Lo stato dell’oncologia italiana nella Carta dei servizi 2022


I dati emergono dalla “Carta dei servizi dell’oncologia italiana – Libro Bianco 2022”, presentato nelle settimane scorse al Congresso dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica

La pandemia da Covid può aiutare a migliorare le cure per i malati di tumore grazie alle innovazioni sanitarie derivate dall'emergenza

In Italia meno del 70% (68,7%) delle Oncologie può contare sull’assistenza domiciliare e più della metà delle strutture (52%) è priva dei coordinatori di ricerca clinica, figure essenziali per condurre le sperimentazioni. La ‘fotografia’ dello stato dell’Oncologia nel nostro Paese vede anche progressi importanti rispetto al passato. I servizi di supporto psicologico sono presenti in quasi il 90% dei centri (87,3%), anche se solo la metà è dotata di uno psicologo “dedicato” ai pazienti oncologici. Il 95% ha l’anatomia patologica, l’81% una nutrizione clinica di riferimento e il 70% un laboratorio di biologia molecolare di riferimento. Sono significativi i passi in avanti nella definizione dei percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali (PDTA), essenziali per garantire un’assistenza multidisciplinare: sono stati deliberati dalle reti oncologiche ben 1.240 documenti. I dati emergono dalla “Carta dei servizi dell’oncologia italiana – Libro Bianco 2022”, presentato al XXIV Congresso Nazionale AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), che si apre oggi a Roma.

Nel nostro Paese sono attive 323 Oncologie. L’88% è dotato di Day Hospital, il 65% dell’Ambulatorio, il 58% del reparto di Degenza ordinaria. “L’oncologia è un cardine del Servizio Sanitario Nazionale, ma deve essere sostenuta con misure strutturali – afferma Saverio Cinieri, Presidente AIOM -. Chiediamo al Governo, che entrerà in carica nelle prossime settimane, e al nuovo Ministro della Salute di inserire in agenda, tra i primi obiettivi da realizzare, un reale potenziamento dell’oncologia, con un’attenzione a 360 gradi, dall’assistenza domiciliare alla ricerca clinica. Senza dimenticare la prevenzione, visto che il 40% dei casi e il 50% delle morti oncologiche possono essere evitati agendo su fattori di rischio prevenibili, in particolare sugli stili di vita. Gli oncologi, da tempo, hanno sviluppato una particolare sensibilità verso le tematiche di governo della spesa e di appropriatezza. L’utilizzo dei farmaci biosimilari in oncologia può determinare risparmi di circa il 20%, permettendo di riallocare risorse a sostegno dell’accesso a terapie innovative”. “Ogni anno, in Italia, sono 377.000 le nuove diagnosi di cancro – continua il Presidente Cinieri -. La sopravvivenza a un quinquennio si attesta al 65% nelle donne e al 59% negli uomini, rispetto al 63% e al 54% della rilevazione precedente aggiornata al 2015. Terapie innovative, come i farmaci a bersaglio molecolare e l’immunoncologia, permettono in molti casi di cronicizzare la malattia in fase avanzata o di ottenere la guarigione, con consistenti risparmi in altre voci di spesa, sanitaria e sociale. Ma la qualità e la sostenibilità del sistema si garantiscono soprattutto con politiche di sostegno alla ricerca, che permette di sviluppare farmaci innovativi. Ogni anno circa 35mila pazienti in Italia sono arruolati in studi clinici. La metà, cioè 17.500 cittadini, sono colpiti dal cancro. L’oncologia del nostro Paese, se adeguatamente supportata dalle Istituzioni, può affermarsi come un motore di sviluppo in ambito non solo scientifico, ma anche economico e sociale. Offriamo questi temi di discussione al prossimo Governo, perché il confronto non è più rinviabile”.

