Leucemia linfoblastica: identificati fattori di resistenza alle Car-T


Alcuni pazienti con leucemia linfoblastica acuta presentano pattern di regolazione genica che possono facilitare la resistenza alle Car-T

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Alcuni pazienti con leucemia linfoblastica acuta presentano pattern di regolazione genica che possono facilitare la resistenza alla terapia con cellule CAR-T anti-CD19. Lo evidenziano i risultati di un’analisi multi-omica effettuata da ricercatori statunitensi, presentata al meeting annuale dell’American Association for Cancer Research (AACR).

La terapia con cellule CAR-T dirette contro l’antigene CD19 ha dimostrato di produrre alti tassi di risposta nei pazienti che ricevono questo trattamento, ma alcuni di essi si dimostrano resistenti a queste cellule, per ragioni che non sono state ancora pienamente comprese. Nel loro studio, gli autori hanno provato a verificare se le leucemie sensibili e quelle resistenti differissero in aspetti che potrebbero essere identificabili prima di sottoporre il pazienti al trattamento, che in genere consiste in una singola infusione di CAR-T.

Lo studio
A tale scopo, i ricercatori hanno raccolto aspirati midollari dai pazienti arruolati nello studio PLAT-02 (NCT02028455), un trial accademico nel quale si sono testate cellule CAR-T anti-CD19 (SCRI-CAR19v1) in pazienti pediatrici e giovani adulti con leucemia linfoblastica acuta recidivata/refrattaria. Il team ha raggruppato i campioni in base alle risposte al trattamento, definendo la risposta come il raggiungimento e il mantenimento della negatività della minima della malattia residua (MRD) a 63 giorni dall’infusione delle CAR-T. Inoltre, il gruppo ha utilizzato un approccio multi-omico, esaminando più signature genetiche e correlate all’espressione genica mediante tecniche diverse.

Gli autori, coordinati da Javed Khan, del National Cancer Institute di Bethesda, nel Maryland, hanno esaminato campioni sette di pazienti la cui leucemia era risultata resistente alle cellule CAR-T e li hanno confrontati con campioni di sette pazienti risultati, invece, sensibili a questa terapia.

Pattern distinto di metilazione del DNA e maggiore accessibilità della cromatina
Il sottotipo di leucemia non è sembrato essere un fattore di risposta. Tuttavia, nei pazienti che non hanno risposto al trattamento i ricercatori hanno evidenziato un pattern distinto di metilazione del DNA, con la presenza di target PRC2 ipermetilati nelle cellule staminali sia embrionali sia cancerose (P = 8,15 x 10-25).

Inoltre, i non responder presentavano una maggiore accessibilità della cromatina nelle regioni correlate alla proliferazione e al ciclo cellulare delle cellule staminali (P < 0,0001 per ciascuna) e presentavano modelli di accessibilità della cromatina simili a quelli delle cellule staminali emopoietiche (P = 0,037) e dei progenitori mieloidi (P = 0,047).

I ricercatori hanno anche osservato una maggiore frequenza di sottopopolazioni cellulari che esprimono un fenotipo multi-lineage nei non responder. In più, le cellule dei pazienti che non hanno risposto alle CAR-T hanno mostrato un’espressione significativamente inferiore dei geni correlati alla presentazione e all’elaborazione dell’antigene (P = 0,0001).

Khan ha osservato che un cambiamento da una linea linfoide a una mieloide può indicare un meccanismo di resistenza alle cellule CAR-T anti- CD19 e ha aggiunto che i non responder che presentano un mix di sottopopolazioni di cellule linfoidi e cellule mieloidi possono avere epigenomi che sono ibridi degli epigenomi della leucemia linfoblastica acuta e della leucemia mieloide acuta.

Leucemie resistenti probabilmente meno differenziate
«I nostri dati suggeriscono che queste leucemie, caratterizzate da regioni accessibili specifiche sia delle cellule linfoidi sia di quelle mieloidi, sono probabilmente meno differenziate rispetto alle leucemie sensibili alle CAR-T», ha affermato Khan in un comunicato stampa.

Nei campioni dei pazienti rivelatisi resistenti alle CAR-T, Khan e i colleghi hanno osservato anche un’espressione ridotta dei geni convolti nella presentazione e nell’elaborazione degli antigeni, pathway che sono cruciali per montare una risposta immunitaria. Una ridotta presentazione dell’antigene potrebbe indicare che anche se le cellule leucemiche continuano a esprimere il bersaglio delle CAR-T, cioè il CD19, potrebbero non elaborare in modo efficace altri bersagli immunitari.

I prossimi passi
«I nostri prossimi passi saranno quelli di riprodurre questo fenomeno clinico in un modello murino, utilizzando diverse sottopopolazioni di cellule leucemiche, e quindi valutare se si può superare questa resistenza primaria con terapie alternative o combinate» ha detto Katherine Masih, del National Cancer Institute, l’autrice che ha presentato lo studio al congresso.

I ricercatori hanno considerato i risultati della ricerca come indicativi dei meccanismi di resistenza che potrebbero essere rilevabili prima dell’utilizzo delle CAR-T.

«Questo studio ci ha permesso non solo di identificare potenziali biomarcatori clinici, ma di testare la fattibilità logistica dell’utilizzo di questi approcci di profilazione per incidere sulla cura del paziente», ha concluso Khan. «Ci auguriamo che un giorno lo screening per questo fenotipo possa consentire ai medici di identificare prima della terapia i pazienti le cui leucemie difficilmente risponderanno, e di fornire terapie alternative per migliorare gli outcome di questi pazienti».

Bibliografia
J.E. Masih, et al. Multi-omic analysis identifies mechanisms of resistance to CD19 CAR T-cell therapy in children with acute lymphoblastic leukemia. AACR 2022; abstract 3581. Link