Leucemia mieloide cronica: i benefici con ponatinib


Ponatinib ha dimostrato un’attività promettente in una popolazione di pazienti con leucemia mieloide cronica a prescindere dallo stato mutazionale di BCR-ABL1

Leucemia mieloide acuta: studio conferma che lo sviluppo di cure efficaci passa dall’analisi del microambiente tumorale, grazie alle cellule T dei donatori

Il trattamento con l’inibitore delle tirosin-chinasi (TKI) ponatinib ha dimostrato un’attività promettente in una popolazione di pazienti con leucemia mieloide cronica in fase cronica resistenti o intolleranti a un trattamento precedente con almeno due TKI, con o senza la mutazione T315I del gene BCR-ABL1 e a prescindere dal carico iniziale della malattia. Lo evidenzia un’analisi post-hoc dello studio di fase 2 OPTIC presentata al 63° congresso dell’American Society of Hematology (ASH).

Dall’analisi emerge anche che il beneficio clinico in questo gruppo di pazienti ampiamente resistenti si ottiene con tutti e tre i regimi posologici testati del farmaco, in presenza o meno al basale della mutazione T315I di BCR-ABL1, ma nel contempo conferma che il risultato migliore si ottiene con la dose iniziale pari a 45 mg (ridotta poi a 15 mg nei pazienti che rispondono) ed evidenzia che in alcuni sottogruppi di pazienti è importante utilizzare questo dosaggio.

«L’ultimo aggiornamento dello studio OPTIC mostra che utilizzare ponatinib alla dose iniziale di 45 mg al giorno è particolarmente importante in alcune categorie di pazienti che sono ad alto rischio. È un messaggio importante perché negli ultimi anni si è spesso sentito parlare di utilizzo dei TKI a un dosaggio inferiore rispetto a quello approvato, ma sebbene sia vero che dosi inferiori possono ridurre la tossicità di questi farmaci, non possono essere utilizzate in tutti i pazienti» ha detto ai microfoni di PharmaStar Fausto Castagnetti, dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna.

Ponatinib
Ponatinib, un TKI di terza generazione, è un pan-inibitore di BCR-ABL1, disegnato per inibire non solo la proteina nativa, ma anche le sue isoforme mutanti che conferiscono resistenza al trattamento, inclusa quella derivante dalla mutazione T315I, che ha dimostrato di essere associata a resistenza ad altri TKI approvati.

I pazienti portatori di tali mutazioni e quelli con malattia resistente tendono a rispondere in modo inadeguato ai TKI di BCR-ALB1 di prima e seconda generazione, ottenendo scarsi risultati di sopravvivenza.

I pazienti con leucemia mieloide cronica in fase cronica resistenti o intolleranti al trattamento con TKI precedenti e altamente pretrattati hanno dimostrato di ottenere risposte profonde e durature con ponatinib 45 mg una volta al giorno nello studio registrativo di fase 2 PACE.

Tuttavia, dal momento che il profilo di tollerabilità con questo dosaggio non è risultato ottimale, soprattutto sul piano cardiovascolare, «è diventato importante fare successivamente uno studio di ottimizzazione della dose, che è appunto lo studio OPTIC» ha spiegato durante la presentazione dei dati Michael W. Deininger, della University of Utah di Salt Lake City

In questo studio, infatti, Deininger e i colleghi hanno valutato prospetticamente una strategia di riduzione del dosaggio basata sulla risposta, al fine appunto di ottimizzare il rapporto rischio beneficio di ponatinib.

Lo studio OPTIC
Lo studio OPTIC (Optimizing Ponatinib Treatment in CP-CML; NCT02467270) è un trial randomizzato internazionale, tuttora in corso, che ha coinvolto 283 pazienti con leucemia mieloide cronica in fase cronica che erano risultati resistenti o intolleranti ad almeno due TKI o che presentavano la mutazione di resistenza T315I del gene BCR-ABL1.

