Vulvodinia e attività fisica: parla “Informaconfede”


La vulvodinia è una patologia dolorosa che colpisce l’organo genitale femminile: Informaconfede spiega quali sono le attività fisiche da evitare

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La vulvodinia è una patologia dolorosa che colpisce l’organo genitale femminile e affligge circa il 15% delle donne compromettendone seriamente la qualità della vita. Le cause sono molteplici e non sempre note. Infatti molte pazienti, dopo peripezie varie e esami obiettivi infruttuosi, vengono prese per ‘malate immaginarie’ e continuano a vivere il problema per anni e in solitudine. Un test specifico per diagnosticare la vulvodinia esiste, ma il ginecologo deve tenere in considerazione, che tra le ipotesi di malattia ci sia anche la vulvodinia. Le pazienti che soffrono di vulvodinia lamentano di non riuscire a compiere azioni semplici e anche ad eseguire gli sport oppure non sanno quale attività fisica è più indicata per loro. Per capire meglio quest’ultimo aspetto l’agenzia di stampa Dire (www.dire.it) ha raggiunto Federica Accio, che ha fondato il metodo ‘Informaconfede’ con oltre 80mila followers all’attivo sul suo profilo Instagram e che conta più di 20mila ‘anti-allieve’ come le definisce lei che si ‘anti-allenano’ consapevolmente.

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Cos’è la vulvodinia? Sintomi, diagnosi e cure: parla l’esperta

– Quindi lo sport è precluso alle donne affette da vulvodinia oppure, attraverso un percorso personalizzato, è possibile comunque allenarsi? E se sì cosa a grandi linee è consentito e quali movimenti assolutamente da evitare?

“L’attività fisica non dovrebbe essere preclusa a nessun corpo umano perché è davvero un farmaco preventivo importantissimo. È fondamentale però rivolgersi a dei professionisti che sappiano trattare e proporre un protocollo di esercizi fisici compatibili con la patologia. Nel caso della vulvodinia, in particolare, ci sono alcuni sport che vanno evitati e che sono: lo spinning, la bike, l’equitazione e il pilates. Quest’ultima attività seppur molto di moda e considerata ‘dolce’ in realtà crea una iperpressione sia intraddominale che dei muscoli del pavimento pelvico. Al contrario sempre di quello che si può pensare anche alcuni tipi di yoga sono sconsigliati. Tutte queste attività che ho menzionato vanno ad infiammare ulteriormente laddove c’è già un ‘incendio’ delle terminazioni nervose che innervano il pavimento pelvico. Quindi è bene che una donna affetta da vulvodinia si rivolga ad uno specialista del settore che potrà valutare, caso per caso, cosa fare e cosa non fare. Anche perché la paziente oltre alla vulvodinia potrebbe avere altri problemi ad esempio ad un ginocchio o ad un braccio. Per questo l’attività fisica deve essere personalizzata e modellata sulle esigenze del paziente. Il protocollo di esercizi lo decide il chinesiologo, laureato in scienze motorie, che seguirà anche le indicazioni del ginecologo, del fisioterapista, dell’ostetrica e di tutte le figure che hanno in cura la persona che si vuole allenare. Ci deve essere una sinergia di tutti gli stakeholder per mettere in atto un protocollo di allenamento che faccia bene alla salute”.

– Il problema dipende anche dal pavimento pelvico, si può agire in modo mirato anche su questa parte del corpo? Come?

“Spesso la vulvodinia è associata a ipertono del pavimento pelvico. I muscoli del pavimento pelvico praticamente sono iperstimolati e si ipercontraggono a causa anche, direi purtroppo, di allenamenti fisici troppo intensi oppure poco equilibrati. La motivazione è semplice e cioè da troppo tempo va di moda il motto ‘no pain no game’ e cioè in pratica che per allenarsi ‘bisogna soffrire per avere un risultato’. Molti dunque sono erroneamente convinti che bisogna provare dolore durante l’allenamento. Questo deriva da una cultura della fisicità, del ‘bello a tutti i costi’ ma anche da una cultura della forza che nulla ha a che fare con il vero esercizio fisico, inteso come dicevo prima, come un vero e proprio farmaco naturale preventivo. A tal riguardo sto cercando dal 2017 di portare avanti una divulgazione scientifica che sottolinei i vantaggi di un’attività fisica personalizzata e tarata sulle esigenze individuali a scapito di un’attività fisica ad alta intensità completamente nociva. La salute delle donne va tutelata ed è per questo che l’informazione da veicolare è che solo attraverso un esercizio fisico adeguato si possono prevenire numerose patologie per vivere meglio e più a lungo. Peraltro la moderazione nello svolgimento dell’attività porta anche alla costanza e, cosa da non poco conto, ci si guadagna in risultati estetici. L’esercizio fisico che propongo alle donne è completo ed è pensato per stimolare l’apparato cardiovascolare, muscolare e per rilassare il corpo e la mente. Sono tre gli elementi alla base del protocollo da riprodurre e cioè: cardio, tonificazione e stretching ben equilibrati tra di loro. Nel caso di una donna affetta da disfunzione del pavimento pelvico è sempre utile personalizzare il lavoro che non può prescindere da respirazioni profonde, senza l’uso di carichi aggiunti oltre il proprio peso naturale e poi attenzione a effettuare dall’ombelico in giù poche ripetizioni delle sessioniEvitare i crunch a ripetizioni multiple poiché sono i primi colpevoli di una contrazione pelvica. Ripeto è necessario studiare un protocollo di esercizi fisici che sia in grado di rilassare la muscolature in sinergia con il clinico, il chinesiologo e propone una scheda di esercizi compatibili con lo stato di salute del soggetto”.

– Tu proponi protocolli di allenamenti da fare a casa. È possibile per le donne con vulvodinia allenarsi da sole o è necessario un lavoro integrato e supervisionato da trainer e figure mediche?

“Assolutamente sì. Anche la donna con vulvodinia può eseguire esercizi personalizzati da sola a casa perché il mio metodo, unico in Italia nel suo genere, si basa sulla memorizzazione degli esercizi. Nella pratica invio un video con una sequenza di esercizi (cardio-tonificazione e stretching) che il soggetto, l’anti-allieva, memorizza e replica in totale sicurezza e con maggiore consapevolezza di sé. Il tutto è personalizzato e tiene conto delle direttive dello specialista che ha in cura l’anti-allieva per la patologia, qualunque essa sia di cui è affetta”.