Artrite reumatoide: calprotectina biomarcatore di attività infiammatoria


Artrite reumatoide: nuovo studio suggerisce che i livelli di calprotectina sierica potrebbero rappresentare un biomarcatore di infiammazione

Artrite reumatoide: un nuovo studio ha valutato la capacità di metotressato di agire efficacemente nella fase di esordio di malattia

Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Arthritis Research & Therapy suggerisce che i livelli di calprotectina sierica potrebbero rappresentare un biomarcatore di infiammazione da preferire nelle persone affette da artrite reumatoide (AR) trattate con l’inibitore del recettore dell’interleuchina (IL)-6 tocilizumab.

I risultati di questo studio, se confermati, sono di particolare importanza in quanto la valutazione dell’infiammazione sierologica risulta essere difficile nei pazienti con AR trattati con questo farmaco in quanto i parametri standard dell’infiammazione normalmente utilizzati, come la velocità di eritrosedimentazione (VES) e la proteina C-reattiva (CRP), sono influenzati dall’inibizione del recettore dell’interleuchina-6.

Razionale e obiettivi dello studio
“I parametri sierici di infiammazione sono uno strumento utile per monitorare l’attività della malattia nelle malattie reumatologiche infiammatorie. Nell’AR – ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio – vengono valutati di routine soprattutto la velocità di eritrosedimentazione (VES) e la proteina C-reattiva (CRP). La sintesi della CRP e delle proteine di fase acuta nel fegato è regolata dall’interleuchina-6 (IL-6)”.

Tocilizumab (TCZ) è un anticorpo monoclonale che inibisce il recettore dell’IL-6.
“L’approvazione degli inibitori del recettore dell’IL-6 per il trattamento della AR – continuano i ricercatori – si è accompagnata al verificarsi di problemi diagnostici, dato che la VES e la CRP non sono in grado di indicare in modo affidabile l’attività infiammatoria. Di conseguenza, anche i punteggi di attività della malattia, come il punteggio di attività della malattia (DAS) 28-ESR o il DAS28-CRP, sono influenzati dall’inibizione del recettore dell’IL-6.
Non solo: bisogna ricordare anche che Il punteggio semplificato dell’attività di malattia (SDAI) contiene anche la CRP per il suo calcolo”.

Tutto, ciò, nel complesso, indica che la valutazione dell’attività di malattia è più difficile e deve basarsi sull’esame clinico, sulle tecniche di imaging e sui parametri di outcome riferiti dai pazienti. Pertanto, sarebbe utile disporre di marcatori sierologici che funzionino come parametri di infiammazione, meno influenzati dall’inibizione del recettore dell’IL-6.

La calprotectina è una delle principali proteine citosoliche dei monociti e dei neutrofili, secreta durante le infezioni, le neoplasie e le infiammazioni. Le sue concentrazioni nel sangue aumentano subito dopo l’esposizione all’endotossina.

La calprotectina può indurre la secrezione di citochine proinfiammatorie nei macrofagi attraverso l’upregolazione del fattore nucleare kappa B nell’AR.

La rilevazione di questa proteina nel siero si è rivelata utile come parametro di infiammazione in altre malattie infiammatorie, tra cui la polimialgia reumatica, l’arterite a cellule giganti e la spondiloartrite. Inoltre, la misurazione della calprotectina fecale rappresenta, ad oggi, un metodo consolidato per determinare l’attività intestinale nelle malattie infiammatorie intestinali.

“La misurazione della calprotectina nel siero come parametro di infiammazione nell’AR (senza inibitori del recettore dell’IL-6) – argomentano i ricercatori – è stata oggetto di alcuni studi che hanno svelato l’esistenza di una correlazione con i punteggi del danno radiografico e con i parametri standard dell’infiammazione, nonché una correlazione positiva con la sinovite rilevata mediante ecografia”.

La ridotta disponibilità di dati sull’impiego della calprotectina nei pazienti con AR in trattamento con TCZ ha sollecitato questo nuovo studio che presenta i risultati basati sull’implementazione delle misure di calprotectina nella real life (pazienti afferenti ad un centro universitario) e i vantaggi derivanti dalla misurazione dei iivelli sierici di questa proteina in questi specifici pazienti.

Disegno dello studio e risultati principali
I ricercatori hanno valutato se la calprotectina – che in precedenza si era dimostrata un utile marcatore dell’infiammazione in altre malattie immuno-mediate – fosse correlata all’attività della malattia in 69 pazienti con AR provenienti da un unico centro che avevano assunto tocilizumab per almeno 3 mesi.

Il team ha classificato i partecipanti trattati con tocilizumab in:
– pazienti che hanno aumentato o cambiato i loro DMARD a causa dell’attività infiammatoria (AR attiva)
– pazienti che hanno mantenuto lo stesso trattamento con tocilizumab più DMARD concomitanti durante lo studio (AR non attiva).
Questi erano stati sottoposti ad un totale di 125 misurazioni di calprotectina sierica

Dai risultati è emerso, nel complesso, che la mediana dei livelli sierici di calprotectina era significativamente più elevata tra i soggetti con AR attiva rispetto a quelli con AR non attiva, con 4155,5 contro 1040,0 ng/mL.
Non solo: l’analisi della curva ROC ha dimostrato che la calprotectina, a un cutoff di 1916,5 ng/mL, distingueva correttamente tra persone con AR attiva e non attiva nell’84,1% dei casi.

Lo studio ha anche documentato l’esistenza di una correlazione debole ma statisticamente significativa tra i livelli di calprotectina e i punteggi CDAI,con un coefficiente di correlazione pari a 0,228.

Infine, è stato anche osservato che i livelli di VES e CRP non erano associati in modo significativo all’attività della malattia, sia misurata in base al CDAI che alla richiesta di titolazione verso l’alto del trattamento.

I ricercatori hanno anche voluto verificare se la calprotectina fosse indicativa di attività di malattia in una coorte di 45 pazienti con AR trattati con farmaci anti-TNF per almeno 3 mesi.
Analogamente a quanto riscontrato nel gruppo trattato con tocilizumab, i pazienti con AR attiva trattati con anti-TNF presentavano livelli di calprotectina sierica significativamente più elevati rispetto a quelli con AR non attiva (mediana 5422,0 vs 1845,0 ng/mL). La calprotectina a una soglia di 3690,5 ng/mL ha mostrato un’accuratezza del 90,9% nel distinguere i pazienti con AR attiva trattati con inibitori del TNF-alfa da quelli con AR non attiva.

A differenza di quanto osservato nei pazienti trattati con tocilizumab, i livelli di VES e CRP erano significativamente più alti nei pazienti trattati con inibitori del TNF con AR attiva rispetto a quelli con AR non attiva.

Riassumendo
Nel commentare I risultati, i ricercatori hanno ammesso alcuni limiti metodologici dello studio, quali il disegno retrospettivo e monocentrico. Inoltre la maggior parte dei pazienti si caratterizzava per una ridotta attività di malattia, con un valore mediano dell’indice CDAI pari a 5 – un dato che forse ha influenzato i risultati.

Ciò premesso, i risultati sono incoraggianti e i ricercatori auspicano, pertanto, la conduzione di ulteriori studi longitudinali per valutare la calprotectina come parametro di follow-up e la sua utilità nel monitorare la risposta al trattamento.

Bibliografia
Gernert, M et al. Calprotectin (S100A8/S100A9) detects inflammatory activity in rheumatoid arthritis patients receiving tocilizumab therapy. Arthritis Res Ther 24, 200 (2022). https://doi.org/10.1186/s13075-022-02887-7
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