Oltre alla ricerca, l’altra importante questione, ancora irrisolta, riguarda il potenziamento del territorio e la necessità di investire nell’assistenza oncologica domiciliare. Almeno il 30% dei pazienti oncologici potrebbe essere seguito, per una parte significativa del percorso di cura, sul territorio con evidenti ricadute positive in termini di qualità di vita e costi sociali, oltre che umani. Avvicinare le cure alle persone ne facilita anche l’accessibilità, impatta sull’aspettativa di vita e favorisce risparmi per i pazienti, troppo spesso impoveriti dopo la diagnosi di tumore. “La tossicità finanziaria, cioè le difficoltà economiche causate dal cancro, è un fenomeno sempre più presente anche nel nostro Paese – spiega Francesco Perrone, Presidente eletto AIOM -.  Negli Stati Uniti questa condizione si spiega soprattutto col fatto che le cure contro il cancro costano molto e il sistema sanitario d’Oltreoceano, basato sulle assicurazioni private, le rimborsa solo parzialmente. L’impianto universalistico del sistema sanitario italiano dovrebbe costituire una barriera contro questo rischio, in realtà non è più così. In un’analisi di 16 sperimentazioni condotte tra il 1999 e il 2015, a cui hanno partecipato 3.760 pazienti del nostro Paese colpiti da tumore del polmone, della mammella o dell’ovaio, abbiamo dimostrato che il 22,5% presentava ‘tossicità finanziaria’ e un rischio di morte nei mesi e anni successivi del 20% più alto rispetto ai malati senza problemi economici”. “Le difficoltà finanziarie compromettono la qualità della vita e i benefici che si possono ottenere con i farmaci antitumorali – continua il Prof. Perrone -. I pazienti che vivono nel Meridione devono affrontare più problemi economici rispetto ai malati del Nord. Inoltre, la tossicità finanziaria interessa soprattutto gli under 65: il cancro e le cure riducono la capacità professionale e le entrate. Se questi cittadini vengono supportati e reinseriti nel mondo del lavoro, ritornano a costituire una componente produttiva del Paese. Ecco perché è importante individuare le cause del default finanziario individuale: solo così potremo chiedere alle Istituzioni di agire per rimuoverle”.

Si stima che oltre il 30% delle persone colpite da cancro possa essere seguito sul territorio. “Ma ancora troppi pazienti, in Italia, si spostano per centinaia di chilometri alla ricerca del ‘trattamento migliore’. Incidono la distanza tra casa e luogo dove si ricevono le cure e le spese di trasporto da sostenere – sottolinea Massimo Di Maio, Segretario Nazionale AIOM -. E questo non solo nei casi estremi di migrazione sanitaria da Sud a Nord. I problemi possono nascere per raggiungere dalla provincia i centri specialistici nelle grandi città. Insomma, una serie di determinanti, sui quali vogliamo sensibilizzare le Istituzioni, che possono mettere in campo politiche di cambiamento per investire di più sul territorio e sull’assistenza domiciliare, anche creando un’integrazione fra oncologia e medicina di famiglia. Vanno implementati anche i gruppi di cure simultanee, perché il 36% dei centri ne è ancora privo. Un’integrazione precoce nel percorso di cura di interventi di supporto, in un’ottica di cure simultanee, ha un impatto positivo sulla qualità e quantità di vita del paziente e sui risultati attesi con le terapie”.

“Durante la pandemia, l’oncologia medica non si è mai fermata – conclude il Presidente Cinieri -. Anche la scienza non si è fermata, aggiungendo informazioni importanti a tutto quel che già conoscevamo sul ‘pianeta cancro’. Il susseguirsi delle scoperte, i dati sempre più incalzanti e caratterizzanti degli studi clinici, le approvazioni da parte delle agenzie regolatorie di nuove molecole o di nuove indicazioni per i farmaci già in uso hanno continuato il proprio corso, rendendo la nostra professione, se possibile, ancora più complessa. Il claim scelto per il XXIV Congresso Nazionale AIOM vuole racchiudere proprio questi pensieri: ‘Oncologia e Complessità. Le nuove sfide per gli oncologi’. Per complessità si intende tutta la rete di informazioni cliniche, biologiche e molecolari che, man mano, si sono aggiunte al nostro bagaglio culturale, che è diventato sempre più carico di novità. La nostra figura professionale ha bisogno di incamerare, comprendere e far proprie tutte le conoscenze che si sono incastonate, come pietre preziose, su tutto quello che già conoscevamo e che i nostri maestri ci hanno trasmesso”.