Hiv: buoni risultati da impianto con islatravir


Hiv: islatravir sotto forma di un piccolo impianto sottocutaneo sembra fornire una quantità di farmaco sufficiente per agire in monoterapia

Hiv: islatravir sotto forma di un piccolo impianto sottocutaneo sembra fornire una quantità di farmaco sufficiente per agire in monoterapia

Una nuova formulazione sperimentale di islatravir, sotto forma di un piccolo impianto sottocutaneo, sembra fornire una quantità di farmaco sufficiente per agire in monoterapia per oltre un anno come profilassi pre-esposizione dell’infezione da Hiv, oppure per fare parte di una terapia antiretrovirale combinata. I risultati di uno studio di fase I sono stati presentati alla Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections (CROI) 2021.

Nel 2019 era stato condotto uno studio simile in versione pilota, i cui esiti incoraggianti sono stati aggiornati grazie all’attuale trial di fase I. L’obiettivo era valutare efficacia e sicurezza di una nuova versione di un impianto sperimentale a rilascio sottocutaneo per la somministrazione prolungata di islatravir come profilassi pre-esposizione (PrEP) dell’infezione da HIV-1, in vista di procedere con la fase II.

A differenza del precedente, il nuovo impianto contiene una piccola quantità di bario, un elemento metallico non tossico che risulta opaco ai raggi X e funge da mezzo di contrasto nelle radiografie intestinali. Impianti di questo tipo a volte possono infatti spostarsi dalla zona di inserimento, ma grazie al bario possono essere localizzati e rimossi. La quantità di farmaco contenuta è stata lievemente ridotta, tre dosi da 48, 52 e 56 mg, rispetto a quelle valutate con la prima versione, ovvero due dosi da 54 o 62 mg.

Un livello di 0,05 picomoli di farmaco per milione di linfociti T circolanti (0,05 pmol/106 cellule) viene ritenuto più che adeguato per prevenire l’infezione da Hiv, come determinato in base ai risultati di tre studi: uno su volontari umani trattati con islatravir i cui linfociti sono stati estratti e quindi esposti al virus, un altro basato su scimmie esposte a un virus Hiv artificiale adattato e uno dei trial preliminari sul farmaco, nel quale è stata misurata direttamente la sua capacità di inibire la replicazione dell’Hiv all’interno delle cellule.

Nei tre studi è emerso che un livello di 0,05 pmol/106 cellule era rispettivamente 5, 1,6 e 2,5 volte superiore a quello utile per arrestare l’infezione da Hiv nei soggetti che assumevano la dose più bassa del farmaco.

Concentrazioni medie di islatravir sempre oltre il target 
Nel trial di fase I presentato al congresso, in doppio cieco e controllato con placebo, 24 volontari hanno ricevuto l’impianto con islatravir nel braccio non dominante, otto per ciascuna delle tre dosi, mentre altri in 12 è stato impiegato un impianto placebo. Dopo 3 mesi gli impianti sono stati rimossi e i partecipanti sono stati valutati per ulteriori 8 settimane.

Dopo 12 settimane, tutte e tre le dosi hanno portato a concentrazioni medie di islatravir al di sopra della soglia farmacocinetica target di 0,05 pmol/106 cellule. Una volta rimosso l’impianto l’emivita intracellulare di islatravir era di 198 ore, vale a dire che dopo 8,5 giorni dall’asportazione restava nell’organismo ancora la metà del farmaco e dopo un mese era ridotta a un ottavo, in modo simile a quanto avviene con la formulazione orale.

Con le due dosi più piccole, le concentrazioni del farmaco persistevano al di sopra del livello target per non più di due settimane, che diventavano di uno o due mesi con la dose più alta. «In questo modo non si crea il problema di una lunga persistenza come nel caso di cabotegravir iniettabile, che potrebbe presentare una potenziale resistenza in caso di esposizione all’Hiv nel periodo in cui i livelli di farmaco sono molto bassi» ha commentato l’autore principale dello studio Randolph Matthews di MSD, la compagnia che sta sviluppando la formulazione. «Infatti l’emivita osservata non era più lunga di quella di tenofovir intracellulare, una volta raggiunto lo stato stazionario nelle cellule».

Gli effetti collaterali, quasi tutti di entità lieve, si sono verificati in due terzi dei volontari trattati con islatravir e in metà di quelli con impianto placebo. Tra i più frequenti arrossamento, dolore o prurito nel sito dell’impianto e indurimento del tessuto circostante. Ci sono stati tre casi di reazioni avverse classificate come moderate, due relative all’arrossamento e uno al prurito, nessun effetto collaterale grave o che ha portato all’interruzione del trattamento.

Prossime tappe dello sviluppo clinico
Islatravir è un nucleoside reverse transcriptase translocation inhibitor (NRTTI) in sviluppo per il trattamento dell’infezione da Hiv-1 in combinazione con altri farmaci antiretrovirali, oltre che in valutazione come terapia giornaliera nel programma clinico ILLUMINATE. Diverse formulazioni sono in studio come monoterapia per la PrEP.

I tre mesi di durata dello studio non sono sufficienti a determinare con certezza quali saranno i livelli del farmaco nella vita reale dopo che l’impianto è rimasto nell’organismo per un anno, ma le proiezioni dei risultati prevedono un il livello medio di islatravir ancora 3-4 volte superiore a 0,05 pmoli/106 cellule. Si stima che sia oltre il 20% superiore in tutti i soggetti esposti, tranne un 2,5%. Si tratta comunque di modelli statistici, motivo per cui serve uno studio di fase II per valutare se i livelli nella vita reale saranno in linea con le previsioni.

Bibliografia

Matthews R et al. Next-generation islatravir implants projected to provide yearly HIV prophylaxis. Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections, abstract 88, 2021.

Patel M et al. Islatravir PK thresholds & dose selection for monthly oral HIV-1 PrEP. Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections, abstract 87, 2021.