Malattie rare: la digitalizzazione aiuta per i diritti


Malattie rare: la digitalizzazione contribuisce al riconoscimento dei diritti. Il processo si sta oggi consolidando sempre più portando notevoli benefici

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Esistono circa 7.000 patologie rare, la maggior parte delle quali di origine genetica. Il processo di digitalizzazione della medicina si sta consolidando sempre di più e può davvero segnare un salto di qualità nella gestione dei pazienti. Di questo e delle nuove frontiere della telemedicina e dei modelli di assistenza domiciliare integrata si è parlato in occasione del webinar ‘Esplorare. Digitalizzazione e innovazione per le malattie rare’.

MALATTIE RARE, LA DIGITALIZZAZIONE CONTRIBUISCE AL RICONOSCIMENTO DEI DIRITTI

Il processo di digitalizzazione della medicina ha avuto un nuovo impulso dettato dalla pandemia da Sars-CoV-2 e si sta oggi consolidando sempre più portando notevoli benefici e segnando un salto di qualità nella gestione dei pazienti.

Le malattie rare oggi identificate son circa 7000, l’ottanta per cento delle quali è di origine genetica, e sono spesso croniche e mortali. La digitalizzazione e l’innovazione anche in questo settore contribuisce al riconoscimento del diritto alla salute delle persone con malattie rare. “Le recenti acquisizioni tecnologiche– spiega Maurizio Scarpa, professore di Pediatria all’università di Padova, direttore del Centro di coordinamento regionale per le malattie rare del Friuli Venezia Giulia e coordinatore della Rete metabolica europea di riferimento per le malattie metaboliche rare ereditarie (Metabern)- hanno dimostrato che grazie all’intelligenza artificiale e alla possibilità di integrare dati, si arriva alla generazione di algoritmi in grado di identificare soggetti a rischio di patologie per le quali non c’è ancora una diagnosi. Questo è un settore per il quale le malattie rare rappresentano un campo di prova importante, per il quale si stanno testando vari approcci innovativi per la raccolta e l’analisi di dati”.

La pandemia da Sars-CoV-2 ha stravolto i programmi sanitari a livello globale, costringendo le strutture ospedaliere a concentrare i loro sforzi su pazienti acuti, ritardando o addirittura dilazionando a tempo indeterminato controlli di pazienti con patologie croniche e/o progressive, come le malattie rare. “Tuttavia la pandemia– prosegue Scarpa- ha anche favorito lo sviluppo accelerato di tecniche base su teleconsulto e telemedicina, sviluppate per altre discipline, e che sono state velocemente adattate per il follow up di pazienti con malattie rare. Questo ha permesso di proteggere, almeno durante la prima ondata, la maggior parte di pazienti affetti da malattie rare che hanno sofferto in una forma estremamente ridotta, rispetto alla popolazione generale, l’infezione e la letalità da Covid.

Importante è che la telemedicina venga ulteriormente sviluppata a livello nazionale e che diventi uno strumento di assistenza routinaria. Il programma di digitalizzazione e di telemedicina previsto nel Pnrr- conclude Scarpa- rappresenterà un passo importante verso la personalizzazione delle cure e l’utilizzo di tecnologie virtuali per la sempre migliore assistenza al paziente con malattia rara”.

L’innovazione digitale può quindi svolgere un ruolo fondamentale nel creare nuovi modelli di gestione sempre più incentrati sui malati, permettendo la conduzione delle analisi anche presso l’abitazione del paziente durante il normale svolgimento delle attività quotidiane, facilitando così la gestione dei malati rari. Un esempio è quello dell’utilizzo dei sensori inerziali nel follow-up delle malattie rare che trova importanti applicazioni nelle patologie che determinano l’insorgere di disabilità motorie, come l’alfa-mannosidosi, nelle quali è cruciale personalizzare la gestione e monitoraggio della malattia. In questi casi, ricorda Stefano Rossi, professore associato dell’università degli Studi della Tuscia – “è di fondamentale importanza riuscire a fornire delle valutazioni oggettive e quantitative dello stato di malattia e del suo progresso temporale per individuare la corretta terapia da fornire al paziente“.

“Recentemente- ricorda Rossi- lo sviluppo tecnologico nei sistemi di misurazione del movimento ha aperto nuove frontiere nella valutazione della disabilità in ambito clinico. I sistemi di misura che permettono la valutazione del movimento- continua Rossi- si dividono in due macrocategorie: la prima è caratterizzata da sistemi stereofotogrammetrici che richiedono un laboratorio dedicato per l’esecuzione delle analisi; nella seconda invece ricadono i sensori inerziali, strumenti di piccole dimensioni, che possono essere indossati dai pazienti ed utilizzati in qualunque luogo, non necessariamente presso una struttura ospedaliera. I sensori inerziali- chiarisce Rossi- sono costituiti da accelerometri, giroscopi e magnetometri in grado di misurare le rotazioni del segmento corporeo su cui sono collegati. Tramite particolari ed innovativi algoritmi di calcolo si possono stimare gli angoli di rotazione dei giunti articolari, permettendo una valutazione specifica del movimento del singolo giunto durante un compito motorio complesso come può essere il cammino”.

Grazie agli strumenti messi a disposizione dalla tecnologia è quindi oggi auspicabile un futuro migliore per la gestione dei malati nell’ottica di una presa in carico globale dei pazienti rari. “Questo è un anno significativo per la comunità mondiale delle persone con malattia rara– afferma Annalisa Scopinaro, presidente della Federazione italiana malattie rare onlus Uniamo – Ci auguriamo che la recente adozione della Risoluzione Onu sulle malattie rare e l’approvazione del Testo Unico possano essere un binario sicuro per raggiungere in tempi rapidi gli obiettivi emersi nel Foresight Study Rare 2030 e il Piano europeo per le malattie rare. Nel settore della digital health e digital therapeutics è importante coordinare tutti gli specialisti, compresi quelli di assistenza primaria, per garantire la migliore rete per le persone con malattia rara su tutto il territorio nazionale”.

Il Convegno “EsploRARE Digitalizzazione e innovazione per le malattie rare” è realizzato con il contributo non condizionante di Chiesi Global Rare Diseases Italia. “Nell’ultimo decennio il binomio tra tecnologia e medicina è diventato sempre più stretto, capace di portare valore aggiunto in tutte le aree terapeutiche- commenta Alessandra Vignoli, head of marketing Europe and emerging markets Chiesi global rare diseases- Per quanto riguarda le malattie rare in particolare, la tecnologia può veramente trasformare il futuro dei pazienti e di chi se ne prende cura: da diagnosi più rapide e precise, all’utilizzo dell’intelligenza artificiale a supporto della ricerca, fino a soluzioni personalizzate per convivere quotidianamente con la malattia”.