Deficit di AADC: l’importanza della diagnosi precoce


Deficit di AADC: l’efficacia della terapia dipende dalla tempestività della diagnosi. Ecco le caratteristiche cliniche e la patogenesi di questa rara malattia

Deficit di AADC: l’efficacia della terapia dipende dalla tempestività della diagnosi

“Nel corso della mia carriera medico-scientifica, uno dei principali interessi di ricerca che ho mantenuto nel corso degli anni è stato la classificazione clinica, biochimica e genetica dei disturbi del movimento del bambino […]. Tra di essi annoveriamo anche il deficit di AADC (deficit di decarbossilasi degli L-aminoacidi aromatici)”. Comincia così l’intervento del professor Vincenzo Leuzzi, direttore dell’Istituto di Neuropsichiatria infantile dell’Università “Sapienza” di Roma, protagonista, insieme alla dott.ssa Miryam Carecchio, medico ricercatore presso la Clinica neurologica del dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova, di un video educativo recentemente pubblicato online e incentrato proprio sul deficit di AADC.

I disturbi del movimento nel bambino: un gruppo eterogeneo di patologie

I disturbi del movimento (MD) in età evolutiva costituiscono un insieme di patologie estremamente eterogenee per presentazione clinica, patogenesi ed eziologia. “La classificazione degli MD è di difficile definizione, soprattutto nei bambini, in quanto i principali quadri clinici sono mutuati dalla patologia dell’adulto, ma nei piccoli pazienti la situazione è diversa, eterogenea e in continua mutazione per la caratteristica età di sviluppo”, spiega il prof. Vincenzo Leuzzi.

La diagnosi differenziale fra le patologie metaboliche e degenerative compatibili con un quadro di ritardo nell’acquisizione degli step psicomotori e di disturbo del movimento è quindi decisamente complessa. Un numero crescente di malattie metaboliche esordisce con disturbi del movimento e richiede una terapia specifica la cui efficacia è legata alla precocità della diagnosi. Ne sono un esempio l’aciduria glutarica tipo I, l’aciduria metilmalonica o i deficit di sintesi delle amine biogene. “Dal punto di vista epidemiologico – continua Leuzzi – possiamo dire che questi ultimi rappresentano la causa più frequente dei disturbi del movimento su base genetica nel bambino. Tra di essi, il deficit di AADC è la prima causa di disturbo del movimento per la quale è disponibile una terapia genica, ormai vicina all’approvazione”.

Il deficit di AADC

Il deficit di decarbossilasi degli L-aminoacidi aromatici è una malattia monogenica ereditaria a trasmissione autosomica recessiva. Deriva da mutazioni bialleliche nel gene DDC, che codifica per l’enzima AADC. “Questo significa che il fenotipo patologico si manifesta solo quando nel genotipo dell’individuo sono presenti entrambi gli alleli responsabili”, spiega la dottoressa Miryam Carecchio. “Il bambino affetto da deficit di AADC, quindi, nasce da due genitori portatori sani della malattia ed eredita da entrambi la mutazione patologica”.

Una carenza di AADC a livello encefalico porta a una serie di alterazioni biochimiche che causano la mancata sintesi di alcuni neurotrasmettitori: principalmente serotonina e dopamina, ma anche epinefrina e norepinefrina. La mancanza di questi neurotrasmettitori nel sistema nervoso centrale si traduce, principalmente, in un ritardo nell’acquisizione delle tappe psicomotorie, che è spesso il primo elemento di sospetto che induce i genitori a portare il bambino all’attenzione dei medici.

I segni neurologici più comuni del deficit di AADC – prosegue la dott.ssa Carecchio – che si evidenziano in più del 65% dei pazienti, sono ipotonia (riduzione del tono muscolare), spesso associata a ipertonia prossimale, bradicinesia e ipocinesia (povertà e lentezza generale dei movimenti spontanei degli arti), crisi oculogire (deviazioni toniche dei globi oculari soprattutto verso l’alto), ptosi palpebrale (abbassamento di una o entrambe le palpebre superiori), sudorazione eccessiva e distonia (posture anomale). Sintomi meno comuni, ma non meno importanti, possono essere: disturbi del sonno, instabilità della temperatura corporea, irritabilità, disforia e altri disturbi che possono ricordare lo spettro autistico. Spesso sono presenti anche manifestazioni non neurologiche di tipo gastrointestinale o endocrinologico, come reflusso gastroesofageo, diarrea, scarso accrescimento staturo-ponderale e difficoltà ad alimentarsi. A volte, ad esempio, questi bambini giungono all’attenzione del gastroenterologo o dell’endocrinologo manifestando crisi ipoglicemiche non spiegate”.

