Malattie rare: ecco quale è stato l’impatto del Covid


I dati del Settimo Rapporto MonitoRare sulla condizione delle persone con malattie rare in Italia dopo la pandemia da Covid

1 caso ogni 147.000 persone, la storia di Letizia e di una malattia rara dal nome impronunciabile: il deficit di fruttosio 1,6-difosfatasi

Piccoli numeri se consideriamo una singola patologia rara, ma tante persone che soffrono e che affrontano ogni giorno innumerevoli difficoltà se consideriamo la globalità dei pazienti con malattie rare. Tali difficoltà, diagnostiche, terapeutiche e assistenziali, sono aumentate durante i lockdown dovuti all’emergenza coronavirus ma sono state anche la spinta per creare nuove opportunità e per far sentire ancora di più la voce delle persone con malattie rare.

Cercheremo di analizzare gli aspetti più importanti ed impattanti del Covid sulle malattie rare considerando vari aspetti e tenendo conto dei recentissimi dati inclusi nel Settimo Rapporto MonitoRare sulla condizione delle persone con malattia rara in Italia e di altre importanti analisi di dati che provengono innanzitutto da UNIAMO, la Federazione Italiana Malattie Rare Onlus.

I numeri delle malattie rare
A livello europeo, una patologia è definita rara se colpisce meno di 1 persona ogni 2.000. Le persone con malattie rare possono essere poche per singola patologia, ma si stimano oltre 300 milioni di persone nel mondo, 30 milioni in Europa (1).

Il numero complessivo di persone con malattia rara in Italia sarebbe secondo i più recenti studi compreso fra i 2,1 e i 3,5 milioni di persone, un dato di gran lunga superiore a quello delle sole persone con malattia rara esente e, di queste, 1 su 5 ha meno di 18 anni. Le malattie rare ad oggi conosciute sono tra le 6.000 e le 8.000; l’80% ha origini genetiche, il 20% ha origini ambientali, infettive o allergiche, il 70% insorge in età pediatrica, anche quando la patologia non ha origine genetica (2).

Ci sono varie problematiche da affrontare in questo ambito, basti pensare che solo per il 5% delle persone con una malattia rara esiste una cura e che oltre ad essere raramente riscontrate, queste malattie hanno sintomi e manifestazioni che variano anche da persona a persona, rendendole per questo motivo ancor più difficili da diagnosticare e curare.

Il tempo medio per una diagnosi è di 4 anni, ma può arrivare fino a 7. Le malattie rare hanno un andamento cronico, ingravescente e spesso invalidante. Per questo motivo è necessaria l’integrazione tra assistenza sanitaria e l’assistenza sociale: le persone che vivono con una malattia rara e le loro famiglie si trovano spesso a sostenere costi sociali ed economici gravosi. Otto su 10 hanno difficoltà a gestire gli aspetti “ordinari” della vita della persona affetta e della famiglia.

Tutto ciò è stato inasprito dall’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da SarsCov2 che ha costretto gli ospedali ad accessi contingentati. I reparti hanno accolto emergenze e operazioni improcrastinabili ma sono slittati esami diagnostici anche per nuove diagnosi oltre che appuntamenti di follow up e di proseguo o cambio di terapie.

Come ha precisato il sottosegretario di Stato al Ministero della salute, Pierpaolo Sileri, il 6 luglio nel corso della presentazione del Settimo Rapporto MonitoRare sulla condizione delle persone con malattia rara in Italia: “Abbiamo un piano nazionale malattie rare risalente al 2016 che finalmente si sta rinnovando e auspico che in poche settimane possa vedere la luce. Il Covid non ci ha aiutati e ci sono evidenti ritardi ma questo anche su altre patologie non rare.

Il Ministero è stato occupato continuamente sul fronte dei malati, scivolerà il piano appena dopo l’estate ma lo avremo. È in fase di revisione per renderlo più snello per non avere troppi giri di parole ma delle schede semplici che possano affrontare i quesiti principali come ricerca, formazione, terapie, equità del sistema, agevolazioni per i pazienti.

Parlando di malattie rare, a volte facciamo riferimento a malattie con poche decine di pazienti che in alcuni casi possono avere cure fuori dall’Italia. Noi dobbiamo aiutarli anche in questo come bisogna agire anche dal punto di vista sociale.
Accanto al piano nazionale, ho istituito un tavolo tecnico sulle malattie rare che è diverso dal gruppo di lavoro sul piano nazionale ma è a suo supporto e si insedierà il 12 luglio e il cui compito è integrare, suggerire, ascoltare e rendere più snello il percorso del piano nazionale.
L’ approvazione del piano dovrà avere una normalità di aggiornamento, ogni 3 anni, garantendo uno screeening neonatale esteso coerente con le evidenze che la scienza ci apporta”.