I partecipanti sono stati assegnati secondo un rapporto 1:1:1 al trattamento con diverse dosi iniziali di ponatinib: 45 mg (coorte A), 30 mg (coorte B) e 15 mg (coorte C) una volta al giorno. La dose di ponatinib è stata quindi ridotta a 15 mg tra i pazienti delle coorti trattate inizialmente con 45 mg e 30 mg e a 10 mg in quelli trattati inizialmente con 10 mg che raggiungevano livelli del trascritto BCR-ABL1IS pari o inferiori all’1%. In caso di perdita della risposta, i pazienti di queste ultime due coorti potevano tornare alla dose di partenza.

L’endpoint primario dello studio era la risposta citogenetica completa, cioè raggiungimento di livelli del trascritto BCR-ABL1IS pari o inferiori all’1% a 12 mesi, mentre gli endpoint secondari comprendono il tasso di risposta molecolare maggiore, il tasso di risposta citogenetica maggiore, la durata della risposta molecolare maggiore, il tempo di risposta, la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e la sopravvivenza globale (OS).
«Lo studio OPTIC è uno studio di ottimizzazione che è già stato pubblicato nel 2021 su Blood e ha già dimostrato che il migliore rapporto rischio-beneficio si ottiene nel braccio trattato inizialmente con 45 mg» ha ricordato Castagnetti, anche se tutti e tre i regimi di dosaggio hanno mostrato di fornire un beneficio in questa popolazione di pazienti largamente resistenti.

Al congresso dell’ASH gli autori hanno presentato un’analisi post-hoc approfondita dello studio OPTIC valutando le risposte in base al carico inziale di malattia, espresso come livelli del trascritto BCR-ABL1IS, e allo stato mutazionale al basale di BCR-ABL1. «L’obiettivo ultimo era capire se l’uso di ponatinib a dose piena fosse particolarmente importante in alcune categorie di pazienti» ha aggiunto l’esperto italiano.

Pazienti resistenti ai precedenti TKI
«Vorrei sottolineare che la maggior parte di questi pazienti, letteralmente quasi tutti, hanno interrotto il trattamento con i precedenti TKI perché diventati resistenti. Circa un terzo di essi presentava almeno un fattore di rischio cardiovascolare. E il miglior tasso di risposta al precedente TKI era stato di circa il 60%. Inoltre, circa un quarto dei pazienti era portatore della mutazione T315I, che è la più importante», ha affermato Deininger.

L’età mediana dei 94 pazienti della coorte A era di 46 anni (range: 19-81) e il 53% erano maschi. Il 99% aveva un performance status ECOG di 0 o 1, con una mediana di 5,5 mesi (range: 1-21) trascorsi dalla diagnosi. Il 34% presentava almeno un fattore di rischio cardiovascolare e il 98% aveva interrotto l’ultimo TKI perché diventato resistente al farmaco. Inoltre, il 79% aveva un livello di BCR-ABL1IS al basale > 10% e il 44% era portatore di una mutazione, che nel 27% dei casi era la T315I.

Nei 94 pazienti della coorte B, l’età mediana era di 51 anni (range, 21-77) e il 40% erano maschi. Il 99% aveva un performance status ECOG di 0 o 1 e il tempo mediano trascorso dalla diagnosi era di 5,1 anni (range: 1-29). Il 32% dei pazienti aveva almeno un fattore di rischio cardiovascolare e il 100% aveva interrotto un precedente TKI a causa della resistenza. L’86% dei pazienti aveva un livello di BCR-ABL1IS al basale > 10% e il 37% presentava una mutazione al basale, che nel 22% dei casi era la mutazione T315I.

Infine, nei 94 pazienti della coorte C, l’età mediana era di 49 anni (range: 18-81) e il 56% erano maschi. Tutti avevano un performance status ECOG di 0 o 1, con una mediana di 5,7 anni dalla diagnosi (range: 1-22). Il 34% presentava almeno un fattore di rischio cardiovascolare e tutti avevano interrotto un precedente TKI perché avevano sviluppato resistenza. Il 78% aveva un livello di BCR-ABL1IS al basale > 10%, il 42% era portatore di una mutazione al basale e nel 22% di essi tale mutazione era la T315I.

