Nuove opzioni di cura per la Tromboastenia di Glanzmann


Tromboastenia di Glanzmann, nuove opportunità terapeutiche per una patologia orfana di cura. Parla la prof.ssa Erica De Candia

tromboastenia di glanzmann

Nei libri di medicina si colloca generalmente insieme alla trombocitopenia immune e all’emofilia, malattia, quest’ultima, con cui condivide la più classica delle manifestazioni: l’emorragia. Si tratta della tromboastenia di Glanzmann, un difetto dell’emostasi che determina un’anomala attività delle piastrine e che conduce a una tendenza al sanguinamento, come nel caso del piccolo Giovanni Maria che, all’età di quattro anni, già chiede una spiegazione per i tanti lividi presenti sulle sue gambe.

La tromboastenia di Glanzmann è un’anomalia congenita della funzionalità piastrinica che determina un fenotipo emorragico”, spiega Erica De Candia, dell’U.O.S.D. Malattie Emorragiche e Trombotiche della Fondazione Policlinico-Universitario Gemelli IRCCS, Professore Associato di Medicina Interna presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia Traslazionale dell’Università Cattolica Sacro Cuore, Roma. “Fin dalla nascita, chi soffre di questa patologia ha una predisposizione alle emorragie spontanee, che si osservano soprattutto a livello della cute e delle mucose, e a quelle provocate da lesioni o interventi chirurgici. Non è una malattia di tipo evolutivo, per cui le caratteristiche del fenotipo emorragico rimangono costanti per tutto il corso della vita ma, se prolungati, i sanguinamenti possono costituire un serio pericolo per i pazienti”.

Trasmissibile con modalità autosomica sia dominante che recessiva, la tromboastenia di Glanzmann è una malattia causata da mutazioni a danno del gene che codifica per una parte del complesso della glicoproteina IIb/IIIa (GPIIb/IIIa), che nella sua forma attivata funziona come recettore per il fibrinogeno e determina la formazione degli aggregati piastrinici. Tali aggregati, in presenza di una lesione vascolare, formano un ‘tappo’ che arresta la fuoriuscita di sangue e quindi l’emorragia. In mancanza di una normale funzione del complesso GPIIb/IIIa, il tappo piastrinico non si forma dove il vaso è leso e le perdite di sangue non si arrestano. “La malattia – prosegue De Candia – può costituire un problema per le persone anziane, nelle quali la genesi di lesioni intestinali (angiodisplasie) associate al quadro della malattia può portare a gravi e ricorrenti emorragie, e anche per le donne in età fertile, che possono presentare un sanguinamento particolarmente abbondante durante le mestruazioni e che, soprattutto, hanno un maggior rischio di emorragia al momento del parto”.

Purtroppo, non esiste una cura specifica per la tromboastenia di Glanzmann: nella gran parte dei casi si fa ricorso a terapie emostatiche a base di farmaci antifibrinolitici e a trasfusione di piastrine, specialmente in previsione di interventi chirurgici o per il controllo del sanguinamento acuto. Nei casi più gravi è stato tentato un trapianto di midollo per sostituire le cellule progenitrici che danno origine alle piastrine, i megacariociti, ma si tratta di un’opzione che comporta elevati rischi per i pazienti. “Esiste anche un farmaco, eptacog alfa, che contiene un fattore VII della coagulazione prodotto con la tecnica del DNA ricombinante”, aggiunge ancora De Candia. “Attualmente viene usato per il trattamento di alcuni pazienti affetti da emofilia e per quelli con tromboastenia di Glanzmann che hanno sviluppato una refrattarietà alle trasfusioni piastriniche o che hanno sviluppato gli anticorpi anti-glicoproteina IIb/IIIa, a causa dei quali le trasfusioni piastriniche perdono efficacia. In questo momento, l’indicazione all’uso di eptacog alfa per la tromboastenia di Glanzmann è limitata ai pazienti con refrattarietà piastrinica o all’indisponibilità di piastrine per la trasfusione, ma sarebbe opportuno andare oltre queste limitazioni proponendo il farmaco anche a categorie come le donne in età fertile, per evitare lo sviluppo di anticorpi contro le glicoproteine piastriniche di membrana che poi, attraversando la placenta, possono suscitare trombocitopenia alloimmune ed emorragia nel neonato”.

Si intravede, pertanto, la possibilità di estendere la platea delle persone affette da tromboastenia di Glanzmann a cui proporre il farmaco. “Questo consentirebbe di disporre di due opzioni di trattamento, trasfusioni piastriniche ed eptacog alfa, entrambe valide ed efficaci. Infatti, ci sono situazioni in cui gli ospedali potrebbero trovarsi in carenza di concentrati piastrinici e, perciò, sarebbe utile poter avere anche la disponibilità del farmaco, da usare in alternativa”, precisa De Candia. “La tromboastenia di Glanzmann è una patologia orfana di terapie ed eptacog alfa ha una grande validità nella gestione delle emorragie acute. Averlo a disposizione equivale ad avere nella faretra una freccia in più da scagliare contro la malattia”.

Va anche considerato che, come già anticipato, in alcuni pazienti con tromboastenia di Glanzmann la malattia può essere refrattaria alla terapia con trasfusioni di piastrine. “Il criterio su cui si basa l’eventuale resistenza al trattamento è di norma un criterio clinico e si fonda sul mancato incremento della conta delle piastrine in seguito a trasfusione di concentrati piastrinici”, chiarisce la prof.ssa De Candia. “Il mancato incremento della conta piastrinica equivale a un criterio molto più fruibile del dosaggio degli anticorpi anti-GPIIb/IIIa, un esame che viene eseguito solo in pochissimi centri ad elevata specializzazione”. Inoltre, sebbene con un sanguinamento in atto la trasfusione di piastrine sia una pratica salvavita, essa non è esente da alcuni rischi. “L’insorgenza di reazioni allergiche e di quelle che vengono chiamate TRALI (transfusion-related acute lung injury), cioè delle reazioni infiammatore che possono causare edema polmonare, rende l’opzione eptacog alfa molto interessante in quei pazienti in cui sia già stata valutata l’assenza di un rischio trombotico e cardiovascolare”, aggiunge De Candia. La somministrazione di fattore VII ricombinante, infatti, va attentamente valutata, dal momento che questo farmaco svolge il suo effetto attivando la cascata coagulativa e presenta, per tale motivo, un aumento del rischio trombotico in pazienti anziani e/o con fattori di rischio per la trombosi. In questi casi, quindi, l’utilizzo di eptacog alfa è subordinato all’esecuzione di una serie di esami per lo studio dell’emostasi e all’attenta valutazione dello stato del paziente.

“Detto ciò – specifica De Candia – eptacog alfa potrebbe comunque essere utile nei giovani pazienti con tromboastenia di Glanzmann, che possono andare incontro a emorragie anche gravi in età precoce”, come accaduto nel caso del piccolo Giovanni Maria, che ha presentato un’emorragia cerebrale alla nascita, fortunatamente senza conseguenze. “Avere un farmaco in grado di risolvere subito un’emorragia acuta e potenzialmente fatale è fondamentale”, conclude Erica De Candia. Una notizia che farà felici gli appartenenti alla neonata Associazione Italia Tromboastenia di Glanzmann (AITG), schierata al fianco dei pazienti e impegnata a sostenere la ricerca contro questa rara patologia.

FONTE: OSSERVATORIO MALATTIE RARE