Sclerosi multipla: replezione delle cellule B non influisce su ocrelizumab


Sclerosi multipla: nessuna conseguenza sull’efficacia di ocrelizumab dall’eventuale replezione delle cellule B secondo un nuovo studio

Sclerosi multipla: nessuna conseguenza sull'efficacia di ocrelizumab dall'eventuale replezione delle cellule B secondo un nuovo studio

Fino a un terzo dei pazienti con sclerosi multipla (SM) trattati con l’anticorpo monoclonale ocrelizumab, che agisce attraverso la deplezione delle cellule B, mostra un certo grado di replezione di tali cellule verso la fine del ciclo di infusione di 6 mesi. Tuttavia, non vi sono corrispondenti peggioramenti dei sintomi o segni di un effetto “di logoramento”. È quanto mostra una nuova ricerca presentata al Consortium of Multiple Sclerosis Centers (CMSC) 2021 Annual Meeting.

«La maggior parte delle persone si aspetta che, trattandosi di un farmaco che esaurisce le cellule B, se non si ha deplezione di queste ultime, allora ciò dovrebbe avere riflessi clinici» ha detto Joshua D. Katz, condirettore dell’Elliot Lewis Center for Multiple Sclerosis Care di Wellesley (Massachusetts) e coautore dello studio. In realtà, non abbiamo osservato alcun effetto negativo, ha specificato.

Sottostudio del trial ‘real-world’ ACAPELLA
Gli studi clinici precedenti all’approvazione di ocrelizumab suggeriscono che circa il 5% dei pazienti sperimenta una replezione di cellule B. Tuttavia, i tempi e l’associazione con sintomi “di svolta” (breakthrough) non erano chiari.

Per indagare sul punto, Katz e colleghi hanno condotto due studi. Il primo (1) è un sottostudio del trial prospettico ACAPELLA volto a valutare gli eventi avversi associati a ocrelizumab in una popolazione del mondo reale.

Lo studio ha incluso 294 pazienti con forme recidivanti e progressive di SM trattati con almeno due cicli di ocrelizumab, somministrati per infusione una volta ogni 6 mesi. I risultati hanno mostrato che, nel complesso, 91 (31%) dei 294 pazienti avevano un certo grado di replezione in uno o più punti temporali.

Classificando i pazienti in base alla loro misurazione più alta di CD19 dopo due cicli, 108 pazienti (64,7%) non hanno avuto una significativa replezione di cellule B dopo infusione, definita da un aumento inferiore a 10 cellule/μL, mentre 45 (26,9%) sono stati considerati lievi “repleter”, definiti dall’avere aumenti di 10-49 cellule/μL. Sette pazienti (4,2%) erano ‘repleter’ moderati, con un aumento di 50-79 cellule/μL, e 7 (4,2%) sono stati classificati come ‘repleter’ marcati, con aumenti di 80 o più cellule/μL.

Otto pazienti nello studio hanno avuto una replezione completa, con valori compresi tra 114 e 319 cellule/μL, che si sono verificate tra 23 e 34 settimane dall’ultima infusione. Tuttavia, non vi era alcuna relazione tra la replezione delle cellule B e l’evidenza clinica o alla risonanza magnetica (MRI) di recidiva.

Deplezione in aumento con l’esposizione cumulativa al farmaco
Da notare come la percentuale di pazienti che non hanno avuto la replezione di cellule B sia aumentata con un numero maggiore di infusioni. Mentre il 64,7% erano ‘non-repleter’ al ciclo 2, tale  numero è aumentato all’88,8% dal ciclo 6, con un leggero calo all’85,6% di non-repleters dal ciclo 7 (36 mesi).

«La lieve replezione di cellule B era abbastanza comune dopo due cicli di ocrelizumab, ma con il dosaggio ripetuto, una percentuale maggiore di pazienti non era ‘non-repleter’, suggerendo che l’esposizione cumulativa a ocrelizumab si traduce in una maggiore deplezione» ha osservato Katz.

Tuttavia, «mentre il numero di repleter moderati o marcati nel nostro studio era piccolo, questi avevano la tendenza a rimanere repleter nel tempo con infusioni successive» ha aggiunto. Osservando le caratteristiche del paziente, i repleters moderati e marcati avevano un BMI medio più elevato (34,1 e 32,6, rispettivamente) rispetto ai non-repleter e a quelli lievi (rispettivamente 27,0 e 29,4; P < 0,0001).

Katz ha osservato che l’aumento del rischio di replezione di cellule B con un BMI (body mass index) più elevato non è stata una sorpresa. Questa associazione, ha detto, «ha senso» perché l’esposizione relativa dei pazienti a ocrelizumab diminuisce con un BMI più elevato. Modelli simili con BMI sono stati osservati nello studio clinico per l’approvazione di ocrelizumab, in cui i pazienti con BMI più basso tendevano ad avere un miglioramento maggiore.

Nessun peggioramento dei sintomi
Nel secondo studio (2), i ricercatori hanno ulteriormente esaminato i cambiamenti nel carico dei sintomi legati alla quantità di tempo dall’infusione di ocrelizumab. Hanno valutato 110 pazienti, di età compresa tra 18 e 80 anni (età media 44,8) che avevano punteggi EDSS (Expanded Disability Status Scale) compresi tra 0 e 7. I partecipanti allo studio stavano iniziando ocrelizumab o erano stati in trattamento con il farmaco per almeno 1 anno.

Il carico dei sintomi è stato valutato con il “Neurological Disorders (Neuro-Qol) questionnaire” e i “SymptoMScreen patient-reported outcomes” all’inizio dello studio verso la settimana 4 e verso la fine del ciclo di infusione di ocrelizumab, alla settimana 22.

I ricercatori hanno scoperto che tra i 69 partecipanti che hanno risposto ai questionari, non c’erano differenze significative alla settimana 22 rispetto alla settimana 4 in una vasta gamma di sintomi, tra cui deambulazione, spasticità, dolore, affaticamento, funzione cognitiva, vertigini e depressione.

L’unico cambiamento nel punteggio Neuro-QoL si è riscontrato nel dominio dei disturbi del sonno, che è migliorato marginalmente alla fine del ciclo (P = 0,052). Questo studio non ha valutato i cambiamenti nella conta delle cellule B.

Katz ha osservato che l’inclusione di pazienti di età superiore ai 55 anni nello studio ha offerto importanti spunti. «La nostra ipotesi era che avremmo iniziato a vedere un più alto tasso di complicanze nelle persone che sono più anziane e possono essere a più alto rischio di infezione e disabilità» ha spiegato. «Finora, però, non abbiamo visto alcun aumento del rischio nei pazienti più anziani o in quelli con maggior grado di disabilità rispetto al resto della popolazione in studio: un dato positivo».

Fonti:
(1) Junquist RMM, et al. ACAPELLA: B-cell Reconstitution in Ocrelizumab-Treated Patients, 2021 Update. Consortium of Multiple Sclerosis Centers (CMSC) 2021 Annual Meeting: Abstract DMT59. Link

(2) Junquist RMM, et al. Is There ‘Wearing-Off’ with Ocrelizumab? Preliminary Results of SYMptom Burden on Ocrelizumab, a Longitudinal Study (SYMbols). Consortium of Multiple Sclerosis Centers (CMSC) 2021 Annual Meeting: Abstract DMT58. Link