Epidermolisi bollosa: un aiuto dalla corteccia di betulla


Epidermolisi bollosa: dalla corteccia di betulla un potenziale farmaco per le ferite secondo lo studio di Fase III “EASE”

Epidermolisi bollosa: dalla corteccia di betulla un potenziale farmaco per le ferite secondo lo studio di Fase III “EASE”

 L’epidermolisi bollosa è una malattia che tuttora non ha una cura in grado di agire efficacemente sulla sua base genetica: l’unico rimedio è cercare di guarire nel modo migliore le ferite che provoca. In quest’ambito, un nuovo farmaco con formulazione in gel per uso topico si sta rivelando promettente, e se supererà la Fase III di sperimentazione potrà poi essere sottoposto a valutazione per l’approvazione: si tratta di Filsuvez, un farmaco contenente come principio attivo un derivato dall’estratto di corteccia di betulla. Fra i pazienti c’è molta attesa, perché i primi risultati dello studio clinico EASE saranno disponibili entro la fine del 2020.

L’epidermolisi bollosa (EB) è una rara malattia genetica che colpisce l’integrità dei tessuti epiteliali, in particolare la pelle. I pazienti manifestano ferite cutanee ricorrenti, di gravità variabile in base alla forma della patologia e alla mutazione sottostante: esistono infatti più di 30 tipi e sottotipi di EB geneticamente e fenotipicamente distinti, causati da mutazioni in circa 20 geni.

Filsuvez, sviluppato dalla biotech irlandese Amryt Pharma, ha dimostrato la sua efficacia in un piccolo studio di Fase II che ha valutato la riepitelizzazione delle ferite in dieci pazienti con epidermolisi bollosa distrofica. Questo risultato, insieme ai buoni livelli di sicurezza e tollerabilità rilevati, ha giustificato il passaggio al trial di Fase III EASE, la sperimentazione più ampia mai condotta su pazienti con EB.

Questo studio, randomizzato e controllato con placebo, è stato progettato per valutare l’efficacia di Filsuvez rispetto al placebo in 223 pazienti affetti da epidermolisi bollosa giunzionale o distrofica, o da sindrome di Kindler, fra i quali 156 pazienti pediatrici. Il primo paziente è stato arruolato nel 2017 e lo studio proseguirà fino al 2022. Tre dei centri clinici coinvolti nella sperimentazione si trovano in Italia: la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, dove il riferimento è la prof.ssa Paola Marchisio; l’IRCCS Istituto Dermopatico dell’Immacolata di Roma, con il dr. Biagio Didona come principal investigator; e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, dove a coordinare lo studio è il dr. Andrea Diociaiuti.

A livello internazionale, invece, il responsabile della sperimentazione è il prof. Johannes S. Kern, dei Dipartimenti di Dermatologia dell’Università di Melbourne, in Australia, e di Friburgo, in Germania. Recentemente, insieme ad altri cinque esperti, Kern ha descritto il design e l’impostazione dello studio EASE in una pubblicazione apparsa sulla rivista Trials.

Il trial EASE si compone di due parti: una prima fase di 90 giorni in doppio cieco, randomizzata e controllata con placebo, seguita da una seconda fase di 24 mesi di follow-up in aperto, a braccio singolo”, hanno spiegato gli autori. “I pazienti con ferite target (dai 10 ai 50 cm² di estensione) presenti per più di 21 giorni e per meno di 9 mesi, sono stati randomizzati in rapporto 1:1 per ricevere le medicazioni secondo lo standard locale di cura, con o senza Filsuvez. Il placebo è costituito da olio di girasole, formulato per avere una consistenza indistinguibile da quella del prodotto attivo”.

L’endpoint primario dello studio, valutato secondo le linee guida della Food and Drug Administration (FDA) statunitense riguardanti le ulcere cutanee croniche e le ustioni, è rappresentato dal confronto dell’efficacia di Filsuvez rispetto al placebo in base alla proporzione di pazienti con completa chiusura della ferita target entro 45 giorni dall’inizio del trattamento. Non ci sono indicazioni precise sul tempo in cui le ferite acute da EB diventino croniche, anche se i clinici hanno concordato che possano definirsi tali se presenti per più di sei settimane. La “chiusura della ferita”, invece, è stata definita per lo studio EASE come “la prima apparizione di una riepitelizzazione completa senza drenaggio”.

L’endpoint secondario è invece rappresentato dal confronto in termini di efficacia tra Filsuvez e il placebo in base al tempo trascorso fino alla prima chiusura completa della ferita target entro 90 giorni dall’inizio del trattamento. “Una guarigione più rapida delle ferite comporta un minor numero di sintomi correlati alle ferite aperte, come il dolore e il prurito, e ci si aspetta che riduca la probabilità che queste si infettino”, sottolineano gli autori dello studio. “Inoltre, ulteriori endpoint secondari includeranno gli esiti riferiti dai pazienti e la ridotta estensione delle ferite in rapporto alla superficie corporea totale”.

In un recente comunicato stampa (9 settembre), Amryt ha ufficialmente annunciato che lo studio EASE ha raggiunto l’obiettivo primario in maniera statisticamente significativa (p = 0.013): ciò rappresenta il primo importante risultato di Fase III nell’EB, ed è anche la quarta volta che Filsuvez dimostra una guarigione accelerata delle ferite in uno studio di Fase III. Sebbene i principali endpoint secondari non abbiano raggiunto una significatività statistica, sono stati comunque osservati risultati favorevoli per il farmaco. Inoltre, sono previsti ulteriori dati rilevanti sugli endpoint secondari che verranno analizzati nelle prossime settimane.