La diagnosi

Generalmente, i sintomi neurologici del deficit di AADC iniziano a manifestarsi entro i primi sei mesi di vita, con una media, secondo gli studi più recenti, di 2,7 mesi di età. Nonostante ciò, la diagnosi della patologia giunge mediamente intorno ai tre anni e mezzo di età. “Si tratta di un ritardo diagnostico importante – sottolinea la dott.ssa Carecchio – dovuto in parte al fatto che questa condizione simula altre patologie dell’età neonatale. I sintomi, infatti, sono aspecifici e possono portare a diagnosi confondenti, come la paralisi cerebrale infantile, alcune malattie mitocondriali o encefalopatie epilettiche e i disturbi dello spettro autistico”.

In realtà, tutti i segni e sintomi manifestati dai piccoli pazienti con deficit di AADC sono riconducibili a una carenza multipla di neurotrasmettitori a livello encefalico. L’enzima AADC, infatti, è responsabile della decarbossilazione della levodopa (precursore della dopamina) e del 5-idrossitriptofano (precursore della serotonina), processo che rappresenta il passaggio finale della sintesi dei due neurotrasmettitori monoaminici principali, ossia, appunto, la dopamina e la serotonina. A causa del deficit di AADC, quindi, si verifica un blocco metabolico e la mancata sintesi di questi e altri neurotrasmettitori. “Tutto ciò porta a due conseguenze”, afferma la dottoressa Carecchio. “La prima è che i precursori di dopamina e serotonina saranno aumentati in concentrazione, perché si accumulano senza essere ulteriormente metabolizzati; la seconda è che i prodotti di degradazione (acido 5-idrossiindolacetico e acido omovanillico) non verranno rinvenuti se non in concentrazioni infinitesimali”.

Capire questi meccanismi è importante perché sono alla base del percorso diagnostico del deficit di AADC, che prevede, appunto, un’analisi dei neurotrasmettitori, dei loro precursori e dei loro metaboliti nel liquor cerebrospinale, che può essere ottenuto tramite rachicentesi (puntura lombare). Oltre a questo tipo di test, che nel 1990 ha permesso di identificare per la prima volta la patologia, si possono effettuare altri esami, come i dosaggi di alcuni acidi organici nelle urine o nel sangue, e i test per verificare l’attività enzimatica. “Infine – precisa la dott.ssa Carecchio – c’è lo screening genetico, a seguito del quale ci aspettiamo di trovare due mutazioni patologiche: una ereditata dal padre e una dalla madre”.

Il trattamento

Nel deficit di AADC, il trattamento farmacologico di prima linea si avvale dell’uso di agonisti dopaminergici e inibitori delle MAO (monoamino-ossidasi), in dosaggi variabili da paziente a paziente. Le terapie sintomatiche di seconda linea, invece, mirano al miglioramento di alcuni aspetti, come la distonia o le alterazioni comportamentali, e prevedono la somministrazione di farmaci anticolinergici o di benzodiazepine. “Altri farmaci potrebbero rendersi necessari in condizioni particolari, ad esempio per trattare i disturbi gastroenterologici”, aggiunge la dott.ssa Carecchio. “Molto efficaci, se cominciate precocemente, sono inoltre le terapie fisiche, riabilitative e logopediche”.

Purtroppo, le attuali opzioni di trattamento per il deficit di AADC sono limitate, perché non sono disponibili farmaci specifici ma si utilizzano molecole mutuate da altre condizioni patologiche che riguardano l’età adulta, principalmente la malattia di Parkinson. In molti casi, inoltre, la terapia farmacologica non apporta grandi benefici, anche se alcuni pazienti hanno mostrato miglioramenti significativi grazie alle attuali strategie di intervento. “Per i pazienti con deficit di AADC la prognosi è incerta ma, indubbiamente, la diagnosi precoce della patologia consente l’avvio tempestivo del trattamento, garantendo minori danni e minor ritardo nell’acquisizione delle tappe psicomotorie”, sottolinea miryam Carecchio. “E poi c’è la terapia genica – conclude il prof. Leuzzi – che potrebbe davvero rivelarsi una cura risolutiva per questa grave e rara malattia”.

Per approfondimenti, guarda il video educativo sul deficit di AADC.

FONTE: OSSERVATORIO MALATTIE RARE