Epatite autoimmune: micofenolato mofetile efficace


Epatite autoimmune: uno studio pubblicato su Frontiers in Immunology mostra per la prima volta un confronto diretto tra i trattamenti micofenolato mofetile e aziatropina

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Uno studio pubblicato su Frontiers in Immunology mostra per la prima volta un confronto diretto tra i trattamenti micofenolato mofetile e aziatropina in pazienti con epatite autoimmune evidenziando che la risposta biochimica completa è significativamente più altra nel primo gruppo rispetto allo standard di terapia.

L’epatite autoimmune (AIH) è una malattia ad eziologia sconosciuta caratterizzata da un netto aumento dei livelli sierici di immunoglobuline G (IgG) anche in pazienti senza cirrosi. È stata evidenziata una predominanza femminile, autoanticorpi non organo e/o organo specifici, epatite dell’interfaccia all’istologia e risposta favorevole al trattamento immunosoppressivo.

La somministrazione di corticosteroidi con o senza azatioprina (AZA) è considerata lo standard di cura come terapia di prima linea. Gli obiettivi di tale trattamento sono di ottenere una risposta biochimica completa (CBR; transaminasi normali e IgG) e la remissione istologica della malattia (indice di attività dell’epatite modificato (mHAI <4)) e, infine, prevenire la progressione della fibrosi e lo sviluppo della malattia epatica allo stadio terminale riducendo anche al minimo il rischio di effetti collaterali della terapia

Da vari studi anche multicentrici arrivano prove a sostegno della problematica efficacia a lungo termine del trattamento convenzionale standard.
Poiché precedenti studi e meta-analisi nel mondo reale hanno dimostrato che il micofenolato mofetile (MMF) potrebbe avere un’efficacia migliore rispetto all’azatioprina (AZA) nell’epatite autoimmune (AIH), gli autori hanno condotto uno studio di corrispondenza attraverso Propensity Score Matching (considerata come alternativa alle classiche analisi multivariate, quando si ha necessità di analizzare dati provenienti da studi non randomizzati) per valutare l’efficacia e la sicurezza di MMF rispetto all’AZA.

Sono stati inclusi 126 pazienti adulti con AIH, naïve al trattamento, diagnosticati e seguiti dal 2016. I pazienti hanno ricevuto prednisolone 0,5–1 mg/kg/die più AZA 1–2 mg/kg/die o 1,5–2 g/die MMF. La riduzione del prednisolone era identica tra i gruppi.

Dopo aver applicato il Propensity Score Matching e l’aggiustamento per fattori noti che influenzano la risposta al trattamento e l’esito, nello studio sono stati inclusi 64 pazienti (MMF=32 e AZA=32). I tassi di mancata risposta, risposta biochimica completa (CBR) a 6 e 12 mesi e sospensione del prednisolone (6 mesi, 12 mesi e fine del follow-up) erano identici tra i gruppi.
Tuttavia, il trattamento con MMF era significativamente associato alla risposta biochimica completa alla fine del follow-up [odds ratio (OR) 11,259; IC 95%: 1,3–97,4, p=0,028].
I pazienti con AZA erano più inclini a interrompere il trattamento a causa di intolleranza ad AZA/risposta insufficiente (p=0,0001). Alla fine del follow-up, l’efficacia complessiva di ciascuna schedula era anche significativamente più alta nel gruppo MMF rispetto al gruppo AZA (p=0,0001).

Quindi, per la prima volta in uno studio di Propensity Score Matching è stato dimostrato che l’MMF può essere utilizzato come terapia di prima linea nell’AIH, come attestato dalla CBR significativamente più alta alla fine del follow-up rispetto all’AZA. È necessario valutare ulteriormente se questa migliore efficacia sia anche associata a tassi di remissione istologica più elevati e a un’immunosoppressione della CBR sostenuta.
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Dalekos G. N. et al., First Results From a Propensity Matching Trial of Mycophenolate Mofetil vs. Azathioprine in Treatment-Naive AIH Patients Front Immunol. 2022 Jan 11;12:798602. leggi