Nasce in Italia l’Associazione Sindrome di Pierpont


Sindrome di Pierpont, in Italia nasce l’associazione dei pazienti: la fondatrice è Laura Bertolotti, una mamma particolarmente combattiva

Nasce in Italia l'Associazione Sindrome di Pierpont

Laura Bertolotti è una madre che ha deciso di metterci la faccia. Da quando, nel 2018, quella somma di sintomi che affliggeva il suo Matteo ha trovato finalmente un nome, non si è data tregua. In primo luogo ha cercato altri nuclei familiari alle prese con la stessa malattia di suo figlio, la sindrome di Pierpont, con i quali ha stabilito un dialogo costante e proficuo, poi ha cercato tutte le informazioni ad oggi esistenti e, infine, ha deciso di creare l’Associazione Sindrome di Pierpont, che ha lo scopo di mettere in rete le famiglie italiane interessate da questa rarissima patologia che, per quello che se ne sa attualmente, riguarda un centinaio di giovani nel mondo e solo tre nel nostro Paese.

Ma procediamo per ordine. Oggi Matteo ha otto anni, ma i primi segni della malattia sono apparsi subito dopo la nascita. “All’inizio era piuttosto piccolo, ma i medici attribuivano questo aspetto ad un problema di idronefrosi al rene, una cosa che non avrebbe dovuto avere nessuna ripercussione sul suo sviluppo futuro”, racconta mamma Laura, che vive a Milano. “Quando aveva circa una settimana, Matteo ha però cominciato ad avere problemi alle vie urinarie e gli è stata diagnosticata l’escherichia coli. Qualche giorno dopo sono iniziate le convulsioni e così l’ho portato di nuovo in ospedale, dove è stato ricoverato per accertamenti. Di lì a poco, ha perso la tonicità muscolare. Ci è voluto molto tempo, però, per capire che cosa avesse esattamente. Solo nel 2018, tramite un test genetico di sequenziamento dell’esoma effettuato presso l’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, è emersa una mutazione del gene TBL1XR1 ed è arrivata la diagnosi di sindrome di Pierpont: una malattia rara il cui nome nome deriva da Mariella Pierpont, la genetista americana del Minnesota che per prima l’ha studiata e classificata”.

La sindrome di Pierpont è una condizione ultra-rara, caratterizzata da ipotonia, dimorfismi del volto (più evidenti quando la persona sorride), disabilità intellettiva, epilessia, particolari cuscinetti ai polpastrelli delle dita e sulla parte anteromediale dei talloni e profondi solchi palmari e plantari”, chiarisce la dottoressa Donatella Milani, medico genetista presso l’UO Pediatria alta intensità della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore di Milano. “La condizione è causata da mutazioni a carico del gene TBL1XR1, localizzato nella regione cromosomica 3q26. Mutazioni a carico dello stesso gene possono causare anche forme di disabilità intellettiva isolata, autismo, o sindromi lievemente distinte dalla sindrome di Pierpont classica. Queste condizioni sono a oggi certamente sottodiagnosticate, per via della loro rarità e per la scarsa conoscenza da parte della comunità medica. Gli esperti del settore sono tuttavia attivi negli studi per comprendere meglio questa patologia, sia dal punto di vista biologico che clinico”.

In Italia, Matteo è stato il primo paziente a ricevere la diagnosi di sindrome di Pierpont, mentre all’estero, negli Stati Uniti in particolare, erano già state individuate alcune decine di bambini affetti dalla patologia. A quel punto, il primo pensiero di Laura è stato quello di trovare altre famiglie che condividessero la stessa esperienza. E così, come prima cosa, si è registrata al sito RareConnect, una piattaforma dove i pazienti, le famiglie e le associazioni hanno la possibilità di sviluppare comunità online basate sullo scambio di informazioni. “Attraverso RareConnect ho trovato altre persone, ma purtroppo tutte sparse per il mondo”, spiega Laura. “Oggi in Italia si contano soltanto tre pazienti, contro un centinaio a livello mondiale, compresi in una fascia d’età tra 0 e 23 anni. Siamo in contatto attraverso un gruppo Facebook privato, che serve a noi genitori per confrontarci sulle varie problematiche. Il gene mutato, infatti, comporta una serie di caratteristiche comuni come il ritardo cognitivo, la scoliosi, problemi alle mani e ai piedi, mentre la variante cromosomica cambia le manifestazioni della malattia. Per questo cercare una cura è molto difficile: ogni bambino è speciale e unico”.

Da quando è piccolo, Matteo ha intrapreso un percorso di cura e riabilitazione presso la Fondazione Don Gnocchi di Milano, che tuttora frequenta. Ma il punto di forza della sua crescita è stata la costruzione di una rete capace di coordinare le dimensioni chiave per il suo sviluppo: dalla scuola alla riabilitazione, passando per i servizi sociali. Secondo sua madre, Matteo è stato davvero fortunato, perché seguito sempre dalla A alla Z. “Oggi un bambino solare e determinato – spiega Laura – che sa di essere diverso dagli altri ma che si reputa un supereroe”. A complicare le cose è arrivato purtroppo il COVID-19, che l’intera famiglia ha contratto lo scorso ottobre e che, nel caso di Matteo, ha spazzato via anni di progressi, “anche perché ha dovuto interrompere alcune attività come la terapia multisistemica in acqua, che adorava”, prosegue la madre. “Per fortuna ha una bravissima insegnante di sostegno, che lo segue dalla prima elementare, e frequenta una scuola dove sanno davvero come praticare l’inclusione”.

Quando è arrivata finalmente la diagnosi, la famiglia ha provato un senso di sollievo: “Prima era una malattia senza nome”, ricorda Laura. “Quando siamo riusciti a identificarla, non dico che ci siamo tranquillizzati, ma il fatto di sapere che si trattava di una patologia genetica ci ha aiutati a dare il giusto senso alle cose. Almeno non è colpa nostra, abbiamo pensato io e mio marito. È una cosa che è arrivata e dobbiamo comunque affrontarla”. Nel caso di Matteo, la variante del gene TBL1XR1 è localizzata nel cromosoma 3, generando, accanto ad alcuni problemi fisici e cognitivi, una sindrome di Asperger con relative stereotipie. “Vedendolo, molti pensano che sia autistico – prosegue la mamma – e io non sempre spiego che si tratta invece di sindrome di Pierpont, perché questa è una malattia totalmente sconosciuta”.

Per questo motivo, Laura ha deciso di dare vita all’Associazione Sindrome di Pierpont, con l’obiettivo principale di garantire un punto di riferimento per le famiglie italiane che si trovano, o si troveranno, ad affrontare la patologia. Uno step successivo, nelle intenzioni della fondatrice, potrebbe essere quello di creare una sezione scientifica, per finanziare le ricerche che la dottoressa Donatella Milani sta portando avanti all’interno del Policlinico di Milano. “La maggior parte dei genitori, però, ha paura di esporsi, perché si parla per lo più di pazienti minorenni”, conclude Laura. “Io invece voglio metterci la faccia e far conoscere questa sindrome al mondo. Non ho manie di grandezza, voglio solo trovare una voce per i nostri bambini”.

Le famiglie che avessero bisogno di contattare l’Associazione Sindrome di Pierpont possono farlo attraverso il sito web o scrivendo un’e-mail all’indirizzo lbertolotti125@gmail.com (Laura Bertolotti).