Infezione da Clostridium difficile: arriva un nuovo bioterapeutico


Infezioni ricorrenti da Clostridium difficile: presentati nuovi dati di efficacia per un bioterapeutico vivo sperimentale basato sul microbiota

Clostridioides difficile bioterapeutico

Al congresso Digestive Disease Week (DDW) 2022 sono stati presentati nuovi dati di efficacia per un bioterapeutico vivo sperimentale basato sul microbiota, studiato per fornire all’intestino tramite un clistere un’ampia varietà di batteri e ridurre le infezioni ricorrenti da Clostridium difficile dopo il trattamento antibiotico.

L’infezione da C. difficile (CDI) è una malattia grave e potenzialmente fatale che provoca sintomi debilitanti come diarrea grave, febbre, dolore gastrico, perdita di appetito, nausea e colite. È stata dichiarata una minaccia per la salute pubblica dagli U.S. Centers for Disease Control and Prevention (CDC), dal momento che colpisce ogni anno nei soli Stati Uniti circa mezzo milione di persone e provoca decine di migliaia di decessi.

L’infezione è spesso l’inizio di un circolo vizioso di recidive che rappresentano un onere significativo per i pazienti e il sistema sanitario. Fino al 35% dei casi di CDI si ripresenta dopo la diagnosi iniziale e chi va incontro a una recidiva è a rischio significativamente più elevato di ulteriori infezioni. Dopo la prima recidiva, è stato stimato che fino al 65% dei pazienti può svilupparne una successiva.

RBX2660 consiste in un clistere a base di feci composto da un’ampia varietà di batteri, studiato per fornire all’intestino un’ampia gamma di microrganismi allo scopo di ridurre l’infezione ricorrente da C. difficile dopo il trattamento antibiotico. A differenza di un trapianto di microbiota fecale, che si basa su un principio simile, il prodotto può essere standardizzato e il processo di produzione sottoposto a controlli di qualità adeguati.

Il prodotto ha ottenuto le designazioni Fast Track, Orphan e Breakthrough Therapy dalla Fda. Il programma clinico registrativo di fase III si basa su quasi un decennio di ricerca con dati raccolti in sei studi clinici controllati con oltre 1.000 partecipanti.

Meno recidive rispetto al placebo
In un’ analisi di sottogruppi, con dati integrati dei partecipanti randomizzati a ricevere in cieco RBX2660 o placebo negli studi PUNCH CD2 e PUNCH CD3, i soggetti che hanno ricevuto il bioterapeutico hanno mostrato un maggiore successo del trattamento rispetto al placebo (rispettivamente 68,3% vs 55,0%, P=0,012), definito come l’assenza di recidive per 8 settimane. Non sono state osservate differenze nell’esito del trattamento in base a età, sesso, razza, etnia, geografia del sito di studio, numero di precedenti recidive o durata della terapia antibiotica prima dell’ingresso nello studio (P>0,05).

«L’effetto coerente del trattamento con RBX2660 osservato, indipendentemente dai fattori di rischio associati alla recidiva come età avanzata, sesso femminile, uso di antibiotici e condizioni sottostanti, dimostra il potenziale per RBX2660 nel ridurre la recidiva di CDI in un’ampia popolazione di pazienti» ha affermato Paul Feuerstadt, della Yale University School of Medicine. «Questi risultati, in combinazione con i dati complessivi di RBX2660, ne supportano ulteriormente la potenziale efficacia e sicurezza nei pazienti con infezione ricorrente».

Recidive in funzione del carico di morbidità
Una seconda analisi di sottogruppi ha riguardato la popolazione intent-to-treat modificata dello studio PUNCH CD3, stratificata in base al carico di comorbidità sottostanti, ovvero lieve, moderato e grave, in funzione del punteggio al basale del Charlson Comorbidity Index (CCI).

Il CCI comprende una serie di comorbidità come malattie cardio e cerebrovascolari, tutti i tipi di tumore, diabete, malattie del fegato o dei reni, e fornisce una stima del rischio di mortalità a lungo termine, dove un carico di morbidità grave equivale a un rischio maggiore di decesso. I partecipanti con punteggi CCI moderati e gravi hanno avuto più episodi CDI rispetto a quelli con un punteggio lieve.

