Carlo Ancelotti nuovo Ct del Brasile per la scalata al tetto del mondo


Carlo Ancelotti alla conquista del mondo: sarà il nuovo allenatore del Brasile per vincere tutto. Ha trionfato in 5 nazioni diverse, gli manca solo il Mondiale per nazionali

carlo ancelotti

Secret de polichinelle. In Francia il segreto di Pulcinella si dice proprio come a Napoli. Che Carlo Ancelotti sarebbe finito, tra un anno, ad allenare la nazionale brasiliana, era ormai una non-notizia. Adesso è ufficiale: il signore che ha vinto nel calcio di cinque nazioni differenti, vuole il colpaccio finale. Il Mondiale con la nazionale più titolata della storia, che praticamente mai aveva affidato a uno straniero la sua panchina.

E’ – sarebbe – la chiusura del cerchio, per il miglior allenatore del mondo 2022 come racconta l’agenzia di stampa Dire (www.dire.it). E del 2007 (ai tempi del Milan) e del 2014 (sempre al Real Madrid). Perché Ancelotti vince sempre, è quasi un dato storicizzato. Va, vince, e se ne va. Altro che quell’espressione pacioccona: è un’inquietudine malcelata che lo anima, più che repressa poco manifesta. Ride, Carletto.

Ad oltranza, contraddicendo quel sopracciglio sempre all’erta. Rideva, ride e riderà: ha il futuro ipotecato, pieno di aspettative, come piace a lui. Ride come suo padre piangeva il giorno in cui lasciò Reggiolo: oltre ad allontanarsi dal figlio perdeva due braccia buone per la terra e gli animali. Carlo Erminio, secondo nome in omaggio del nonno, è figlio di quella umile e prospera Emilia-Romagna ma soprattutto di Giuseppe. L’ha cresciuto pronto al mondo, solido.

Sempre a suo agio, attento al benessere mai al lusso, alla vita dolce e non alla dolce vita. Di tanto in tanto, dicono i suoi amici, torna a far visita ai suoi genitori al cimitero. La vecchia casa, una casetta con una stalla per due o tre mucche, appartiene ora ad un’altra famiglia. Il bestiame non pascola più sui terreni in affitto. E la casa unifamiliare dove si trasferirono in seguito è rimasta vuota: l’ha lasciata alla sorella, che oggi vive a Novi di Modena, 17 chilometri di distanza.

E’ quest’uomo, fatto così, che è diventato il primo allenatore della storia del calcio a vincere i cinque campionati più importanti d’Europa: Italia col Milan, Inghilterra col Chelsea, Francia col Psg, Germania col Bayern e Spagna con il Real Madrid. L’unico a vincere quattro coppe dei Campioni. Senza che mai qualcuno abbia preso a teorizzare un “ancelottismo”.

Men che meno lui, un antidoto vivente dell’ostentazione. Il miglior allenatore del mondo, che ora vuole il mondo eterno, quello delle nazionali. Col Brasile, peraltro. Non è buono, Ancelotti: ha buon senso. E’ diverso. Sa campare. Persino a Napoli, dove sono riusciti nell’impresa di dargli del “bollito”, del “pensionato”. Dissero che era “venuto a sistemare il figlio”, in una città dove la disoccupazione è un lavoro e il senso del ridicolo una virtù perduta.

Dicevano – prima di farsi prendere dalla festa del terzo scudetto e non pensarci più – che vince perché “ha culo”. Sono i “culisti”, i dadaisti della nostra epoca. Gli rinfacciano tutto quello che NON ha fatto: Ancelotti NON ha vinto lo scudetto a Napoli, o la Premier con l’Everton. Ma ha vinto col Real, col Milan, col Chelsea, col Bayern, col Psg… “Eh, così sono bravi tutti”. Succederà anche col Brasile: “Eh, facile col Brasile… Vinci un Mondiale col Senegal e poi ne parliamo”.

“Mi sembra straordinario che un personaggio che è da anni nell’élite assoluta e che ha vissuto nelle grandi capitali europee conservi ancora intatto il suo originale spirito rurale – dice di lui Jorge Valdano – E che parli di suo padre, e di suo figlio, con tanto amore. Ha un equilibrio straordinario, il dono della semplificazione e modi sempre rispettosi, cosa difficile da conservare in un territorio tanto emozionale com’è il calcio.

E poi è un uomo felice: in questo mondo dove tutti i protagonisti sembrano soffrire come dei disgraziati, ecco una persona che non solo si diverte, ma che ha il coraggio di dirlo senza alcun complesso”. Non si è migliori al mondo per caso. Nel suo, di caso, lo si è per ridondanza: le nazioni non gli bastano più, serviva una Nazionale per l’imperitura memoria.