Impatto del Covid sulle nuove diagnosi
Uno studio di IQVIA (3), realizzato in occasione della Giornata mondiale per le malattie rare 2021 con il contributo non condizionante di Farmindustria, ha messo in luce i ritardi diagnostici. Per realizzare lo studio sono state selezionate alcune patologie rare rappresentative delle principali aree (oncologica, metabolica, neurologica, oftalmica ed ematologica): leucemia mieloide acuta, atrofia muscolare spinale, malattia di Fabry, neuropatia ottica di Leber, morbo di Gaucher, glicogenosi, mucopolisaccaridosi e, infine, emofilia A e B.

Per quanto riguarda la leucemia mieloide acuta, nel 2020 si è osservato un calo significativo rispetto all’anno precedente delle nuove diagnosi (-9%) dei nuovi trattamenti (-6%) e dei trapianti (-16%): la forte contrazione di diagnosi e cure osservata durante i primi mesi dell’anno non è stata recuperata nella seconda parte dell’anno.

Nell’area delle malattie rare di natura metabolica, neurologica e oftalmica si è rilevata una contrazione delle cure particolarmente significativa nei mesi del lockdown primaverile (-12%), in assoluta controtendenza rispetto ai trend di crescita osservati nei mesi precedenti. Il parziale recupero nel secondo semestre dell’anno (+ 6%) non ha compensato le perdite dell’anno. Ancora più significativa la contrazione dei trattamenti in area emofilia, dove si registra una contrazione dei trattamenti del 14% rispetto all’anno precedente.

“Il Covid ha rallentato il dibattitto sullo screening neonatale esteso e anche il lavoro del gruppo che è stato nominato solo a fine novembre dello scorso anno, ma abbiamo ripreso i lavori e speriamo di mettere su un sistema che consenta di inserire le nuove patologie man mano che escono le terapie che le riguardano” ha evidenziato Annalisa Scopinaro, presidente di UNIAMO durante la presentazione del Settimo Rapporto MonitoRare sulla condizione delle persone con malattia rara in Italia”.

Impatto su esami di routine e sulle visite
UNIAMO e il Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR), con la collaborazione dell’Ufficio Stampa dell’ISS e il supporto del Portale istituzionale tematico Malattie Rare del Ministero della  Salute (www.malattierare.gov.it), hanno realizzato un’indagine conoscitiva per effettuare la raccolta dei bisogni delle persone con patologie rare e dei loro caregiver, con lo scopo di evidenziare le necessità più impellenti, per poter poi andare a colmare le lacune del sistema e supportare la comunità nel modo migliore (4).

Il questionario online ha ricevuto 1174 risposte in 2 settimane  (23 marzo – 5 aprile 2020); i risultati forniscono una fotografia delle difficoltà e dei disagi. Sono stati evidenziati problemi sull’assistenza sanitaria e sul sostegno socio-sanitario in conseguenza alla pandemia; è stato inoltre rilevato un considerevole bisogno di informazione non solo sull’impatto della pandemia relativamente alla propria condizione di salute, ma anche sull’accesso ai servizi socio-sanitari. I principali dati emersi sono i seguenti.

Delle 983 persone (84% dei rispondenti) che hanno risposto alla domanda sull’assistenza sanitaria, 515 (52%) hanno dichiarato di aver rinunciato a terapie ospedaliere per non essere esposti al contagio. Tra questi 282 (55%) hanno rinunciato perché consigliati dal medico del centro di expertise, dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta, mentre 229 (44%) persone hanno deciso autonomamente di sospendere le terapie ospedaliere.

La rinuncia alle terapie è da correlare alla percezione della “scarsa” sicurezza nel recarsi in ospedale al momento della rilevazione, dovuta in parte al fatto che nel primo periodo della pandemia da SARS-CoV-2 vi era difficoltà a reperire dispositivi di protezione individuale, ed in parte alla repentina trasformazione di alcuni centri di expertise per le malattie rare in ospedali COVID, con la conseguente necessità di trasferire o interrompere molte delle attività di routine.

Il 46% (541 su 1174) dei rispondenti ha riscontrato problemi nella continuità assistenziale o terapeutica legati al fatto che anche le strutture ambulatoriali erano state chiuse per Decreto governativo, continuando a operare solo per interventi salvavita e urgenti. Le persone che afferivano a tali strutture sanitarie si sono pertanto trovate improvvisamente senza un punto di riferimento.

