Linfoma follicolare: ottime risposte con zandelisib


In pazienti con linfoma follicolare recidivato o refrattario pesantemente pretrattati, buoni risultati dal trattamento con zandelisib

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In pazienti con linfoma follicolare recidivato o refrattario pesantemente pretrattati, il trattamento con zandelisib, un inibitore orale potente e selettivo della fosfatidilinositolo 3-chinasi delta (PI3Kδ), si è associato a un elevato tasso di risposta globale (ORR) nello studio di fase 2 TIDAL, presentato al Congresso della European Hematology Association (EHA), a Vienna.

Nella popolazione in cui è stata valutata l’efficacia (91 pazienti), l’ORR è risultato del 70,3%, con un tasso di risposta completa del 35,2% e un tasso di risposta parziale del 35,2%. Le risposte sono state rapide. Infatti l’87,5% di tutte le risposte si è ottenuto entro la fine del secondo ciclo e il 75% delle risposte complete entro la fine del quarto ciclo. Il tasso di controllo della malattia è risultato dell’85%.

Da notare che nei pazienti arruolati nello studio TIDAL zandelisib è stato somministrato con uno schema intermittente. Nel precedente studio di fase 1b (NCT02914938), «La dose massima tollerata non è stata identificata e 60 mg è la dose più bassa che abbiamo valutato e che è stata raccomandata per la fase 2», ha spiegato Wojciech Jurczak, del Maria Sklodowska-Curie National Research Institute of Oncology di Cracovia, durante la presentazione dei dati. «Inoltre, abbiamo messo a punto uno schema di dosaggio intermittente, in cui il farmaco è stato somministrato nei giorni da 1 a 7, seguiti da 3 settimane di pausa. Questo schema è stato introdotto per consentire il ripopolamento delle cellule Treg e per mitigare gli eventi avversi immuno-mediati di particolare interesse, senza perdere il controllo sulla malattia».

Lo studio TIDAL
Lo studio TIDAL (NCT03768505), ancora in corso, è un trial multicentrico internazionale, a singolo braccio e in aperto, in cui si sta valutando la sicurezza e l’efficacia di zandelisib in pazienti con linfoma follicolare recidivato o refrattario di grado da 1 a 3, andati in progressione dopo almeno due terapie precedenti, tra cui un anticorpo anti-CD20 e un agente alchilante. I partecipanti sono stati trattati con zandelisib 60 mg al giorno per due cicli di 28 giorni ciascuno e poi quotidianamente nei giorni da 1 a 7, seguiti da 3 settimane di sospensione a partire dal terzo ciclo, fino alla progressione della malattia o al manifestarsi di una tossicità inaccettabile.

L’endpoint di efficacia primario dello studio era l’ORR misurato da un comitato di revisori indipendenti secondo i criteri della classificazione di Lugano e analizzato 6 mesi dopo l’arruolamento dell’ultimo paziente. La data di chiusura dei dati utilizzati nell’analisi presentata al congresso è stata il 30 settembre 2021.

Le caratteristiche dei pazienti
Al basale, tra i 121 pazienti arruolati, l’età mediana era di 64 anni (range: 31-87) e il 48,8% dei pazienti aveva 65 anni o più. Oltre la metà dei partecipanti erano uomini (61,2%) e avevano un ECOG performance status pari a 0 (64,5%). Inoltre, la maggior parte (81%) aveva una malattia in stadio III/IV.

I pazienti avevano effettuato in precedenza un numero mediano di terapie pari a tre (range: 2-8) e quasi tutti (95,9%) erano stati trattati in precedenza con una chemioimmunoterapia. Altre terapie già somministrate includevano una combinazione di un anticorpo anti-CD20 più una terapia mieloablativa a base di lenalidomide e un trapianto di cellule staminali (16,5% e 23,1% rispettivamente). Poco più del 40% dei pazienti era risultato refrattario all’ultima terapia somministrata e il 56,2% era andato incontro a progressione della malattia entro 2 anni. Inoltre, nel 38,8% dei pazienti l’ultimo trattamento era stato somministrato entro 6 mesi dall’arruolamento nello studio.

«I dati demografici di base riflettono quelli della tipica popolazione di pazienti affetti da linfoma follicolare recidivato o refrattario», ha dichiarato Jurczak, aggiungendo che la maggior parte dei partecipanti presentava una massa tumorale di grandi dimensioni, con il 33,9% oltre i 5 cm e il 15,7% oltre i 7 cm.

Altri risultati
I pazienti sono stati stratificati in base alla risposta raggiunta con l’ultimo trattamento (49 recidivati, 42 refrattari), al numero di terapie precedenti (42 pazienti già trattati con due terapie contro 49 pazienti già trattati con più di due terapie) e alla progressione o meno della malattia entro 2 anni (51 pazienti sì e 40 pazienti no).

L’ORR è risultato del 75,5% (con un tasso di risposte complete del 40,8% e di risposte parziali del 34,7%) per i pazienti con malattia recidivata e del 64,3% (con un tasso di risposte complete del 28,6% e parziali del 35,7%) per quelli con malattia refrattaria.