In tutti i sottogruppi CCI, i partecipanti trattati con RBX2660 hanno mostrato un maggiore successo del trattamento rispetto al placebo:

  • 76,5% contro 71,8% (CCI lieve),
  • 68,0% contro 57,1% (CCI moderato)
  • 67,8% contro 52,0% (CCI grave)

La differenza assoluta nei tassi di successo del trattamento tra RBX2660 e placebo è aumentata con il crescere del carico di comorbidità (lieve 5%, moderato 11%, grave 16%).

La maggior parte degli effetti collaterali sono stati lievi o moderati, indipendentemente dalle comorbidità sottostanti. Gli eventi avversi gravi sono stati rari e riportati in una percentuale simile di partecipanti, indipendentemente dal trattamento o dalle comorbidità sottostanti.

Presentazioni aggiuntive
Al congresso sono state presentate ulteriori evidenze emerse dal programma di sviluppo clinico di RBX2660.

Un poter riguardava l’analisi di campioni fecali dei partecipanti agli studi PUNCH CD2, CD3 e al trial in aperto PUNCH OLS. I campioni sono stati valutati per misurare la diversità del microbioma e le variazioni della sua composizione dal basale fino a 8 settimane dopo il trattamento. Nei pazienti responder, per tutti e tre gli studi, sono stati rilevati cambiamenti maggiori rispetto ai soggetti esposti al placebo. In particolare RBX2660 ha dimostrato un aumento dell’abbondanza relativa di due importanti classi di batteri benefici, Bacteroidi e Clostridia, insiema una riduzione dell’abbondanza relativa di classi che potrebbero essere considerate dannose, Gammaproteobacteria e Bacilli. In PUNCH CD2 e CD3 le composizioni degli acidi biliari sono state ripristinate, passando dalla predominanza primaria prima del trattamento alla predominanza secondaria dopo il trattamento.

Un secondo poster ricavato dallo studio PUNCH CD3 ha analizzato la probabilità cumulativa di recidiva di CDI, definita come il numero di giorni dal trattamento in studio alla prima valutazione che mostrava la presenza di diarrea associata a C. difficile e di un test tossicologico positivo. Rispettivamente il 35% (30/85) e il 27% (47/177) dei partecipanti aveva una probabilità di recidiva di CDI 8 settimane dopo il trattamento in cieco con placebo e RBX2660.

La maggior parte delle recidive di CDI si è verificata nelle prime due settimane dopo il trattamento:

  • Settimana 1: la probabilità cumulativa di recidiva di CDI era del 18% per il placebo e del 14% per RBX2660
  • Settimana 2: la probabilità cumulativa di recidiva di CDI era del 27% per il placebo e del 19% per RBX2660.

L’intervallo temporale in cui almeno il 25% dei partecipanti ha manifestato una recidiva è stato di 14 giorni con il placebo e di 30 giorni con RBX2660, un risultato coerente con quanto emerso in PUNCH CD2. RBX2660 aveva una probabilità cumulativa inferiore di recidiva di CDI a 8 settimane rispetto al placebo.

La sperimentazione clinica PUNCH CD3 
PUNCH CD3 è uno studio clinico di fase III, prospettico, multicentrico, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo che ha valutato l’efficacia e la sicurezza di RBX2660 rispetto al placebo nella prevenzione dell’infezione ricorrente. Ha coinvolto soggetti di almeno 18 anni di età con almeno una recidiva dopo un episodio primario di infezione. I partecipanti sono stati seguiti fino a 8 settimane per l’analisi di efficacia e fino a sei mesi per l’analisi di sicurezza. Gli eventi avversi emergenti dal trattamento sono stati sintomi gastrointestinali da lievi a moderati sia nel braccio attivo che in quello placebo.

La sperimentazione clinica PUNCH CD2 
PUNCH CD2 è uno studio di fase IIb, randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo, nel quale il bioterapeutico si è dimostrato ben tollerato e significativamente efficace. Ha coinvolto soggetti di almeno 18 anni di età con almeno due recidive dell’infezione dopo un episodio primario o che avevano completato almeno due cicli di terapia antibiotica orale standard, oppure con almeno due episodi di CDI grave con conseguente ricovero in ospedale. I partecipanti sono stati seguiti fino a 8 settimane per l’analisi di efficacia e fino a 24 mesi quella di sicurezza.