Leucemia linfatica cronica: arrivano nuovi dati su venetoclax


Leucemia linfatica cronica ricaduta/refrattaria: dati real world confermano efficacia e sicurezza di venetoclax in pazienti naïve ed esposti a inibitori del BCR

Leucemia linfatica cronica: la terapia chemio-free a durata fissa con venetoclax trasforma gli standard di cura secondo gli ultimi studi

Nel trattamento della leucemia linfatica cronica ricaduta/refrattaria, la combinazione di venetoclax più rituximab (VenR) si è dimostrata efficace in un setting di ‘real world’ sia in pazienti naïve agli inibitori della via del recettore delle cellule B (BCR) sia in pazienti già esposti a questa tipologia di farmaci. Lo evidenziano i dati dello studio VERVE, uno studio osservazionale coordinato da Davide Rossi, dell’Università degli Studi del Piemonte Orientale, e presentato al 63° meeting dell’American Society of Hematology (ASH).

Nel complesso, gli outcome sono risultati migliori nel sottogruppo di pazienti naïve agli inibitori del BCR, un risultato che evidenzia l’efficacia dell’utilizzo precoce della combinazione venetoclax-rituximab – un regime chemo-free, di durata limitata nel tempo, approvato sulla base dei risultati dello studio registrativo MURANO – e l’utilità dell’anticipare il trattamento con questo regime già nei pazienti non trattati prima con un inibitore del BCR.

Ancora pochi dati prospettici
Negli studi clinici, ricordano gli autori nel loro abstract, venetoclax, un inibitore della proteina anti-apoptotica Bcl-2, ha mostrato un’elevata efficacia e una buona tollerabilità nei pazienti con leucemia linfatica cronica.

Alcuni studi di coorte retrospettivi hanno già esaminato i risultati ottenuti nel mondo reale con venetoclax in pazienti con leucemia linfatica cronica ricaduta/refrattaria sia naïve sia già esposti a inibitori del BCR. Tuttavia, finora c’erano pochi prospettici ‘real world’ sulle sequenze di nuovi agenti nel setting della malattia ricaduta/refrattaria.

Per questo, Rossi e i colleghi hanno effettuato lo studio VERVE, che è uno studio prospettico osservazionale non di intervento, in cui si sono valutate efficacia, sicurezza e qualità della vita di pazienti con leucemia linfatica cronica trattati con venetoclax in Austria, Germania e Svizzera. Nell’analisi presentata all’ASH, i ricercatori hanno riportato i dati relativi a pazienti trattati nella pratica clinica con il regime VenR.

Lo studio VERVE
Nell’analisi sono stati inclusi pazienti adulti con leucemia linfatica cronica recidivata/refrattaria sia già esposti agli inibitori del BCR (farmaci come gli inibitori di BTK, in primis ibrutinib, e gli inibitori di PI3K) sia naïve a questi agenti, che sono stati trattati con la combinazione VenR secondo le indicazioni locali. Le visite dei pazienti sono state programmate a discrezione del medico e secondo la pratica clinica.

La documentazione dello studio è stata raccolta al basale, settimanalmente durante il ramp-up di venetolcax, poi mensilmente per 6 mesi e successivamente ogni 3 mesi, per un massimo di 3 anni.

La risposta è stata valutata secondo i criteri iwCLL al basale, al termine del ramp-up, e poi dopo 3, 12 e 24 mesi. Inoltre, gli autori hanno valutato gli outcome nei pazienti naïve agli inibitori del BCR e in quelli già esposti pazienti esposti a questi farmaci.

Più fattori di rischio nei pazienti già trattati con inibitori del BCR 
Fino al 26 aprile 2021, erano stati arruolati nello studio, che è tutt’ora in corso, 94 pazienti trattati con VenR che avevano ricevuto almeno una dose di venetoclax (popolazione di sicurezza). Per 72 pazienti, la risposta al trattamento era stata documentata almeno una volta (popolazione di efficacia).

I partecipanti erano già stati trattati con una mediana di linee di terapia precedenti pari a 1 (range: 1-10). Cinquantasette pazienti (61%) erano stati sottoposti precedentemente alla chemioimmunoterapia, ma non erano mai stati trattati prima con un inibitore del BCR, 32 pazienti (34%) ne avevano ricevuto almeno uno e 7 (7%) erano stati trattati precedentemente con altre opzioni di trattamento. In particolare, i pazienti mai trattati prima con inibitori del BCR avevano giù effettuato una mediana di una terapia precedente (range: 1-4), mentre quelli già esposti a questi agenti tre (range: 1-10).

