzione con acqua, di gusto gradevole, che si può assumere in qualsiasi circostanza e in diverse condizioni, migliorando la compliance.
Il film orodispersibile è una nuova forma di dosaggio che si dissolve rapidamente in bocca: si presenta infatti come un foglietto flessibile e ultrasottile della dimensione di un francobollo (50-150 micron di spessore) che, una volta a contatto con la saliva, si scioglie in poche decine di secondi, assicurando una concentrazione precisa ed uniforme dell’ingrediente attivo e una sua rapida biodisponibilità.