Ftalati: sostanze chimiche pericolose molto diffuse ma poco conosciute


Una scheda dell’Inail analizza gli ftalati, usati come plastificanti in manufatti diversi e materiali per costruzioni ma anche come solventi e componenti di cosmetici

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La loro presenza è stata individuata anche in ambiti non industriali, come ad esempio nell’uso di smalti per unghie, e questo ha permesso, in numerosi approfondimenti scientifici, di individuare una esposizione specifica delle estetiste, impegnate per molta parte del loro lavoro nella cura delle unghie. Parliamo degli ftalati, prodotti chimici che vengono aggiunti alle materie plastiche per migliorarne flessibilità e modellabilità, classificati in larga misura come tossici per la riproduzione umana. Agli effetti di queste molecole sulla salute endocrina dei lavoratori è ora dedicato un factsheet curato dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (Dimeila) dell’Inail, consultabile online sul portale dell’Istituto.

Dai solventi ai sigillanti, quasi un secolo di impiego industriale.  Ampiamente utilizzate a livello industriale già dal 1930, queste molecole si presentano tra loro con una struttura simile. Quelle con maggiore peso molecolare sono usate come agenti plasticanti e adesivi sigillanti nei prodotti di confezionamento alimentare e nei dispositivi medici. Come solventi, in cosmetici e prodotti per la casa e per la persona vengono invece impiegate quelle con un peso minore.

Conseguenze negative anche su reni e fegato. Variamente documentate dalla letteratura scientifica anche le loro ripercussioni sulla salute umana. Come viene riportato nella scheda del Dimeila, alcuni ftalati, agendo come xeno-estrogeni, possono interagire con i recettori ormonali femminili o causare effetti anti-androgenici nell’uomo con abbassamento dei livelli di testosterone. Secondo studi recenti, inoltre, alte dosi di esteri dell’acido ftalico possono avere effetti avversi sul fegato e sui reni.

Ampia diffusione tra popolazioni a utilizzo elevato di prodotti commerciali. Di interesse anche la ripartizione geografica della diffusione degli ftalati, che segue l’incremento della produzione economica. A partire dal 2011, numerose ricerche hanno evidenziato un’esposizione crescente agli ftalati tra le popolazioni europee e di Messico, Taiwan, Cina ed Egitto, mentre negli Stati Uniti è stata disposta un’indagine periodica quinquennale su campioni di 5mila soggetti. E proprio l’utilizzo così diffuso ne ha dimostrato, con maggiore chiarezza, le caratteristiche di pericolosità legate al sistema endocrino. Quanto alle fonti espositive nella popolazione generale, esse sono individuate principalmente nell’assorbimento dermico di prodotti con ftalati, nella contaminazione alimentare e in trattamenti parenterali con dispositivi medici.

Gli ftalati nella normativa comunitaria. Nel factsheet viene descritto l’inquadramento normativo, con le azioni predisposte dal legislatore europeo dal 1979 in poi per tutelare i consumatori da esposizioni improprie. Oggi le restrizioni relative ad alcuni tipi di ftalati sono aumentate e riguardano determinati materiali destinati al contatto con alimenti, inseriti nel regime autorizzativo REACH (Registration Evaluation and Authorization of Chemicals).

Le misure di protezione per i lavoratori. Riguardo agli ambienti lavorativi, gli ftalati rientrano fra gli “agenti chimici” evidenziati dal decreto legislativo 81/2008. Ne consegue l’applicazione di ogni misura di prevenzione e protezione idonea a ridurre o eliminare l’esposizione dei lavoratori a queste sostanze, oltre a garantire loro una manipolazione dei prodotti in tutta sicurezza. A questo proposito, la scheda richiama opportunamente il ruolo del medico competente nella valutazione sull’inserimento degli indicatori di funzionalità endocrina nel protocollo di sorveglianza sanitaria, con una anamnesi estesa alla salute riproduttiva per l’esame di situazioni potenziali di rischio precoce.