Inoltre, la presenza di fattori di rischio è risultata più comune nel gruppo esposto in precedenza a inibitori del BCR: il 38% dei pazienti aveva una delezione (del) (17p) documentata, il 34% era portatore di mutazioni di TP53 e il 41% presentava IGHV non mutate. Nel gruppo naïve agli inibitori del BCR, i pazienti con la del(17p) erano il 14%, quelli con mutazioni di TP53 il 16% e quelli con IGHV non mutate il 40%.

L’età mediana al basale era di 72 anni nel sottogruppo di pazienti naïve a inibitori del BCR e 71 anni in quelli già esposti a questi agenti. Inoltre, rispettivamente il 65% e 84% dei pazienti aveva almeno una comorbilità.

Nel gruppo già trattato con inibitori del BCR, 29 pazienti (91%) erano già stati trattati con un inibitore del BCR come ultima terapia precedente l’inizio di VenR, con una durata mediana del trattamento di 18 mesi (range: 1-61 mesi), e i motivi più frequenti per l’interruzione trattamento con questo farmaco sono stati gli eventi avversi e gli eventi avversi gravi in 11 pazienti e la progressione della malattia in 12.

Efficacia del regime VenR superiore nei pazienti naïve agli inibitori del BCR
La migliore risposta complessiva (ORR) riportata a 12 mesi dall’inizio del trattamento con VenR è stata dell’83% (risposta completa con o senza recupero ematologico completo, CR+CRi: 55%; risposta parziale: PR: 28%) per i pazienti naïve agli inibitori del BCR e dell’85% (CR+CRi 30%; PR: 55%) per i pazienti precedentemente esposti a inibitori del BCR. Dunque, un ORR sostanzialmente simile nei due sottogruppi di pazienti.

Gli outcome di sopravvivenza, invece, sono risultati migliori nel sottogruppo dei pazienti non trattati prima con gli inibitori del BCR. Infatti, dopo un follow-up mediano di 315 giorni, sia il tasso stimato di OS a 12 mesi sia quello di PFS a 12 mesi sono risultati del 94,8% nei pazienti naïve agli inibitori del BCR, mentre nei pazienti esposti a inibitori del BCR, con un follow-up mediano di 371 giorni, i tassi corrispondenti sono risultati rispettivamente del 79,1% e 75,7%,.

Sul fronte della sicurezza, l’incidenza degli eventi avversi è risultata del 79% nei pazienti naïve a inibitori del BCR e 90% nei pazienti già esposti a farmaci, mentre l’incidenza degli eventi avversi è stata rispettivamente del 25% e 44% presentavano rispettivamente eventi avversi nel complesso o eventi avversi gravi. Nella loro analisi ‘real world’, Rossi e colleghi non hanno osservati segnali di sicurezza nuovi rispetto al profilo già noto della combinazione VenR.

In conclusione
«In questa analisi sull’uso di venetoclax nella leucemia linfatica cronica ricaduta/refrattaria in un setting di ‘real world’, i pazienti trattati con venetoclax in combinazione con rituximab erano prevalentemente naïve a inibitori del BCR» ha osservato Rossi.

«I pazienti già esposti in precedenza a inibitori del BCR erano più pesantemente pretrattati, e presentavano più fattori genetici ad alto rischio e una percentuale maggiore di comorbilità. Questi pazienti e quelli naïve hanno ottenuto tassi di risposta complessivi comparabili. Tuttavia, nei pazienti naïve agli inibitori del BCR, le remissioni complete sono state più frequenti e i tassi di OS e PFS a 12 mesi sono risultati più elevati. In entrambi i gruppi, il trattamento con VenR è stato ben tollerato. Questo regime rappresenta, pertanto, un’opzione di trattamento adatta sia per i pazienti naïve a inibitori del BCR sia per quelli già esposti a questi farmaci» ha concluso l’autore.

Bibliografia
D. Rossi, et al. Safety and Effectiveness of Venetoclax/Rituximab in Bcri-Naïve and Bcri-Exposed Patients with Relapsed/Refractory CLL Under Real-Life Conditions – Data from the Observational Verve Study. Blood (2021) 138 (Supplement 1): 3735. Link