Il 21% delle persone ha riferito la necessità di informazioni mediche sulla propria patologia (soprattutto in relazione alla eventuale maggiore suscettibilità al virus SARS-CoV-2) e il 17% avrebbe voluto chiarimenti su permessi e certificati lavorativi. Altri problemi rilevati riguardano difficoltà nel servizio di riabilitazione domiciliare, del sostegno scolastico, di strumentazioni e connessione a internet ma anche di terapie e supporti a domicilio
Un aspetto grave è stata la difficoltà ad usufruire della consegna a domicilio di farmaci ospedalieri da parte dei pazienti che ne avrebbero avuto necessità.

Covid e assistenza domiciliare di malati rari
Sempre dal questionario sopra menzionato emerge che il 14% delle persone con malattie rare che hanno risposto, hanno segnalato di non potersi recare al proprio centro di riferimento o spostarsi in sicurezza per accedere in ospedale o rimanere a casa per le terapie (9%); altre ancora non riuscivano a reperire i farmaci abituali (5%).

L’11% delle persone avrebbero voluto un supporto psicologico, l’8% un sostegno dal medico curante, altre poter usufruire della distribuzione dei farmaci in fascia H a domicilio (7%) o accedere a una scorta adeguata di ausili (5%). Una piccola parte ha segnalato la difficoltà legata a un caregiver lontano o comunque impossibilitato a prestare l’usuale assistenza (3%).

Più della metà dei rispondenti (53%) ha dichiarato di avere avuto difficoltà rilevanti durante il periodo di somministrazione del questionario. Tra queste, 208 persone (29%) hanno riportato la necessità di supporto di sollievo, riabilitazione domiciliare (28%), sostegno scolastico (24%), strumentazioni e connessione a Internet (11%), terapie e supporti a domicilio (5%) e informazioni (2%). Solo l’1% ha specificato altri bisogni.

Sotto la spinta delle associazioni dei pazienti e grazie a un continuo lavoro del Ministero della Salute e dell’Istituto Superiore di Sanità.
Dallo studio di IQVIA emerge anche che dalla seconda metà del 2020 i centri per le malattie rare hanno ripreso il contatto con i pazienti anche a distanza e, in molti casi, trasferito i trattamenti dall’ospedale al domicilio del paziente. Questo è stato possibile grazie anche all’impegno congiunto delle Istituzioni (Ministero della Salute, Istituto Superiore di Sanità e AIFA) e dell’industria che hanno garantito la continuità delle cure attraverso le terapie a domicilio e il follow -up a distanza.

Le difficoltà sperimentate durante la pandemia hanno accelerato lo sviluppo di nuovi modelli di presa in carico e gestione del paziente che possono garantire la continuità di cura e migliorare la qualità di vita dei pazienti.

Ritardo nelle cure
Per quanto riguarda l’assistenza sanitaria, oltre il 50% delle persone ha rinunciato a terapie ospedaliere a causa della percezione di aumentato rischio di contagio. Tale percezione di scarsa sicurezza alla base della rinuncia alle terapie era dovuta a fattori quali la difficoltà di reperire dispositivi di protezione individuale e alla trasformazione della maggior parte delle strutture sanitarie in Ospedali COVID.

Un aspetto grave è stata la difficoltà ad usufruire della consegna a domicilio di farmaci ospedalieri da parte dei pazienti che ne avrebbero avuto necessità.
Dall’analisi IQVIA sopra menzionata emerge anche che nel periodo marzo-maggio 2020 è stato evidenziato un calo significativo dei trattamenti (-12%) per le malattie rare considerate il calo dei volumi dei trattamenti evidenziato durante il primo lockdown è stato parzialmente recuperato nel secondo semestre dell’anno (+6%) ma il trend complessivo di crescita rilevato nell’anno precedente ha subito un discreto rallentamento (-10%).

Progetti per i pazienti attivati nel periodo della pandemia
Come sottolinea l’associazione UNIAMO, la loro indagine è stata uno stimolo forte e tempestivo per una serie di iniziative di informazione e formazione da parte dell’ISS in collaborazione con la stessa federazione: webinar  settimanali su specifiche malattie rare ed iniziative regionali, rivolti sia a professionisti della salute sia ad  associazioni dei pazienti e cittadini; incontri tecnico-scientifici virtuali con operatori sanitari, società  scientifiche, associazioni dei pazienti e istituzioni per condividere conoscenze, esperienze e buone pratiche; elaborazione di Rapporti ISS COVID-19 su specifiche patologie e sui servizi assistenziali di telemedicina.

