Il caffè riduce il rischio di gotta


Studio genetico individua un’associazione causale inversa tra il consumo di caffè e il rischio di malattia gottosa, indipendentemente dai livelli di uricemia

Gotta ai piedi farmaci e medicinali utili

Anche quando si correggono le analisi di randomizzazione Mendeliana per la presenza di polimorfismi a nucleotide singolo (SNP) sospettati di avere un effetto pleiotropico sulla gotta, è possibile documentare l’esistenza di un’associazione causale inversa tra il consumo di caffè e il rischio di malattia gottosa, indipendentemente dai livelli di uricemia. Queste le conclusioni di un raffinato studio genetico pubblicato su ACR Open Rheumatology che, confermando osservazioni precedenti di letteratura a favore del consumo di caffè, sembrano aprire la strada alla ricerca di nuovi principi farmacologici aventi un target diverso rispetto alla riduzione dell’uricemia.

I presupposti e gli obiettivi dello studio
Gli effetti del consumo di caffè sull’uricemia e il rischio di gotta sono oggetto di controversie in letteratura da tempo.  Limitando l’attenzione agli studi più recenti, già nel 2016 una metanalisi aveva dimostrato come un consumo moderato di caffè potesse riverlarsi utile nella prevenzione primaria dell’iperuricemia o della gotta conclamata in entrambi i sessi. Le quantità da assumere per ottenere effetti apprezzabili, però, erano maggiori nella donna anzichè nell’uomo e, comunque, non potevano sostituire la terapia antigotta standard ipouricemizzante, suggerendo già allora che gli effetti benefici del consumo della bevanda a base di caffeina sul rischio di gotta dipendessero, in parte, da meccanismi diversi dall’uricemia.

Sono del 2018, invece, i risultati di uno studio condotto in individui Europei che ha documentato l’esistenza di una relazione causale inversa tra il consumo di caffè e la gotta mediante un’analisi di randomizzazione Mendeliana, una tecnica di randomizzazione che sfrutta alcune varianti genetiche (polimorfismi a nucleotide singolo) per isolare gli effetti di un comportamento in studio.

Una critica sollevata a questo studio, tuttavia, risiedeva nel fatto di aver limitato l’osservazione dell’eterogeneità della popolazione analizzata per l’associazione sopra indicata a pochi SNP, senza aver considerato, peraltro, il possibile effetto pleiotropico di alcuni di questi SNP sul rischio di gotta.

E’ su questi presupposti che è stato concepito il nuovo studio che ha analizzato l’effetto del consumo di caffè sui livelli di uricemia e la gotta in una popolazione di individui Giapponesi proprio tenendo presente la pleiotropia a correzione dell’analisi di randomizzazione Mendeliana.

Non solo: gli autori della nuova pubblicazione hanno rianalizzato i dataset dello studio europeo tenendo presente il fattore pleiotropia in questione e quello dell’etnia.

Disegno dello studio e risultati principali
Lo studio ha recensito le statistiche dello studio di associazione genome-wide (GWAS) – un’indagine di tutti, o quasi tutti, i geni di diversi individui di una particolare specie per determinare le variazioni geniche tra gli individui in esame – relativo a 152.644 individui che erano consumatori abituali di caffè, 3.053 pazienti con gotta, 4.554 controlli e 112.745 rilevazioni dei livelli di uricemia.

A ciò è seguita un’analisi di eterogeneità, con la rimozione dei possibili casi di pleiotropia.

Il consumo di caffè è stato determinato sulla base delle statistiche di esposizione alla caffeina CCGC (the Coffee and Caffeine Genetics Consortium), espresse in tazzine giornaliere.

Considerando i 10 SNP inclusi, è emerso che gli individui che riferivano un consumo abituale di caffè presentavano un’associazione inversa statisticamente significativa con il rischio di gotta  (OR = 0,29; IC95%=0,16-0,51, p = 1,9 × 10−5) nelle analisi non corrette in base alle pleiotropia.

Inoltre, anche escludendo 3 SNP per il sospetto di avere un effetto pleiotropico sulla gotta, si è confermata l’esistenza di un’associazione inversa tra consumo di caffè e rischio di malattia (OR = 0,75, IC95%= 0,58-0,97, P = 0,026), in assenza di eterogeneità di tipo etnico (Phet = 0.39).

Da ultimo, non sono emerse differenze significative tra il consumo di caffè e i livelli di acido urico nel sangue relativamente all’ascendenza (Phet= 2,0 × 10−16 nei Giapponesi and Phet = 6,8 × 10−8 negli Europei).
L’ analisi multivariata ha confermato la teoria secondo la quale l’aumento del consumo di caffè riduce significativamente il rischio di gotta, anche dopo aggiustamento dei dati in base ai livelli di acido urico nel sangue (OR = 0,50, IC95%=0,31-0,81, P = 0,0046).

Da ultimo, lo studio suggerisce che il consumo di caffè esercita effetti protettivi sulla progressione dall’iperuricemia asintomatica alla gotta.

Riassumendo
Nel complesso, I risultati dello studio indicano che il consumo di caffè può ridurre il rischio di gotta mediante associazione causale inversa. Per quanto l’impatto sui livelli di uricemia sia ancora non ben definito, sono stati documentati effetti protettivi dall’assunzione abituale di caffè sul rischio di malattia gottosa. Di qui l’ipotesi secondo la quale l’esposizione crescente al consumo di caffè potrebbe ridurre il rischio di gotta indipendentemente dai livelli di uricemia.

Lo studio, pertanto, suggerisce la presenza di diversi pathway biologici coinvolti nella patogenesi della gotta oltre all’uricemia e apre la strada a trattamenti alternativi per il controllo di questa artropatia.

Nicola Casella

Bibliografia
1) Shirai, Y., 2022. Coffee Consumption Reduces Gout Risk Independently of Serum Uric Acid Levels: Mendelian Randomization Analyses Across Ancestry Populations. [online] ACR Open Rheumatology
Leggi

2) Larsson SC, Carlström M. Coffee consumption and gout: a Mendelian randomisation study. Ann Rheum Dis 2018;77:1544–6.

3) Lee YH. Coffee consumption and gout: a Mendelian randomisation study. Ann Rheum Dis 2019;78:e130.