Recuperati nelle acque di Pantelleria i resti di un Macchi C.202 Folgore


A Pantelleria recuperato in mare un aereo della Seconda Guerra Mondiale: si tratta di un un caccia intercettatore Macchi C.202 Folgore, inabissatosi a 30 metri di profondità

macchi c.202 folgore

Recuperati a Pantelleria, dai fondali in località Mursia, i resti di un aereo della seconda guerra mondiale. Si tratta di un caccia intercettatore Macchi C.202 Folgore, inabissatosi a 30 metri di profondità nel 1943. L’operazione di recupero è stata realizzata dall’Aeronautica militare (distaccamento aeroportuale di Pantelleria), dalla Soprintendenza del mare della Regione Siciliana e dalla guardia costiera (ufficio circondariale di Pantelleria con l’aiuto del terzo Nucleo subacquei della guardia costiera di Messina).

SCARPINATO: “TESTIMONIANZA DELLA NOSTRA STORIA”

“Il mare – afferma l’assessore regionale dei Beni culturali e dell’identità siciliana, Francesco Paolo Scarpinato – ci restituisce una testimonianza della nostra storia recente, grazie a un intervento condotto con grande professionalità da tutti i soggetti che si sono spesi affinché la riemersione di tutte le parti del caccia potesse essere portata a termine. L’aereo recuperato assume grande importanza sia per ciò che rappresenta nella storia dell’Aeronautica militare italiana sia per la memoria dei drammatici frangenti del conflitto mondiale che interessarono l’isola di Pantelleria”.

LE FASI DI RECUPERO

Del velivolo, individuato in fondo al mare già nel 2010, era già stata recuperata l’elica tripala metallica prodotta dalla Piaggio (un’elica a passo variabile in volo e velocità costante del diametro di oltre tre metri), già musealizzata nella sede dell’Aeronautica militare di Pantelleria. Ad aprile di quest’anno sono stati realizzati una documentazione video-fotografica completa, un rilievo fotogrammetrico e una ricostruzione tridimensionale di dettaglio del relitto. Inoltre, è stato riportato alla luce il propulsore dell’aereo: un motore 12 cilindri invertito.

PER 80 ANNI IN FONDO AL MARE

Grazie all’intervento del terzo Nucleo subacquei della guardia costiera di Messina, infine, nei giorni scorsi è stata completato il delicato intervento di recupero del piano alare. Grazie a un supporto metallico creato direttamente sul fondale di 30 metri e l’utilizzo di palloni di sollevamento, con una operazione durata due giorni è stato riportato in superficie, dopo 80 anni di permanenza sul fondo del mare, il fragile reperto che conserva ancora intatte molte delle sue componenti.

REPERTI NELLA BASE DELL’AERONAUTICA

Tutti i reperti sono stati collocati nella base dell’Aeronautica militare di Pantelleria per il primo trattamento di desalinizzazione. Un’attività multidisciplinare di studio già avviata da qualche mese, e alcuni interventi di consolidamento strutturale e restauro, consentiranno a breve di esporre il velivolo ricomposto all’interno del contenitore naturalmente vocato, l’hangar ‘Nervi’, sulla stessa isola.

LA STORIA DEL MACCHI C.202 FOLGORE

L’aereo fu progettato dalla italiana Aeronautica Macchi e rimase in produzione tra il 1941 ed il 1943; si trattava di un caccia intercettatore diurno interamente metallico, monomotore, monoposto, monoplano ad ala bassa a sbalzo con carrello retrattile. Impiegato nella seconda guerra mondiale dalla Regia Aeronautica, era equipaggiato inizialmente con il motore tedesco DB 601A, in seguito costruito su licenza dall’Alfa Romeo, e montava un armamento di due mitragliatrici da 12,7 mm, cui vennero aggiunte nelle serie successive, due armi alari da 7,7 mm. Dotato di tutte le caratteristiche più moderne per un caccia dell’epoca, come ipersostentatori e tettuccio chiuso, trovò il suo utilizzo privilegiato nello scacchiere del Nord Africa, dove si alternarono gran parte degli stormi che impiegarono il “Folgore”.

Il velivolo recuperato a Pantelleria è un Macchi C.202 bis serie XI, dotato del più potente motore DB605. Dalle informazioni fino ad ora disponibili, si sa che fu costruito dalla ditta Breda di Milano nel Novembre del 1942 e che probabilmente fu abbattuto mentre difendeva Pantelleria dai bombardamenti anglo-americani durante le fasi finali della operazione Corkscrew a Giugno del 1943.

LO SCENARIO STORICO

I mari e i cieli della Sicilia furono teatro di intensi e drammatici avvenimenti bellici nel corso della seconda guerra mondiale, fino (e oltre) allo sbarco del 10 luglio 1943. L’operazione “Husky”, avviata dalle truppe alleate con l’obiettivo di aprire sul suolo italiano un fronte per l’Europa continentale, trovò nell’antefatto della conquista dell’isola di Pantelleria uno dei punti di partenza. Battezzata dagli inglesi “la Gibilterra italiana” e definita da Winston Churchill “una spina nel fianco”, l’isola di Pantelleria è stata al centro di operazioni preventive finalizzate all’eliminazione dei presidi strategici presenti sulle isole a Sud della Sicilia.

Dopo la resa delle forze dell’Asse in Africa settentrionale tra l’11 e il 12 maggio 1943, gli Alleati iniziarono i preparativi dello sbarco in Sicilia del 10 luglio, avviando l’operazione “Corkscrew”, così da togliere finalmente il “tappo” che ostruiva il Canale di Sicilia. Il primo e più importante obiettivo fu l’isola di Pantelleria, per i suoi impianti radar, il campo d’aviazione e l’annesso l’hangar “Nervi”, l’aviorimessa protetta più grande dell’epoca che poteva accogliere fino a 80 aerei. Dal 9 maggio al 11 giugno 1943 l’isola venne bombardata continuamente dagli aerei Usaf e Raf e, in seguito, isolata via mare da un blocco navale. La guarnigione dell’isola si arrese l’11 giugno 1943 dopo quasi un mese di bombardamenti aerei durante i quali furono sganciate oltre 6.200 tonnellate di bombe.

Nei suoi fondali giacciono, come testimonia questo recupero, molteplici relitti di mezzi navali e aerei, testimoni drammatici di una vicenda terribile e nel contempo grandiosa, di cui ricorre quest’anno l’ottantesimo anniversario.

Ad aprile di quest’anno è stata realizzata una documentazione video-fotografica completa, un rilievo fotogrammetrico e una ricostruzione tridimensionale di dettaglio del relitto. Inoltre, è stato riportato alla luce il propulsore dell’aereo: un motore 12 cilindri invertito.

Grazie all’intervento del 3° Nucleo subacquei della Guardia costiera di Messina, infine, nei giorni scorsi è stata completato il delicato intervento di recupero del piano alare. Grazie a un supporto metallico creato direttamente sul fondale di 30 metri e l’utilizzo di palloni di sollevamento, con una operazione durata due giorni è stato riportato in superficie, dopo 80 anni di permanenza sul fondo del mare, il fragile reperto che conserva ancora intatte molte delle sue componenti.