Nei giorni successivi alla somministrazione del Questionario, anche i Sistemi Sanitari Regionali si sono impegnati in iniziative a vari livelli. Infatti, le Regioni hanno dato l’avvio a una serie di iniziative a supporto dei malati rari, quali ad esempio la proroga delle scadenze dei piani terapeutici e dei codici di esenzioni.

Il Governo, all’interno della Legge n° 40 del 5 Giugno 2020 (conversione in legge del Decreto “Liquidità” 8 Aprile 2020) ha disposto la possibilità per i farmaci erogati in regime di distribuzione diretta da parte delle strutture pubbliche, di passare alla “distribuzione per conto” da parte delle farmacie convenzionate. Tale disposizione è stata ulteriormente allargata con la Legge N°77 del 17 luglio 2020 (conversione in legge del Decreto “Rilancio” del 19 maggio 2020), fornendo così gli strumenti alle Regioni per snellire le procedure burocratiche per l’accesso a molte terapie.

Grazie al supporto di privati durante la pandemia sono stati attivati diversi progetti di supporto ai pazienti come consegna di farmaci a domicilio, terapie a domicilio, teleassistenza e teleconsulto. Per la consegna diretta dei farmaci si sono attivati anche Federfarma e ASSOFARM (farmacie comunali) ma rimangono tuttora disparità regionali.

Un sondaggio (5) proposto dal Centro Nazionale Tecnologie Innovative in Sanità Pubblica e dal Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità ha indagato lo stato di utilizzo delle tecnologie da parte delle persone con fragilità, disabilità e malattie rare, identificando le tecnologie utilizzate e cercando di capire la loro reale fruibilità.

Le risposte ricevute hanno permesso di evidenziare le principali problematiche riscontrate dai cittadini fragili e dalle loro famiglie. In particolare è emerso che nel periodo pandemico: c’è stato un incremento nell’utilizzo delle tecnologie generiche di eHealth e di mHealth e, in particolare, di strumenti di comunicazione e messaggistica, c’è stata una generale difficoltà di utilizzo e/o di accesso alle tecnologie specialistiche per cura o riabilitazione con un supporto da remoto insufficiente per la continuità assistenziale; è emerso molto forte il desiderio di poter accedere e utilizzare in modo appropriato le tecnologie, anche attraverso una formazione specifica che permetta di sfruttarne tutte le potenzialità.

L’analisi dei dati raccolti ha fatto emergere importanti criticità, che dovrebbero essere recepite da enti e istituzioni. Ad esempio, alla luce dell’enorme sconvolgimento globale, con drastiche e improvvise chiusure delle strutture socio-sanitarie a causa della pandemia, solo il 9,29 % dei rispondenti ha usufruito di tecnologie di riabilitazione e/o di supporto terapeutico in remoto, e di questi il 31 % ha riscontrato problemi e difficoltà nell’utilizzo effettivo dello strumento. Eppure, il 56% di quelli che non ne hanno avuto possibilità ha espresso un forte desiderio di poter accedere a strumenti di supporto, e oltre il 90% dei soggetti fragili che hanno partecipato al questionario ritiene che la tecnologia possa essere utile durante la pandemia e nel futuro.

“Il nostro Servizio Sanitario Nazionale sembra ancora deficitario per alcuni aspetti relativi alle nuove possibilità offerte dalla tecnologia, e dunque se da un lato la pandemia ha colto le strutture e i servizi, come pure i cittadini, impreparati, ha dato però l’avvio ad un nuovo slancio verso interventi di teleconsulto, telemedicina e teleriabilitazione.

I pazienti hanno bisogno di avere dei percorsi diagnostico terapeutici assistenziali già da prima della diagnosi perché già dal sospetto diagnostico ci dovrebbero essere delle procedure che portano più agevolmente ad accedere alla diagnosi e poi alle terapie. Abbiamo bisogno, soprattutto il Covid ce lo ha evidenziato, si spostare il centro dall’Ospedale al territorio, di avere accesso alla home therapy, alla teleassistenza e alla telemedicina che avvicina il paziente al centro di competenza ma anche il medico territoriale al centro e anche una maggiore implementazione di tutte le terapie digitali e device che possono servire a domicilio” ha sottolineato Scopinaro.

