Insufficienza renale cronica: benefici con antialdosteronici


Insufficienza renale cronica: il trattamento con gli antialdosteronici può impedire il ricorso alla dialisi e al trapianto

Insufficienza renale cronica: il trattamento con gli antialdosteronici può impedire il ricorso alla dialisi e al trapianto

In una popolazione ambulatoriale del mondo reale, l’uso degli antagonisti del recettore mineralcorticoide (MRA) – o antialdosteronici – in pazienti con malattia renale cronica (CKD) è stato associato a tassi più bassi di inizio della terapia sostitutiva renale rispetto al mancato utilizzo, secondo quanto riportato da uno studio pubblicato online su “Hypertension”.

Più precisamente, in base ai risultati della ricerca, l’uso degli MRA in pazienti con una velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) compresa tra 10 ml/min/1,73 m2 e 60 mL/min/1.73 m2 era legato a tassi più bassi di emodialisi cronica, dialisi peritoneale o trapianto di rene.

«Prevenire l’insufficienza renale con la terapia sostitutiva è un obiettivo finale del trattamento per i pazienti con CKD. Sfortunatamente, il numero globale di pazienti che ricevono la terapia sostitutiva renale è in aumento, nonostante le terapie raccomandate dalle linee guida per la CKD, incluso l’uso di ACE-inibitori e bloccanti del recettore dell’angiotensina II» scrivono i ricercatori, guidati da Tatsufumi Oka, del dipartimento di nefrologia dell’Università di Osaka (Giappone)..

«Ciò» spiegano «potrebbe essere in parte dovuto al fenomeno della svolta (‘breaktrough’) dell’aldosterone» [ovvero l’aumento dei livelli sierici di aldosterone >10% rispetto ai valori basali al follow-up a 6 e 12 mesi. NdR]. «In particolare, non si hanno prove del mondo reale relativi all’associazione tra l’uso di MRA e gli esiti renali ‘hard’, compresa l’insufficienza renale con terapia sostitutiva».

Studio retrospettivo su oltre 3.000 pazienti ambulatoriali con CKD
Per colmare questa lacuna conoscitiva, Oka e colleghi hanno condotto uno studio retrospettivo che ha incluso 3.195 pazienti ambulatoriali adulti con CKD afferenti al dipartimento di nefrologia dell’ospedale universitario di Osaka dal 2005 al 2018.

L’uso di MRA è stato definito come la somministrazione di spironolattone, eplerenone o canrenoato di potassio. L’esito primario era l’inizio della terapia sostitutiva renale, definita come emodialisi cronica, dialisi peritoneale o trapianto di rene.

Tassi molto inferiori di inizio della terapia sostituitva renale con l’uso degli MRA
Al basale, l’età mediana dei partecipanti era di 66 anni e l’eGFR era di 38,4 ml/min/1,73 m2. Durante un follow-up mediano di 5,9 anni, 770 pazienti hanno ricevuto MRA, 211 sono morti e 478 hanno iniziato la terapia sostitutiva renale.

I ricercatori riferiscono che l’uso di MRA era associato a un tasso inferiore del 28% di inizio della terapia sostitutiva renale (HR = 0,72; IC 95%, 0,53-0,98; P = 0,039) e a un tasso inferiore del 24% del composito di inizio della terapia sostitutiva renale e morte rispetto al mancato utilizzo (HR = 0,76; IC 95%, 0,59-0,99; P = 0,046).

Oka e colleghi hanno osservato un’associazione simile favorevole all’uso di MRA rispetto al non utilizzo per il composito dell’esito primario più eGFR raggiunto inferiore a 15 ml/min/1,73 m2 e inizio della terapia sostitutiva renale (HR = 0,75; IC 95%, 0,57-0,99; P = 0,045).

Secondo lo studio, l’uso di MRA è stato anche associato a un minor rischio di progressione della proteinuria rispetto al non utilizzo (HR = 0,75; IC 95%, 0,59-0,95). Sebbene l’incidenza di iperkaliemia fosse maggiore tra i pazienti che assumevano MRA, il risultato non era significativo (HR = 1,14; IC 95%, 0,88-1,48).

Ulteriori dettagli da un’analisi di sensibilità
In una successiva analisi di sensibilità, i ricercatori hanno escluso i pazienti che stavano assumendo MRA da meno di 1 anno e hanno osservato un’associazione un po’ più forte tra l’uso di MRA e l’inizio della terapia sostitutiva (HR = 0,58; IC 95%, 0,4-0,85).

Inoltre, gli MRA a dosi più elevate sono stati associati a una maggiore riduzione del rischio di inizio della terapia sostitutiva (P per trend < 0,01). Questo risultato è rimasto significativo quando l’uso di MRA è stato ridefinito come uso di solo spironolattone.

«Il presente studio ha dimostrato per la prima volta che l’uso di MRA è significativamente associato a un minor rischio di inizio della terapia sostitutiva renale in una popolazione di pazienti con CKD del mondo reale» scrivono i ricercatori.

«Questa associazione è stata costantemente osservata in pazienti con e senza diabete, in quelli con CKD avanzata e con proteinuria conclamata, alcuni dei quali non sono stati inclusi nel recente studio FIDELIO-DKD, che ha chiarito l’effetto nefroprotettivo del finerenone. Il presente studio mette in luce l’uso degli MRA, che può rafforzare i piani di trattamento convenzionali per vari pazienti con CKD non in dialisi».

Riferimento bibliografico:
Oka T, Sakaguchi Y, Hattori K, et al. Mineralocorticoid Receptor Antagonist Use and Hard Renal Outcomes in Real-World Patients With Chronic Kidney Disease. Hypertension. 2022 Jan 14. doi: 10.1161/HYPERTENSIONAHA.121.18360. [Epub ahead of print] Link