NFT vanno dichiarati al Fisco? Le regole cambiano


Dichiarazione dei redditi: se abbiamo NFT, come dobbiamo comportarci con il Fisco? Le regole cambiano a seconda dei casi

La Realtà Aumentata incrementa il valore economico degli NFT

Dall’arte alla musica passando per lo sport, gli NFT stanno determinando su scala mondiale un cambio di paradigma nella stragrande maggioranza dei settori della società. Hanno raggiunto un grado di notorietà tale da diventare mainstream, e non più materia da addetti ai lavori, come accadeva qualche anno fa. Ma ora che siamo in piena dichiarazione dei redditi, se possediamo NFT, come dobbiamo comportaci con il Fisco per non avere brutte sorprese?

“Ad oggi non esiste una legge ad hoc rispetto all’inquadramento fiscale degli NFT– spiega Carlo Alberto Micheli, Avvocato e Dottore Commercialista – le regole cambiano a seconda di tre casi specifici. Se compro un NFT per collezionarlo e lo rivendo dopo un lasso di tempo, non è prevista tassazione perché si tratta di un’operazione di diletto. Mentre, se nell’arco dell’anno compro e rivendo più NFT, i redditi generati sarebbero da riportare a tassazione tra i ricavi commerciali occasionali, con applicazione dell’aliquota Irpef e gestione separata Inps. Se invece creo NFT, ovvero avvio un sistema organizzato per la loro compravendita, si configurerebbe un’attività di natura commerciale, o artigianale nel caso della creazione, con obbligo di apertura della partita iva. I ricavi cioè sono assoggettati a reddito di impresa”.

E’ utile inoltre ricordare che gli NFT non vanno confusi con le monete virtuali. Gli NFT sono risorse digitali uniche che non possono essere replicate o sostituite con un altro NFT, e si differenziano dalle monete virtuali che sono invece fungibili e scambiabili. Condividono però la stessa tecnologia essendo complementari nello scambio

“Quando parliamo di tassazione sugli NFT, è importante prestare attenzione all’acquisto dei Non Fungible Token – prosegue Micheli – tale acquisto avviene utilizzando monete virtuali come mezzo di scambio, di conseguenza, seguendo le tre impostazioni, l’acquisto configura un prelievo dai wallet di monete virtuali. E quando nei portafogli virtuali, incluse le chiavi privati, si ha una giacenza fiscale superiore a €51.645,69 per 7 giorni lavorativi consecutivi al tasso di cambio di inizio anno (1 Gennaio), i prelievi sono assimilati alla tassazione delle plusvalenze, e quindi 26%. Vale a dire, il mio acquisto di NFT, considerati nelle tre impostazioni menzionate quali beni digitali, è alla stregua di un prelievo con conseguente applicazione del 26% all’importo del mio acquisto”.

E’ proprio per questa incongruenza che porterebbe a tassazione valori di fatto non realizzati o meramente presunti, che si è ipotizzato un ulteriore inquadramento degli NFT considerandoli quindi veri e propri strumenti finanziari. In questo ultimo caso è fatto obbligo al contribuente di conservare idonea documentazione attestante la natura delle operazioni, e la provenienza del denaro con il quale sono stati effettuati gli acquisti e fare un corretto monitoraggio con un conseguente quadro RW dedicato esclusivamente agli NFT.

“Per le tasse, come già detto, sarà necessario il pagamento dell’imposta sostitutiva al 26% sui differenziali positivi ottenuti, senza considerare la giacenza” conclude Micheli.