Studio analizza i grandi carnivori nelle riserve in Sudafrica


Leone fotografato da fototrappola nelle riserve in Sud Africa

I turisti vanno nelle riserve in Sud Africa per vedere leoni o leopardi, non manguste, tassi o sciacalli. I gestori di queste riserve tendono quindi ad assecondare questa richiesta favorendo la presenza di specie carismatiche come i grandi predatori, dimenticando le oltre 30 specie di carnivori più piccoli che svolgono funzioni importanti nell’ecosistema, regolando le popolazioni di prede con conseguenze anche sulle comunità di piante.

Nel caso del leone, si è sempre pensato che la presenza di questo predatore all’apice della catena alimentare avrebbe portato benefici a tutte le popolazioni di altri carnivori più piccoli, e che ogni sforzo volto alla protezione di grandi predatori avrebbe avuto ripercussioni positive anche su quelli più piccoli. Tuttavia, le evidenze scientifiche a supporto di queste ipotesi sono scarse, in particolare nelle piccole riserve tipiche del Sud Africa. Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista “Proceedings of the Royal Society B porta evidenze che le dinamiche in realtà sono ben più complesse di quanto si pensasse.

Lo studio vede come coautori i ricercatori del Cnr-Ismar, insieme ad un team internazionale formato da Universidade de Lisboa (Portogallo), University of Massachusetts-Amherst (USA), University of St Andrews (Regno Unito), University of Agder (Norvegia), University of Cape Town (Sud Africa), University of Venda (Sud Africa) e African Institute for Conservation Ecology (Sud Africa). Nonostante la presenza del leone sia legata ad un leggero aumento del numero di specie di piccoli carnivori che vivono nella stessa area, la loro distribuzione si riduce di circa il 30% in presenza del leone.

Molte riserve per la fauna selvatica in Sud Africa erano in precedenza delle fattorie per allevamento del bestiame, convertite successivamente in riserve per l’ecoturismo. L’attuale presenza del leone in queste riserve è quindi normalmente dovuta alla sua reintroduzione. Non si tratta quindi di ambienti incontaminati dove i leoni vivono liberamente, ma di piccole riserve recintate dove i leoni sono stati inseriti in un ambiente precedentemente modificato dall’uomo. Dopo la reintroduzione, i gestori delle riserve investono grandi quantità di fondi e risorse per mantenere le popolazioni di leoni, incluse pattuglie di controllo anti-bracconaggio e la rimozione di trappole per la fauna selvatica posizionate dalla gente locale. Lo studio ha voluto valutare l’eventuale effetto di queste attività sulle comunità di piccoli carnivori di peso inferiore ai 20 kg, in 17 riserve sudafricane in cui il leone è presente in circa metà di queste. Il numero di specie di piccoli carnivori e la loro distribuzione sono state stimate a partire da dati raccolti utilizzando fototrappole posizionate dall’organizzazione internazionale “Panthera”.

Nonostante le evidenze sulla riduzione dell’area di presenza dei piccoli carnivori in presenza del leone, risulta ancora poco chiaro se le dinamiche nelle riserve abbiano un impatto sul ruolo ecologico dei piccoli carnivori. Ulteriori ricerche potranno chiarire il grado di sovrapposizione fra gli interessi economici dell’ecoturismo e le condizioni necessarie per la conservazione delle comunità ecologiche.

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