Raffica di accuse a Calenda per la fine del Terzo Polo


Pioggia di critiche contro Calenda per la scelta di mollare Renzi e proseguire da solo. Boschi: “Ha temuto di non essere incoronato leader”

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È polemica sull’accordo sfumato tra Carlo e Calenda e Matteo Renzi per la creazione del partito unico. Contro il leader di Azione, che ha scelto di snobbare Renzi e proseguire la sua corsa da solo (“Il Terzo polo sono io”), arrivano oggi molte critiche da parte di parlamentari del gruppo Azione-Italia Viva.

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SCALFAROTTO (AZIONE-IV): “TRATTATIVA RESPONSABILITÀ DI CHI LA CONDUCE

“Calenda dice oggi su Repubblica che lui non si è fatto fregare perché sa ‘come si negozia nel business’. Sarà, ma io che ho lavorato per 12 anni e in tre paesi diversi per una multinazionale americana, da quelle parti ho imparato per prima cosa che le trattative possono anche essere durissime ma si interrompono un millimetro prima della rottura, non un millimetro dopo. E ho imparato anche che la responsabilità di portare a casa un progetto sta in primo luogo sul capo: se un team fallisce a un passo dalla chiusura, il fallimento è in primo luogo del capo. Un dirigente di vertice chiude il deal, non fa saltare il tavolo. Nel business dove lavoravo io, insomma, un capo come Carlo Calenda sarebbe stato accompagnato velocemente alla porta”. Cosi Ivan Scalfarotto, senatore di Azione-Italia Viva in un tweet, commentando le parole di Carlo Calenda su Repubblica.

FARAONE (AZIONE-IV): “CALENDA SILVAN, RENZI DOVEVA SPARIRE ‘AL SUO 3′”

“Calenda ha preso una decisione fuori dalla grazia di Dio, fuori da ogni logica politica. Due milioni di italiani che alle politiche ci hanno votato, che hanno creduto in noi, gridano vendetta, e io con loro. Ma come si fa a far saltare per aria un progetto politico così ambizioso per le piccinerie che ci ha raccontato?”. Lo dice Davide Faraone, deputato di Azione-Italia Viva, in un’intervista al ‘Giornale’.

“Tutte le ragioni che ci ha raccontato sono invenzioni strumentali per giustificare la scelta. Un partito vero sopravvive alle leadership e nei partiti veri ci sono più personalità riconosciute, non si può andare in sofferenza per questo. I congressi si fanno partendo dal basso, dai territori, le leadership devono essere contendibili. Altrimenti non si tratta di un congresso ma di un’incoronazione. Secondo Calenda, Renzi non doveva avere ruoli nel partito, non doveva assumere la direzione del Riformista, non doveva fare le enews, Calenda è come Silvan in Sim Salabim: fosse stato per lui Renzi doveva proprio sparire al suo ‘tre’. E invece sbaglia: un partito che non riesce a contenere due personalità così, non è un partito. Ognuno occupava uno spazio e insieme si completavano. Naturalmente da soli non bastavano, serviva una comunità, a questo avremmo dovuto lavorare. Ci siamo fermati sul più bello”, ha concluso.

BOSCHI: “CI ABBIAMO CREDUTO MA NO A ‘PRENDERE O LASCIARE’”

“Questa rottura dispiace perché ci abbiamo creduto fino alla fine. Renzi con molta generosità ha fatto il passo indietro richiesto da Calenda, abbiamo messo in discussione anche l’esistenza stessa di IV accettando di scioglierla a ottobre dopo un congresso vero, con regole che consentano una partecipazione autentica sui territori e per l’elezione del segretario. Calenda secondo me si è spaventato all’idea che non fosse incoronato leader per acclamazione e ha cambiato idea. Ma se ci ha ripensato poteva dirlo senza cercare scuse. Ci ha chiesto di non fare più la Leopolda, ma non ha senso rinunciare a un laboratorio politico aperto e plurale. È difficile stare in un partito se le condizioni sono ‘prendere o lasciare’”. Così Maria Elena Boschi ad Agorà.

PAITA: “NON CAPISCO PERCHÉ CALENDA ABBIA VOLUTO QUESTO ESITO”

“Non capisco perché Calenda abbia voluto questo esito, che si può ancora evitare. Assurdo sfasciare tutto per cose come la Leopolda“. Lo afferma la presidente del Gruppo Azione-Italia Viva al Senato Raffaella Paita in una intervista a ‘Libero’. “Matteo Renzi– aggiunge la capogruppo, rispondendo a una domanda sul leader di Italia Viva- è stato generoso facendo un passo di lato. Il Riformista? Io sto ai fatti e i fatti dicono che Calenda aveva augurato buon lavoro a Matteo Renzi”.

“Basta fermarsi un attimo e rispondere a tre domande- spiega ancora Paita come riferisce la Dire (www.dire.it) -. C’è bisogno di riformisti in questo paese? È vero che sono più le cose che ci uniscono di quelle che ci dividono? Siamo orgogliosi o no del lavoro fatto finora in termini di proposte nelle assemblee elettive? A tutte queste domande la risposta è affermativa”.