Tassi di riposta significativi indipendentemente dal carico di malattia al basale
Deininger ha presentato innanzitutto i risultati relativi ai tassi di BCR-ABL1IS ≤ 1% a 3 anni nelle tre coorti in funzione del livello di BCR-ABL1IS prima del trattamento: > 10% oppure ≤ 10%.

I dati mostrano che complessivamente si sono ottenuti tassi di risposta clinicamente significativi a prescindere dal burden iniziale della malattia, ma si è visto che i pazienti con livelli iniziali di BCR-ABL1IS più alti hanno ottenuto il beneficio maggiore con il regime che prevedeva un dosaggio iniziale di 45 mg, poi ridotti a 15 (coorte A).

Deininger ha fatto notare come nei pazienti con un carico di malattia al basale più basso (BCR-ABL1IS ≤ 10%), il tasso di risposta sia cambiato di poco passando dai 45 mg iniziali di ponatinib (coorte A) ai 30 mg iniziali (coorte B), mentre in quelli con carico di malattia più alto (BCR-ABL1IS > 10%) si sia osservata una decisa riduzione passando dal dosaggio più alto a quello intermedio.

Infatti, nei pazienti con BCR-ABL1IS > 10% il tasso di risposta è risultato del 51%, nella coorte A, 32% nella coorte B e 33% nella coorte C, mentre in quelli con BCR-ABL1IS ≤ 10% i tassi corrispondenti sono risultati rispettivamente del 68%, 75% e 42%.

«Pertanto, nei pazienti che all’inizio hanno un carico di malattia elevato certamente bisogna utilizzare la dose iniziale di 45 mg, mentre nei pazienti con livelli di trascritto più bassi  anche 30 mg come dose iniziale costituiscono un’ottima scelta. I 15 mg come dose iniziale andrebbero riservati a quei pazienti che presentano delle fragilità, con la consapevolezza che la risposta  al trattamento potrebbe essere inferiore rispetto all’atteso» ha osservato Castagnetti.

Risposte durature a prescindere dallo stato mutazionale di BCR-ABL1IS
I ricercatori hanno valutato i tassi di BCR-ABL1IS ≤ 1% a 3 anni nelle tre coorti anche in funzione dello stato mutazionale di BCR-ABL1IS: non mutato, con la mutazione T315I o con mutazioni diverse dalla T315I.

«Nella coorte trattata inizialmente con 45 mg non si sono osservate differenze significative fra i tre sottogruppi, con un tasso di risposta compreso fra il 54%, nei pazienti con il gene non mutato, e il 60%, in quelli portatori della mutazione T315I » ha detto Deininger.

Nella coorte in cui la dose iniziale era 30 mg si è osservata una riduzione notevole del tasso di risposta nel sottogruppo di pazienti con la mutazione T315I, che è risultato del 25%, e tale riduzione è risultata ancora più marcata nei pazienti con la mutazione T315I della corte trattata con il dosaggio più basso, 11%.

Invece, nei pazienti con BCR-ABL1IS non mutato o con mutazioni diverse dalla T315I il tasso di risposta è risultato di circa il 40% nella coorte B e del 42-47% nella coorte C.

«Di conseguenza, per i pazienti che presentano la mutazione T315I al momento dell’inizio della terapia con ponatinib è particolarmente importante utilizzare la dose piena, 45 mg, come dose iniziale; invece, per i pazienti con altre mutazioni o i pazienti senza mutazioni si è sempre osservato una risposta maggiore nel braccio trattato inizialmente con 45 mg, e risposte minori negli altri due bracci, ma in questo caso la differenza è risultata minore, per cui in questi pazienti si può scegliere i 45 mg come dose iniziale, se possibile, altrimenti si può utilizzare una dose inferiore» ha commentato Castagnetti.

