Cardiologia sportiva: arrivano nuove linee guida


Le nuove linee guida per la cardiologia sportiva spiegano, in caso di malattia cardiovascolare, quale sport fare e con quale intensità

Le nuove linee guida per la cardiologia sportiva spiegano, in caso di malattia cardiovascolare, quale sport fare e con quale intensità

“È riconosciuto come l’esercizio fisico, soprattutto se regolare, sia di beneficio in numerose patologie cardiovascolari, così come nel diabete, nell’obesità e in numerose altre condizioni. Quando però il paziente chiede al cardiologo quale sia l’esercizio fisico che può svolgere e in quali modalità, spesso il cardiologo non offre risposte dirette o ben motivate. L’obiettivo di queste linee guida è appunto colmare le carenze nella conoscenza dei cardiologi e in generale dei sanitari riguardo le modalità di valutazione dei pazienti affetti da un ampio spettro di patologie cardiovascolari, come approcciare la singola patologia ed eventualmente quale sport consigliare e con quale modalità”.

Con queste parole il Dr Antonio Pelliccia, responsabile del reparto di Cardiologia dell’Istituto di Medicina e Scienza dello Sport del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, Roma e presidente della Task force per le linee guida, ha introdotto la presentazione delle linee guida dedicate alla cardiologia sportiva in pazienti con malattie cardiovascolari.

Le linee guida del 2005 su questo tema facevano riferimento principalmente alla gestione degli atleti professionisti, ma dato che oramai sempre più frequentemente i cardiologi sono consultati da pazienti con malattie cardiovascolari e consigliano loro sport ed esercizi fisici, questo nuovo documento risulterà loro utile in quanto analizza la situazione con una visione molto più ampia.

A chi si rivolgono le linee guida per la cardiologia sportiva
Queste linee guida sono formulate per aiutare il cardiologo nella gestione dell’attività sportiva non solo dell’atleta amatoriale o professionista, ma anche e soprattutto di persone a rischio e delle persone anziane; valutano inoltre gli effetti e i rischi dell’attività fisica e dell’esercizio regolare in pazienti con malattie cardiache conclamate e forniscono approfondimenti specifici sull’esercizio fisico durante la gravidanza o in contesti speciali come in alta quota, in acque profonde, in aree inquinate e a temperature estreme.

Già analizzando solo il tema dello sport amatoriale o professionistico, la stessa definizione di atleta è poco chiara, in quanto, secondo le linee guida ESC, possono essere definiti tali individui giovani o adulti, amatori o professionisti, che effettuano allenamenti su base regolare e partecipano a manifestazioni sportive ufficiali. Ma gli atleti coinvolti in competizioni sportive possono presentare età anagrafica molto differente, così come partecipare a manifestazioni sportive che vanno dalla gara zonale ai Giochi Olimpici. Occorre differenziare l’atleta amatoriale, che gareggia per divertimento e passatempo, dal professionista, che invece è molto interessato alle prestazioni. Le ore di allenamento settimanale non sono peraltro direttamente correlate alla tipologia di atleta, in quanto, per esempio, ciclisti e corridori sulle lunghe distanze praticano attività fisica a volumi più elevati rispetto ad alcuni atleti professionisti che praticano sport di abilità.

La disciplina sportiva può essere classificata in base a diverse componenti (abilità, potenza, resistenza e mista) e in relazione all’intensità dello sforzo. Sport di abilità sono sia il golf sia la vela, ma l’intensità è diversa, in quanto per il primo è bassa e per il secondo media; analogamente sono sport di resistenza il jogging, definito a bassa intensità, mentre la corsa su distanze medio-lunghe è a media e il triathlon è ad elevata.

Per definire l’intensità di un esercizio è, per esempio, possibile utilizzare la percentuale della massima capacità aerobica o della frequenza cardiaca massimale (HRmax), misurata durante un esercizio test. L’utilizzo della formula per calcolare la frequenza cardiaca massimale (HRmax = 220 – età) non è invece raccomandato. Un esercizio è a bassa intensità se comporta una frequenza cardiaca inferiore al 55% della HRmax, a moderata intensità se la frequenza cardiaca è compresa tra il 55 e il 74% della massimale e a elevata intensità se arriva al 90%; l’intensità è molto elevata se supera il 90%. Nei primi casi (bassa e media intensità) l’esercizio è soprattutto aerobico, mentre si può avere produzione di lattato nel caso di intensità elevata e arrivare all’esercizio anaerobico in caso di intensità molto elevata.

