Artrite idiopatica giovanile: la storia di Martina


Artrite idiopatica giovanile, la storia di Martina tra gravidanza e lavoro: uno dei tanti esempi dell’importanza di una diagnosi precoce

Artrite idiopatica giovanile, la storia di Martina

Sono stata fortunata. È la frase scelta come incipit per raccontare ogni capitolo della sua storia personale da Martina Castelli, 31 anni, nata e cresciuta a San Martino in Strada, in provincia di Lodi, un solo amore, lungo 15 anni da cui ora aspetta una bimba. Dice di essere stata fortunata quando a soli 2 anni ha scoperto di avere l’artrite idiopatica giovanile. La sua fortuna non risiede certo nell’avere una patologia altamente invalidante che colpisce i giovani sotto i 16 anni con un’incidenza di 1 su 1000, ma, come racconta lei stessa, “nell’avere avuto una famiglia attenta che ha capito subito che qualcosa in me non andava, nell’aver incontrato un pediatra scrupoloso ed esperto di malattie rare che ha indicato alla mia famiglia di rivolgersi a uno specialista e nell’essere stata presa in cura al Presidio Ospedaliero Gaetano Pini”.

“Raccontiamo la storia di Martina – spiega il prof. Rolando Cimaz, Direttore della Reumatologia Pediatrica dell’ASST Gaetano Pini-CTO – perché è uno dei tanti esempi di pazienti che già dai primi anni di vita mostrano i segni di una patologia reumatologica e di come una diagnosi precoce è necessaria per garantire alle persone di vivere la propria vita nella maniera più serena possibile”.

Esistono diversi tipi di artrite idiopatica giovanile, ognuno dei quali ha caratteristiche differenti per età all’esordio, segni e sintomi, complicanze e terapie artrite, come spiega il prof. Cimaz: “La maggior parte dei bambini può accusare, durante le attività quotidiane, dolori a livello delle articolazioni, ma il campanello d’allarme sono le tumefazioni articolari che si verificano senza una causa apparente. Inoltre, il bambino in genere accusa rigidità dopo il risveglio o una zoppia mattutina, sintomi che migliorano con il movimento man mano che il piccolo inizia a muoversi e a camminare. Questi disturbi sono cronici e durano spesso varie settimane”. Martina, infatti, a 2 anni ha cominciato a zoppicare: “Mi faceva sempre male la caviglia sinistra”, racconta. “La mia famiglia mi ha detto che ero spesso apatica o lamentavo dolori. Per questo mi hanno portata dal pediatra e poi al Gaetano Pini dove ho scoperto di avere l’artrite idiopatica giovanile. Ricordo degli episodi che da bambina mi hanno resa consapevole di avere una malattia, come l’uscita anticipata da scuola per le terapie oppure l’esonero dall’attività fisica, ma che per fortuna non mi hanno traumatizzata. Da adolescente invece ho iniziato a sperimentare i limiti che l’artrite idiopatica giovanile comporta. Per esempio io amo molto viaggiare ed esplorare i luoghi che visito, ma capita che i dolori abbiano la meglio e quindi sono costretta a riposare. Ma sono stata fortunata perché ho avuto sempre intorno a me amici e compagni di viaggio, oltre alla persona che oggi è mio marito, che mi hanno capita e supportata e hanno riprogrammato le giornate in base alle mie esigenze”.

Non sempre però è semplice arginare gli ostacoli che la malattia impone. Oggi Martina lavora per un centro per richiedenti asilo, un impiego che la soddisfa appieno, ma in passato ha dovuto fare delle rinunce: “Lavoravo come educatrice per un asilo nido, mi piaceva moltissimo ma ho dovuto interrompere questa attività perché il sollevamento pesi, necessario quando bisogna gestire i bambini molto piccoli che vogliono essere presi in braccio, è stato dichiarato incompatibile con la mia patologia dal medico del lavoro”. La domanda quindi è lecita: teme per la sua gravidanza e di non essere in grado di prendersi cura della sua bambina? La risposta è secca e sincera: “Assolutamente no. Prima del concepimento ho parlato a lungo con il reumatologo con cui sono in cura, il dott. Maurizio Gattinara, e con la dott.ssa Maria Gerosa, responsabile della Pregnancy Clinic che collabora con l’ambulatorio Patologia della gravidanza della Clinica Mangiagalli, per capire quali rischi e come rimodulare le terapie durante la gravidanza. Sono stata molto rassicurata dai medici che mi hanno seguita a cui ho dato piena fiducia. Mi hanno spiegato che la gravidanza per chi soffre di patologie reumatologiche fino a pochi anni fa era un tabù, ma oggi, grazie ai progressi della ricerca e ai nuovi farmaci in commercio, la gestazione procede serenamente, così come sta succedendo a me. Per quando nascerà la bambina, invece, mi sono già preparata. Ho trovato degli ausili che possono agevolare i genitori che hanno patologie invalidanti come la mia, anche se non c’è molto in commercio e bisognerebbe investire di più in questo settore. E poi sono fortunata perché posso contare su un papà speciale”.

Essere seguita al Presidio Pini di Milano, ospedale riconosciuto a livello internazionale e che ha fatto la storia della Reumatologia, ha significato per Martina non solo incontrare specialisti di alto profilo con cui è in cura, ma anche entrare in contatto con ALOMAR OdVAssociazione Lombarda Malati Reumatologici che è proprio al Pini è stata fondata dai pazienti e dai reumatologi dai nel 1986. “La condivisione delle esperienze con altre persone che hanno i tuoi stessi problemi serve più di una seduta da uno psicologo. Il tempo che trascorro con gli associati è un tempo prezioso in cui comprendo il valore della mia storia e ho la fortuna di apprezzare e riconoscere la forza di chi ha scoperto la malattia da adolescente o da giovane adulto, esperienza che può essere molto più destabilizzante rispetto a chi convive con la malattia sin dall’infanzia come me”. In particolare, Martina fa parte del gruppo “Asteroidi”, lo ‘spazio giovani’ di ALOMAR, formato da associati under 35. Asteroidi è stato un porto sicuro per i pazienti più giovani anche durante la prima fase della pandemia da COVID-19. “Nel corso della prima ondata – spiega il prof. Roberto Caporali – sono circolate molte fake news rispetto alla pericolosità del virus per gli immunodepressi come chi soffre di patologie reumatologiche. Le evidenze che abbiamo invece dimostrano che i malati reumatici non sono più esposti al contagio rispetto al resto della popolazione. Le associazioni di pazienti come ALOMAR e il gruppo Asteroidi sono state un’ottima cassa di risonanza per veicolare i messaggi corretti ai pazienti”.

Che cosa ha significato, e significa, affrontare l’emergenza sanitaria per le ragazze e i ragazzi che in Lombardia vivono con una patologia reumatologica gli Asteroidi l’hanno raccontato in un Diario di Bordo che è divenuta una pubblicazione consultabile online, una raccolta di pensieri, sentimenti, impressioni che ha lo scopo di trasmettere un messaggio semplice e al contempo difficile da comprendere per chi non convive con le patologie reumatologiche: la malattia non ti definisce e non ti limita. E Martina ne è un esempio.