Nei pozzi lunari temperatura stabile a 17°C


Team di scienziati dell’università della California e del Colorado ha scoperto che le temperature all’interno delle cavità dei pozzi lunari rimangono stabili intorno ai 17 °C

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I risultati sono stati ottenuti attraverso l’analisi della superficie lunare con il radiometro Diviner del Lunar Reconnaissance Orbiter (Lro) della Nasa e da simulazioni di modelli fisici di temperatura. Lo studio, pubblicato su Geophysical Research Letters e finanziato dalla Nasa, ha coinvolto ricercatori dell’Università della California (Ucla) e dell’Università del Colorado Boulder. All’interno del pozzo nella zona in ombra e non direttamente colpita dal Sole, la temperatura sulla superficie rimane stabile intorno ai 17 °C. Ben diversa la situazione sugli strati esterni lunari che si riscaldano fino a circa 130 °C durante il giorno e si raffreddano fino a -170 °C di notte.

I pozzi lunari hanno immediatamente destato l’attenzione degli scienziati fin dal momento della loro scoperta, avvenuta nel 2009 attraverso le osservazioni dell’orbiter Selene dell’agenzia spaziale giapponese Jaxa. La possibilità di esplorare le cavità sotterranee che si estendono all’interno dei pozzi con rover e sonde è già da alcuni anni nei piani delle agenzie spaziali di Nasa e Esa. Questi pozzi potrebbero infatti essere degli ottimi candidati per ospitare le prime installazioni permanenti dell’umanità sulla Luna.

I pozzi lunari studiati da Tyler Horvath, primo autore del paper, e dai suoi colleghi sono situati nel Mare Tranquillitatis (è la zona dove sbarcò nel luglio 1969 l’equipaggio della missione Apollo 11), un’ampia piana basaltica originata da antichi impatti di asteroidi e situata pressappoco sull’equatore lunare. La loro formazione è collegata all’attività vulcanica della Luna. Così come sulla Terra, flussi di lava in risalita dalla cavità magmatica degli strati interni della Luna si fanno largo attraverso la roccia della crosta esterna della Luna. Si forma così una fitta rete di canali e tunnel di lava scavati dal magma, conosciuti come lava tubes. Quando la lava fuoriesce o ridiscende in altre camere magmatiche, lascia dietro di sé delle cavità vuote. I pozzi osservati dal Lunar Reconnaissance Orbiter e dalle altre sonde lunari sono la parte collassata dei tetti di queste cavità vicino alla superficie lunare.

Il Diviner Lunar Radiometer Experiment a bordo dell’orbiter è un radiometro in grado di mappare la temperatura della superficie della Luna attraverso la radiazione termale in infrarosso che viene emessa dagli strati esterni di regolite e di roccia a causa dell’irraggiamento solare. L’orbiter lunare è in grado di compiere orbite tra i 20 km e i 160 km di altitudine.

I dati analizzati dal team di scienziati sono stati raccolti da un’altezza di circa 50 km. La risoluzione degli strumenti del Diviner a questa altitudine è però inferiore a quella dell’apertura dei pozzi analizzati, il più grande dei quali aveva un diametro di circa cento metri. Il Diviner è però in grado di rilevare variazioni di temperatura in maniera molto accurata, fino a differenze di un grado.

I ricercatori hanno sopperito alla mancanza di risoluzione spaziale con analisi di modelli 2D e 3D del pozzo lunare, essenziali per capire il comportamento termico della complessa geometria dei pozzi. Sono stati creati due modelli: uno in cui la superficie è formata da roccia dura e l’altro in cui gli strati sono formati da regolite, un insieme eterogeneo di sedimenti e polveri che compongono lo strato lunare più esterno. I ricercatori hanno così analizzato i modelli per ottenere delle curve di temperatura sia della superficie interna che esterna del pozzo.

A causa della differente direzione di insolazione del pozzo nel corso della giornata, i modelli presentano un profilo di temperatura molto diversificato. Nello studio i ricercatori hanno differenziato le diverse superfici del pozzo (strato esterno, pareti, pavimento) e hanno creato dei diversi profili di temperatura per ognuna di queste zone. Ogni superficie così riceve una quantità di radiazione che varia durante la giornata e dai modelli si osservano variazioni fino a 250 °C. Il pozzo preso in esame si trova a una latitudine equatoriale, circa otto gradi nord, e quindi riceve quasi perpendicolarmente la radiazione solare durante il periodo diurno. Quello che hanno trovato i ricercatori è che la temperatura all’interno del pozzo è molto più mite e le escursioni termiche minori. Le differenze di temperatura tra notte e giorno sulla parte esterna del pozzo varia meno nelle simulazioni in cui il pozzo è composto di roccia.

Ma il dato importante trovato è che nelle parti interne della cavità non illuminate direttamente dal Sole la temperatura rimane mite, intorno ai 17 °C. Nelle simulazioni inoltre è stato osservato che nelle cavità sotterranee che si estendono oltre il pozzo (i tunnel di lava formati dal magma che si è infiltrato nella crosta di roccia lunare) la temperatura interna rimane la stessa delle zone in ombra. Rimanendo sempre protette dalla radiazione solare queste cavità sono perfetti ambienti in equilibrio termico, indipendentemente dalla temperatura esterna sulla superficie lunare.

L’uso dei lava tubes e delle cavità al di sotto della superficie lunare intorno ai pozzi può risultare quindi di enorme importanza per il futuro insediamento di missioni permanenti e di basi sulla Luna. Questi tunnel naturali infatti possono fornire protezione per gli astronauti  dalla radiazione cosmica, dalla radiazione solare ionizzante, da meteoriti e micrometeoriti. La possibilità che la temperatura interna di queste cavità sia così stabile e confortevole (lunarmente parlando) rappresenta una proprietà in più per candidarli come perfette location per i futuri insediamenti umani rispetto ad altri siti sugli strati esterni o all’interno delle convessità dei numerosi crateri lunari. Capire come le cavità interne si estendono oltre il pozzo e analizzare le proprietà morfologiche e chimiche della roccia e della regolite delle pareti dei tunnel saranno gli obiettivi principali delle prossime missioni di esplorazione con rover e sonde, come per esempio il robot Daedalus dell’Esa.

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