Ipertensione, obesità, dislipidemia e diabete: quale sport praticare e con quale intensità?
Dobbiamo proporre una moderata attività fisica in tutte le persone con malattie cardiovascolari. È essenziale inoltre valutare accuratamente la stratificazione del rischio e ottimizzare la terapia per garantire un’attività fisica più intensa, in condivisione con il paziente. Quanto discusso e lo schema di allenamento devono essere parte integrante della cartella clinica.

Come per gli individui sani, le linee guida del 2020 indicano che l’esercizio aerobico a intensità moderata per almeno 150 minuti a settimana (o 75 minuti a settimana di esercizio a intensità elevata), se possibile tutti i giorni della settimana, dovrebbe essere promosso in tutti gli individui a rischio cardiovascolare.

Per le persone obese o con ipertensione ben controllata o diabete, le linee guida raccomandano esercizi di resistenza (ad esempio, sollevamento di pesi leggeri) almeno tre volte a settimana più almeno 30 minuti di esercizio aerobico moderato o intenso, come andare in bicicletta, correre o nuotare, possibilmente tutti i giorni ma almeno 5 giorni alla settimana. L’obiettivo è ridurre il rischio cardiovascolare, ridurre i livelli pressori nel caso di ipertensione e aumentare la sensibilità all’insulina in caso di diabete mellito.

Non sono invece raccomandati esercizi di resistenza ad elevata intensità in pazienti con ipertensione ben controllata ma ad alto rischio e/o con danni d’organo e in caso di ipertensione non controllata (pressione sistolica > 160 mmHg).

Sport ed esercizio fisico nell’anziano
Si raccomandano almeno 150 minuti di attività fisica aerobica moderata/intensa nel caso di anziani, in buona salute e senza condizioni di salute che limitino la mobilità. Nel caso l’anziano sia a rischio di cadute, si consigliano esercizi di potenziamento muscolare per migliorare l’equilibrio e la coordinazione almeno 2 giorni a settimana.

Occorre una valutazione clinica complessiva che comprende un test sotto sforzo in caso di anziano sedentario che decida di iniziare un’attività fisica di elevata intensità. È possibile considerare la prosecuzione di attività fisica a intensità elevata o molto elevata in caso di atleti anziani asintomatici (atleti master) a rischio cardiovascolare basso o moderato.

I rischi connessi all’attività fisica negli anziani sono riconducibili a aritmie, aumento della pressione arteriosa e ischemia miocardica per quanto riguarda l’apparato cardiovascolare, ma anche a danni muscoloscheletrici, fratture, dolori muscolari e articolari, oltre all’aumentato rischio di cadute con i danni conseguenti.

L’attività fisica nei pazienti con patologia cardiovascolare
“Raccomandiamo l’esercizio fisico regolare nella popolazione generale; non abbiamo creduto nella necessità di dover sottoporre a valutazione clinica ogni persona prima di intraprendere un’attività fisica, ma abbiamo fortemente suggerito di riservare la necessità di valutazione cardiologica per i pazienti ad alto rischio secondo gli score di valutazione, in particolare nel caso di persone che intendano effettuare attività fisica intensa o molto intensa. In questi casi consideriamo appropriata e legittima una valutazione cardiologica con l’eventuale esecuzione di test appropriati” dichiara Pelliccia.
Il consiglio è comunque quello di iniziare l’attività fisica a bassa intensità e aumentarla lentamente nel tempo, anche se possono essere necessari anche dei mesi per raggiungere i livelli desiderati. I principi di base della prescrizione degli esercizi possono essere sintetizzati nell’acronimo FITT (frequenza, intensità, tempo e tipo).

“La sindrome coronarica cronica è la principale causa di morte cardiaca improvvisa negli atleti già a partire dai venticinque anni, di sicuro a partire dai trentacinque” ha segnalato nel corso della presentazione il Prof. Mats Borjesson, University of Gothenburg, Göteborg, Svezia, membro della Task Force. “Negli atleti, la valutazione funzionale deve sempre accompagnare gli accertamenti anatomici e diagnostici”. La valutazione clinica degli atleti asintomatici con possibilità di essere affetti da sindrome coronarica cronica deve comprende il rischio di malattia cardiovascolare, l’intensità degli esercizi programmati, un accertamento clinico con test sotto sforzo massimale o equivalente ed eventuali accertamenti diagnostici in pazienti selezionati. È stato proposto un algoritmo specifico per la valutazione cardiovascolare preventiva degli individui di età superiore ai 35 anni. Negli individui con sindrome coronarica cronica asintomatica, la partecipazione ad attività fisiche e competizioni sportive deve essere valutata su base individuale.