Per i pazienti già trattati con solo due terapie precedenti, l’ORR è risultato del 78,6%, con tassi di risposta completa del 42,9% e di risposta parziale del 35,7%, mentre per quelli pesantemente pretrattati l’ORR è risultato del 63,3%, con tassi di risposte completa e parziale rispettivamente del 28,6% e 34,7%.

Infine, l’ORR e i tassi di risposta completa e parziale nei pazienti andati incontro a progressione entro 2 anni sono risultati rispettivamente del 66,7%, 31,4% e 35,3%, contro il 75%, 40% e 35% tra coloro nei quali la malattia non è progredita in quel lasso di tempo.

«Potremmo riassumere dicendo che l’efficacia del farmaco si è dimostrata esemplare», ha affermato Jurczak.

I risultati di sicurezza
La popolazione in cui è stata valutata la sicurezza comprendeva tutti i 121 pazienti arruolati. Con un follow-up mediano di 9,4 mesi (range: 0,8-24), gli eventi avversi più comuni sono risultati la diarrea (33%) e la neutropenia (26%). Solo nel 6% dei pazienti che hanno sviluppato diarrea l’evento è stato di grado 3, mentre la metà delle neutropenie segnalate sono state di grado 4. Questi pazienti, ha riferito l’autore, hanno risposto alla terapia di supporto con il fattore di crescita granulocitario.

«Le alterazioni funzionali del tratto gastrointestinale, come dolori addominali, diarrea e stipsi, sono state tutte di grado 1 e 2. Sono state segnalate anche eruzioni cutanee, ma meno del 2% dei pazienti ha avuto un evento di grado 3», ha sottolineato Jurczak.

Al momento del cut-off dei dati, 16 pazienti (13,2%) avevano interrotto il trattamento a causa di un evento avverso e 12 (9,9%) a causa di eventi correlati al trattamento. Per quanto riguarda gli eventi avversi di particolare interesse di grado 3, sono stati segnalati: diarrea (4,9%), rash (3,3%), stomatite (2,5%), colite (1,7%), aumento dell’aspartato aminotransferasi (0,8%), aumento della alanina aminotransferasi (0,8%) e polmonite di origine non infettiva (0,8%).

L’autore ha riferito che gli eventi avversi di particolare interesse di grado 3 non sono stati frequenti e non sono stati segnalati eventi di particolare interesse di grado 4. «L’incidenza cumulativa di eventi avversi di grado 3 non ha superato il 20% e la stragrande maggioranza di essi, oltre l’80%, si è verificata durante i primi tre cicli, una volta che i pazienti sono passati alla terapia continuativa».

Decessi per Covid 19 avvenuti prima dell’introduzione dei vaccini e degli antivirali
Dei cinque eventi avversi di grado 5 manifestati in corso di trattamento, si sono registrati quattro casi di COVID-19, un caso di polmonite e un caso di sindrome da lisi tumorale. In 10 pazienti (8,3%) sono stati segnalati casi di COVID-19 durante il trattamento. «Va notato che tutti i decessi per COVID-19 sono avvenuti all’inizio del 2020, in un periodo in cui non erano disponibili i protocolli vaccinali», ha specificato Jurczak. «Non abbiamo perso nessun paziente dopo che sono stati introdotti i vaccini e sono stati resi disponibili molnupiravir e nirmatrelvir con ritonavir», ha aggiunto.

Escludendo il COVID-19, le altre infezioni di grado 3 segnalate comprendevano due casi di polmonite e due casi di neutropenia febbrile, oltre a un caso per ciascuno degli eventi di gastroenterite da Campylobacter, infezione del tratto respiratorio inferiore, colite da citomegalovirus, polmonite da Pneumocystis, infezione del tratto urinario e del nervo vestibolare.

«Questi dati giustificano la valutazione di zandelisib a dosaggio intermittente, in monoterapia o in combinazione, nel trattamento di diversi tipi di tumori maligni a cellule B, sia nella malattia recidivata che nelle linee di terapia precedenti», ha affermato Jurczak.

I prossimi passi
Un’altra analisi dei dati di efficacia è prevista a circa 14 mesi dall’arruolamento dell’ultimo paziente. Questa analisi includerà la durata della risposta e risultati più maturi relativi alla sicurezza.

Inoltre, è in corso uno studio randomizzato di fase 3, lo studio COASTAL (NCT04745832), in cui si sta valutando zandelisib più rituximab rispetto all’immunochemioterapia nel linfoma follicolare e nel linfoma della zona marginale recidivato o refrattario, e che sta attivamente reclutando pazienti.

Bibliografia
A.D. Zelenetz, et al. Efficacy and safety of zandelisib administered by intermittent dosing (ID) in patients with relapsed or refractory (R/R) follicular lymphoma: primary analysis of the global phase 2 study TIDAL. EHA 2022, abstract S208. Link