Le risposte sono apparse complessivamente durature, in quanto la mediana della durata della risposta non è stata raggiunta nei vari sottogruppi, tranne in quelli dei pazienti con la mutazione T315I della coorte A (26,9 mesi) e in quelli della coorte B (12 mesi).

Buoni risultati di sopravvivenza con tutti e tre i dosaggi
Riguardo ai risultati di PFS e OS in funzione delle dosi di partenza di ponatinib, «si vede che non ci sono differenze significative fra le tre coorti di dosaggio» ha detto Daininger.

La PFS stimata a 36 mesi è risultata del 73,25% nella coorte A, 97,8% nella coorte B e 69,67% nella coorte C, mentre l’OS stimata a 36 mesi è risultata rispettivamente dell’89,29%, 88,58% e 91,71%.

Analizzando i dati di PFS in funzione dello stato mutazionale di BCR-ABL1IS, non si sono osservate differenze significative fra i tre sottogruppi (non mutato, con la mutazione T3151, con mutazioni diverse da T3151) nelle tre coorti di dosaggio. Invece, nei pazienti con la mutazione T3151, la PFS prevista a 36 mesi è risultata decisamente più alta nella coorte trattata all’inizio con 45 mg (75%) e la più bassa in quello trattato con 30 mg (47%). Un risultato analogo si è osservato nei pazienti con mutazioni diverse dalla T315I, in cui la PFS prevista a 36 mesi è risultata del 78% nella coorte trattata con 45 mg e 67% in quella trattata con 30 mg.

Nella coorte trattata con il dosaggio iniziale più alto, anche l’OS non ha mostrato differenze significative a seconda dello stato mutazionale di BCR-ABL1IS.

I dati di safety
Per quanto riguarda la sicurezza, il 100% dei pazienti nella coorte A, il 94% nella coorte B e il 95% nella coorte C hanno manifestato un evento avverso correlato al trattamento, che è stato di grado 3 o superiore rispettivamente nel 68%, 62% e 64% dei casi. «Non si sono osservate differenze significative nelle tre coorti di dosaggio» ha osservato Daininger.

I pazienti che hanno dovuto modificare il dosaggio a casa di eventi avversi insorti col trattamento sono stati rispettivamente il 73%, 65% e 61%.

«In generale, lo studio OPTIC ha dimostrato che una riduzione del dosaggio iniziale a un dosaggio minimo sufficiente per un mantenimento della risposta riduce chiaramente l’incidenza degli eventi avversi. Infatti, nello studio OPTIC complessivamente il tasso di eventi avversi, in particolare quelli di natura cardiovascolare, è risultato sicuramente inferiore rispetto, per esempio, a quello riscontrato nello studio PACE» ha commentato Castagnetti.

«Dunque, una riduzione della posologia non dettata dalla comparsa di tossicità ma in seguito al raggiungimento della risposta (così com’è stato fatto nello studio OPTIC, ndr) consente un miglioramento del profilo di tollerabilità di ponatinib. Tuttavia, alcuni pazienti possono presentare caratteristiche di malattia per le quali la probabilità di risposta, se si utilizzano i dosaggi iniziali più bassi, si riducono; tali dosaggi, pertanto possono essere utilizzati soltanto in categorie di pazienti selezionate» ha aggiunto il Professore.

In conclusione
«I dati presentati convalidano ulteriormente il vantaggio dell’utilizzo di ponatinib dopo un TKI di seconda generazione per i pazienti con malattia resistente, indipendentemente dal carico di malattia, e dalla presenza o meno della mutazione di T315I», ha concluso Deininger.

Bibliografia
M. Deininger, et al. Post Hoc Analysis of Responses to Ponatinib in Patients with Chronic-Phase Chronic Myeloid Leukemia (CP-CML) by Baseline BCR-ABL1 Level and Baseline Mutation Status in the Optic Trial. Blood (2021) 138 (Supplement 1): 307. Link