Realtà virtuale e neuroni specchio dopo un ictus


Per la riabilitazione dopo un ictus un aiuto può arrivare dai neuroni specchio e dalla realtà virtuale: parte uno studio dell’AOU di Parma

Ictus ischemico da grandi vasi: il trattamento endovascolare può ampliare la finestra terapeutica fino a 10 giorni secondo un nuovo studio

Valutare l’efficacia di un nuovo intervento riabilitativo per pazienti con conseguenze da ictus cerebrale partendo dalla terapia dell’osservazione e imitazione dell’azione (Action-Observation therapy) abbinata all’utilizzo della realtà virtuale. È l’obiettivo dello studio promosso dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma e coordinato dal Centro Cardinal Ferrari – Santo Stefano Riabilitazione (Gruppo KOS), a cui partecipano l’Università di Parma e l’Istituto Clinico Quarenghi di San Pellegrino Terme.

Sono 94 i pazienti che verranno reclutati presso il Centro Cardinal Ferrari – Santo Stefano Riabilitazione (Gruppo KOS) e l’istituto Clinico Quarenghi di San Pellegrino Terme. Si tratta di pazienti con diagnosi clinica di ictus cerebrale, di età compresa tra i 30 e 70 anni, che abbiano superato la fase acuta, ovvero quel periodo che segue l’evento traumatico in cui si attivano dei meccanismi di compensazione e avviene un recupero spontaneo.

Il progetto, finanziato con uno Starting Grant del Ministero della Salute per un valore di 130mila euro ha una durata di tre anni e vede coinvolti per la parte di sperimentazione clinica il Centro Cardinal Ferrari – Santo Stefano Riabilitazione (Gruppo KOS) e l’Istituto Clinico Quarenghi di San Pellegrino Terme, oltre alla Struttura Complessa di Neuroradiologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma, diretta da Roberto Menozzi, per la parte diagnostica.

Antonio de Tanti, fisiatra e direttore clinico del Centro Cardinal Ferrari – Santo Stefano Riabilitazione (Gruppo KOS) commenta“L’ictus cerebrale (stroke) è una delle cause più importanti di disabilità in età adulta, e più del 60% dei sopravvissuti presenta deficit motori, in particolare agli arti superiori e difficoltà nella manipolazione degli oggetti. Ad oggi la riabilitazione prevede un approccio chiamato Action Observation therapy: al paziente viene chiesto di osservare un attore compiere ripetutamente azioni di vita quotidiana – mescolare lo zucchero in una tazzina, versare l’acqua, maneggiare un cacciavite – e cercare di riprodurre il movimento. Un processo che attiva i cosiddetti ‘neuroni specchio’, scoperti dall’équipe del professor Giacomo Rizzolatti all’Università di Parma negli anni ‘90. L’attivazione di questi neuroni induce ad una facilitazione dell’azione e quindi a un apprendimento motorio più rapido”.

Per la prima volta, attraverso questo studio randomizzato, alla Action-Observation therapy verranno applicate le tecniche della realtà virtuale.

Ai pazienti verrà chiesto di eseguire semplici azioni in un contesto di realtà virtuale grazie a dei guanti e sensori posizionati sul braccio che permettono di catturare il movimento e di vederlo riprodotto sullo schermo.

Un primo gruppo di pazienti (Gruppo sperimentale) dovrà eseguire queste azioni dopo averle osservate (Terapia AO+VR); un secondo gruppo (Gruppo di controllo), invece, eseguirà le medesime azioni ma, a differenza del primo gruppo, osserverà dei ‘video di controllo’ che riproducono ad esempio sfondi naturali o animali in movimento, ricevendo solo semplici istruzioni verbali sul movimento da eseguire.

La totalità dei pazienti eseguirà 20 sedute, nell’arco di 5 settimane, della durata di 45 minuti ciascuna. All’inizio del trattamento e dopo la sua conclusione, un gruppo di pazienti sarà valutato anche mediante risonanza magnetica funzionale, per verificare i cambiamenti nell’attivazione del sistema dei Neuroni Specchio a seguito della riabilitazione.

Antonino Errante, dottore di ricerca in Neuroscienze, psicologo presso la Struttura Complessa  di Neuroradiologia dell’Azienda Ospedaliero-universitaria di Parma e vincitore dello Starting Grant aggiunge:“L’obiettivo dello studio è quello di dimostrare che il trattamento riabilitativo combinato basato sull’osservazione di azioni, seguito dalla loro immediata riproduzione mediante tecniche di realtà virtuale, sia più efficace rispetto a un trattamento basato sull’osservazione di video privi di contenuto motorio. Ci aspettiamo infatti che i pazienti che osservano le azioni prima di eseguirle in un contesto di realtà virtuale attivino una maggior ‘risonanza motoria’, ovvero una pre-attivazione dei sistemi motori con un conseguente miglioramento della performance nell’esecuzione delle azioni”.
La realtà virtuale al Santo Stefano Riabilitazione
La realtà virtuale è definita come “l’uso di simulazioni interattive create con il computer che rappresentano ambienti e oggetti ed eventi del mondo reale”. In riabilitazione consente, tramite sensori applicati a parti del corpo, di visualizzare sullo schermo un semplice movimento compiuto dal paziente, ad esempio un gesto, come il prendere o spostare un oggetto nello spazio.

Le aree in cui la realtà virtuale viene applicata in riabilitazione nelle strutture Santo Stefano Riabilitazione (Gruppo KOS) sono quelle ortopedica e neuromotoria, delle competenze visuali e spaziali, delle attività complesse di vita quotidiana, della riabilitazione cognitiva. Quest’ultima è un campo ancora poco esplorato con la realtà virtuale, ma per il quale si sono riscontrati effetti positivi, ad esempio nella valutazione dei tempi di reazione, nella riabilitazione dei disturbi dell’attenzione, della memoria e del problem solving.

Quello della realtà virtuale è uno dei temi trattati durante la terza edizione della Robotic Rehabilitation School, l’appuntamento scientifico dell’European Society of Physical & Rehabilitation Medicine promosso da Santo Stefano Riabilitazione (Gruppo KOS) che si è concluso ieri. Ogni anno la Robotic School riunisce e forma un gruppo selezionato di circa 120 esperti in riabilitazione provenienti da 25 Paesi europei: una collaborazione internazionale che ha l’obiettivo di condividere dati e informazioni, esperienze e progetti di ricerca e mantenersi in costante aggiornamento reciproco. L’obiettivo è quello di definire nuovi standard di cura e offrire un servizio ai pazienti ai più alti livelli scientificamente riconosciuti.