Nefropatia membranosa: un aiuto da filgotinib


Nefropatia membranosa lupica: l’aggiunta di filgotinib si è dimostrata efficace in uno studio di fase 2 appena pubblicato

Nefropatia membranosa lupica: l'aggiunta di filgotinib si è dimostrata efficace in uno studio di fase 2 appena pubblicato

Il trattamento con filgotinib potrebbe associarsi a benefici terapeutici nei pazienti affetti da nefropatia membranosa assocata a lupus (LMN), stando ai risultati di uno studio pubblicato su RMD Open. Il trial, di fase 2, suggerisce la possibilità di esplorare in maniera più approfondita l’effetto dei Jak inibitori nel trattamento di questa condizione.

Razionale e disegno dello studio
La nefropatia membranosa lupica (LMN) consiste nel deposito di immunocomplessi sulla membrana basale glomerulare che risulta ispessita. Si manifesta nel 10-20% dei pazienti affetti da nefrite lupica (LN) e si caratterizza per il riscontro di una sindrome nefrotica protratta e un innalzamento del rischio di sviluppo di nefropatia allo stadio finale. Inoltre, i pazienti con LMN sono predisposti allo sviluppo di ipercolesterolemia, ipertensione, accelerazione dei processi aterosclerotici, ipercoagulazione e aumento del rischio infettivo.

“Allo stato attuale – ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio – non esistono trattamenti di provata efficacia per LMN e mancano studi clinici randomizzati specifici per il trattamento di questa condizione. (…) Filgotinib è un inibitore di Jak chinasi con selettività preferenziale per Jak 1. Questa chinasi, in particolare, è coinvolta nella trasduzione dei segnali biochimici di alcune citochine che sono ritenute importanti nella patogenesi del LES, come interferone-alfa, IL-10, IL-21 e IL-6”.

La Commissione europea ha approvato filgotinib alla fine dello scorso anno per il trattamento dell’AR di grado moderata- grave (RA) e con risposta insoddisfacente o  intolleranza a uno o più farmaci antireumatici malattie che modificano la malattia (DMARD).

“Lanraplenib, invece – continuano i ricercatori – è un potente inibitore ATP-competitivo della tirosin chinasi della milza (SYK) attualmente allo studio. Il pathway biochimico che la coinvolge (tirosin chinasi SYK) gioca un ruolo importante  nella malattia infiammatoria grazie, prevalentemente, all’attivazione, alla sopravvivenza e alla migrazione delle cellule B”.

Data la tossicità e l’efficacia variabile dei farmaci immunosoppressori attualmente utilizzati nel trattamento di LMN, e quindi in ragione della necessità di identificare opzioni terapeutiche più efficaci e sicure, gli autori del nuovo studio hanno voluto verificare l’efficacia e la sicurezza dei due farmaci sopra citati nel trattamento di questa condizione.

Lo studio pilota, di fase 2, randomizzato, in doppio cieco, condotto in 15 centri dislocati negli Usa, ha randomizzato, secondo uno schema 1:1, 9 pazienti a trattamento con il Jak inibitore o con l’inibitore di tirosin chinasi per un anno.

L’endpoint primario era dato dalla variazione percentuale nelle 24 ore della proteinura dal basale a 16 settimane.

Risultati principali
Quattro pazienti del gruppo filgotinib e un pazienti del gruppo lanraplenib hanno completato le 16 settimane di trattamento previste dal protocollo.

Dai dati è emersa una riduzione mediana pari al 50,7% della proteinuria nelle 24 ore dopo 16 settimane di trattamento con filgotinib. La mediana del punteggio SELENA-SLEDAI è rimasta stabile. Non sono stati documentati, invece, miglioramenti dei livelli di anti-dsDNA  o di proteine del complemento. Da ultimo, il trattamento con l’inibitore Jak è risultato ben tollerato.

Per ovvie ragioni di rappresentatività numerica dell’altro gruppo in studio (un solo paziente con lanraplenib ha portato a termine le 16 settimane di trattamento previste dal protocollo) non è stato possibile trarre delle conclusioni in merito al trattamento con lanraplenib.

In conclusione, lo studio ha dimostrato come 16 settimane di trattamento con filgotinib siano state in grado di ridurre la proteinuria in un numero limitato di pazienti con LMN. Nessun beneficio, invece, è stato documentato con il trattamento con l’inibitore di tirosin chinasi lanraplenib in ragione del tasso elevato di dropout osservato.
Per quanto sia possibile trarre delle conclusioni limitate da questo piccolo studio pilota per le ragioni suddette, i risultati suggeriscono la necessità di approfondire in studi di dimensioni e disegno appropriati i benefici derivanti dall’impiego di filgotinib in questo contesto clinico.

Bibliografia
Baker M et al. Phase II, randomised, double-blind, multicentre study evaluating the safety and efficacy of filgotinib and lanraplenib in patients with lupus membranous nephropathy. RMD Open. 2020; 6(3): e001490.
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