In pazienti con cardiopatia coronarica sono considerate condizioni caratteristiche per un rischio elevato di eventi cardiaci associati all’esercizio le stenosi coronariche critiche, la frazione di eiezione ventricolare sinistra inferiore al 50%, l’induzione di ischemia cardiaca sotto sforzo, diverse aritmie ventricolari e l’esecuzione di rivascolarizzazione chirurgica o percutanea negli ultimi 12 mesi. È fondamentale una stratificazione del rischio, con follow-up regolari per questi pazienti.

L’attività sportiva amatoriale o agonistica (con l’eccezione dei pazienti anziani o per sport con richieste cardiovascolari estreme) può essere presa in considerazione in pazienti a basso rischio di eventi cardiovascolari connessi all’esercizio fisico. L’attività sportiva amatoriale, al di sotto delle soglie ischemiche e di angina, può essere presa in considerazione in persone ad alto rischio, comprese quelle con ischemia persistente, mentre l’attività sportiva agonistica non è raccomandata in soggetti ad alto rischio di ischemia indotta dall’esercizio o con ischemia residua, ad eccezione di sport di abilità raccomandati su base individuale.

“È rilevante osservare che in pazienti con malattia coronarica non si parla più solo di riabilitazione o di attività amatoriale; è stato aperto il campo all’attività sportiva anche agonistica, chiaramente in pazienti selezionati, a basso rischio di eventi durante l’esercizio” ha commentato Pelliccia nel corso della presentazione.

Figura 1 Algoritmo per la valutazione cardiovascolare preventiva degli individui di età superiore ai 35 anni

Nel caso di insufficienza cardiaca, l’esercizio deve essere individualizzato nel corso di più settimane, in relazione a segni e sintomi presenti durante l’esercizio fisico stesso, quali possono essere la capacità di esercizio massimale, la frequenza cardiaca o le aritmie. In generale, dobbiamo considerare che l’esercizio fisico deve essere intrapreso solo da persone stabili dal punto di vista cardiologico. È necessaria, oltre alla rivalutazione su base annuale, una rivalutazione clinica qualora venga aumentata l’intensità degli esercizi. Attività sportiva amatoriale di bassa-media intensità è possibile in pazienti stabili, mentre un’attività sportiva ad elevata intensità può essere presa in considerazioni in persone che desiderano tornare alle attività sportive aerobiche ad alta intensità precedentemente effettuate. Le attività sportive ad elevata intensità e gli sport di resistenza non sono raccomandati in pazienti con frazione di eiezione ventricolare sinistra ridotta indipendentemente dai sintomi, pazienti per i quali si consigliano solo sport a bassa intensità. Gli sport a livello agonistico possono essere presi in considerazione solo in pazienti stabili selezionati che non presentino anomalie a test sotto sforzo massimali e in terapia farmacologica ottimale.

Nel caso di patologie alle valvole cardiache, si raccomanda che tutti i pazienti eseguano attività fisica. La tipologia di esercizi e le eventuali restrizioni dipendono dalla patologia valvolare; per esempio, se non sono presenti restrizioni in caso di rigurgito aortico moderato, non è raccomandato l’esercizio fisico intenso in soggetti con grave stenosi aortica. La valutazione del singolo caso clinico è fondamentale nel caso di prolasso della valvola bicuspide e mitralica.

Le linee guida si focalizzano anche in maniera approfondita sul problema delle aritmie. Per quanto riguarda la fibrillazione atriale, è stato osservato che l’esercizio fisico intenso per periodi prolungati, soprattutto negli uomini di mezza età, sembra favorire lo sviluppo di fibrillazione atriale. La fibrillazione atriale in assoluto non esclude la partecipazione a competizioni sportive, ma deve essere effettuata una ottimizzazione della terapia farmacologica e non, come indicato dalle linee guida stesse.

Occorre evitare gli sport di contatto in alcune situazioni, come nel caso di pazienti con fibrillazione atriale e in terapia con anticoagulanti, per il rischio di emorragie, o nel caso di pazienti portatori di pace-maker per il rischio di colpire il device.
In generale, per tutte le patologie, occorre una valutazione della malattia di base. Per alcune di queste condizioni, viene promosso attivamente l’esercizio di un’intensità specifica, ma per altre si raccomanda una valutazione iniziale completa, rivalutazioni regolari e un processo decisionale condiviso.

Riferimento bibliografici
Pelliccia A, Sharma S, et al. 2020 ESC Guidelines on sports cardiology and exercise in patients with cardiovascular disease. Eur Heart J 2020. doi/10.1093/eurheartj/ehaa605
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