Gravità del Covid nel paziente con malattie rare
Come riportato sul sito del Ministero della Salute (6), non tutte le malattie rare presentano condizioni cliniche che aumentano il rischio di contrarre il virus o una maggiore probabilità di andare incontro a un decorso clinico più grave rispetto al resto della popolazione. Ci sono però alcuni gruppi di malati rari che presentano un rischio aumentato, in particolare, i bambini e adulti con deficit immunitari, disabilità neuromotoria, patologie respiratorie croniche, cardiopatie, con malattie ematologiche, con patologie metaboliche ereditarie a rischio di scompenso acuto o portatori di dispositivi medici, i malati oncologici o onco-ematologici, per le quali il Ministero della Salute, su iniziativa del Comitato Tecnico Scientifico della Protezione Civile, ha redatto delle raccomandazioni in relazione all’emergenza da Covid-19.

Malattie rare e vaccino anti-coronavirus
I vaccini Covid ad oggi disponibili hanno l’obiettivo di proteggere dall’infezione da virus SarsCov2. Sul sito dell’AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco, è possibile trovare tutte le informazioni con relative schede tecniche dei vaccini e la risposta alle domande più frequenti (7).
In data 10 marzo 2021 il Ministero ha emesso le nuove raccomandazioni ad interim che introducono le persone con disabilità grave e i loro caregiver tra le categorie prioritarie e aggiornano l’elenco delle patologie “ad alta vulnerabilità”. Le raccomandazioni ad interim sono state implementate da un documento redatto dal Tavolo interregionale Malattie Rare il 15.03.21, che esplicitano i codici di esenzione delle patologie rare con la massima priorità vaccinale (aggiornamento 3 aprile 2021).

Il piano vaccinale ha previsto di fatto come prima categoria prioritaria alla vaccinazione quella composta dalle persone ad elevata fragilità intese come affette da condizioni che per danno d’organo pre-esistente, o che in ragione di una compromissione della risposta immunitaria a SARS-CoV-2 hanno un rischio particolarmente elevate di sviluppare forme gravi o letali di COVID-19, a partire dai 16 anni di età; Persone con disabilità grave (certificati ai sensi della Legge 104/92 articolo 3 comma 3). La priorità vaccinale per le persone con elevata fragilità è ribadita anche dall’ordinanza 6/2021 del Commissario straordinario Figliuolo.

Conclusioni
Il timore dei pazienti di accedere ai centri ospedalieri, la chiusura temporanea di ambulatori e laboratori per le analisi genetiche, la sospensione temporanea delle campagne di screening hanno determinato, soprattutto nei primi mesi della pandemia, un ritardo delle diagnosi e dell’accesso dei pazienti alle visite. Nella seconda parte dell’anno questi ritardi sono stati parzialmente recuperati. Infatti, i centri per le malattie rare hanno ripreso il contatto con i pazienti soprattutto a distanza e, in molti casi, trasferito i trattamenti dall’ospedale al domicilio del paziente.

La pandemia ha costretto tutti i cittadini a modificare le proprie abitudini in tutti gli ambiti, dalla vita quotidiana al lavoro, alla scuola alla salute, costringendo i più fragili a rinunciare a prestazioni e servizi essenziali in conseguenza alle restrizioni emergenziali. È stato necessario modificare le proprie abitudini e riorganizzare le attività, a discapito spesso della continuità assistenziale, con un conseguente peggioramento dello stato di salute. Solo 10% dei soggetti fragili ha avuto la possibilità di ricorrere ad interventi di riabilitazione, svolti mediante servizi di teleassistenza.

A ciò si aggiunga che in un contesto di isolamento domiciliare, l’interazione sociale già spesso complessa, si è sostanzialmente azzerata, a discapito della qualità di vita e delle capacità relazionali delle persone fragili e delle loro famiglie. Da qui si evince dunque l’impellente necessità di implementare piattaforme e strumenti tecnologici innovativi, ma anche di prevedere percorsi formativi a professionisti, a persone fragili e ai loro familiari/caregiver ed infine servizi di supporto che offrano assistenza costante e, in caso di necessità, anche un supporto psicologico alle famiglie.

Bibliografia

1. https://uniamo.org/chi-siamo/cosa-sono-le-malattie-rare/
2. https://uniamo.org/8114-2/
3. https://www.farmindustria.it/documenticategory/studi/
4. https://www.iss.it/documents/20126/0/Rapporto+ISS+COVID-19+39_2020+%281%29.pdf/1c107d24-e72e-0f21-e543-2a8d79dccd89?t=1591686741562
5. https://www.iss.it/documents/20126/0/Rapporto+ISS+COVID-19+14_2021.pdf/dd74a4c6-3fd6-5436-a810-6d015c38d6ef?t=1625046318442
6. https://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioFaqNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=238#15
7. https://www.aifa.gov.it/domande-e-risposte-su-vaccini-Covid-19