Dermatite atopica: nemolizumab riduce il prurito


Dermatite atopica: il prurito migliora con nemolizumab sottocute in aggiunta alle terapie topiche secondo uno studio giapponese di fase III

Dermatite atopica: il prurito migliora con nemolizumab sottocute in aggiunta alle terapie topiche secondo uno studio giapponese di fase III

Nei pazienti con dermatite atopica l’aggiunta di nemolizumab per via sottocutanea ai trattamenti topici ha migliorato il prurito in modo significativo rispetto al placebo. Sono i risultati di uno studio giapponese di fase III pubblicato sul New England Journal of Medicine.

Il controllo del prurito associato alla dermatite atopica può avere un impatto significativo sulla qualità della vita dei pazienti, hanno scritto il primo autore dello studio Kenji Kabashima e colleghi, del dipartimento di dermatologia dell’Università di Kyoto. Il continuo grattarsi può non solo danneggiare la cute, ma anche aumentare le reazioni infiammatorie e contribuire ai problemi del sonno.

Nei trial precedenti nemolizumab, un anticorpo monoclonale umanizzato contro il recettore A dell’interleuchina-31 (IL-31), si era dimostrato efficace nel ridurre il prurito nei pazienti con dermatite atopica, ma non era ancora stato valutato in quanti utilizzano anche farmaci topici, hanno premesso gli autori.

Un trial su pazienti giapponesi
In questo studio di fase III sono stati randomizzati 143 pazienti con dermatite atopica, prurito da moderato a grave e una risposta inadeguata alla terapia topica, a ricevere nemolizumab 60 mg per via sottocutanea e 72 pazienti a ricevere placebo ogni 4 settimane per 16 settimane.

Tutti i partecipanti avevano almeno 13 anni, una diagnosi confermata di dermatite atopica e una storia di risposta inadeguata o un’impossibilità a utilizzare i trattamenti, inclusi i glucocorticoidi topici e gli antistaminici orali. L’età media era di 40 anni, circa due terzi erano maschi e la durata media della malattia era di circa 30 anni.

I trattamenti topici includevano un glucocorticoide di media potenza nel 97% dei pazienti in entrambi i gruppi e un inibitore topico della calcineurina nel 41% dei soggetti trattati con nemolizumab e nel 40% di quelli sottoposti a placebo. Quasi il 90% dei pazienti di entrambi i gruppi assumeva antistaminici orali.

L’outcome primario era la variazione del punteggio nella scala analogico-visiva (VAS) per il prurito alla settimana 16. Gli endpoint secondari includevano il tempo necessario alla variazione del punteggio VAS fino alla settimana 4, la variazione dell’Eczema Area and Severity Index (EASI), un punteggio di 4 o meno nel Dermatology Life Quality Index (DLQI), un punteggio di 7 o meno nell’Insomnia Severity Index (ISI) e la sicurezza.

Miglioramento del prurito con nemolizumab sottocute 
Dopo 16 settimane l’outcome primario è migliorato significativamente rispetto al basale nel gruppo nemolizumab vs. il gruppo placebo (variazione media rispettivamente di -42,8% e -21,4%, p<0,001).

Inoltre, un numero maggiore di pazienti nel gruppo nemolizumab rispetto al gruppo placebo (40% vs 22%) ha raggiunto un punteggio di 4 o meno nell’indice relativo alla qualità di vita (i punteggi più bassi riflettono un minore impatto della malattia sulla vita quotidiana). Infine un numero maggiore di pazienti nel gruppo nemolizumab, rispetto al gruppo placebo (55% vs. 21%), ha raggiunto un punteggio di 7 o meno nell’indice di gravità dell’insonnia.

Buona sicurezza del trattamento
Durante lo studio, il 71% dei pazienti in ciascun gruppo ha riportato effetti collaterali, in gran parte lievi o moderati. Il più comune è stato il peggioramento della malattia cutanea, riportato dal 24% del gruppo nemolizumab e dal 21% del gruppo placebo. Si sono verificate reazioni correlate all’iniezione nell’8% dei pazienti nemolizumab e nel 3% di quelli placebo.

Nel 7% dei pazienti trattati con nemolizumab e in nessuno di quelli assegnati al placebo sono state rilevate anomalie delle citochine, la maggior parte delle quali non era accompagnata da un peggioramento dei segni della malattia o della sua estensione. Sono stati segnalati eventi avversi gravi in ​​tre pazienti (2%) sottoposti a nemolizumab e nessuno nel gruppo placebo. Inoltre tre pazienti nel gruppo attivo hanno avuto quattro eventi avversi correlati al trattamento che li hanno portati a interrompere la terapia.

Le limitazioni dello studio consistono in un periodo di trattamento relativamente breve, l’inclusione solo di pazienti giapponesi, di età non inferiore ai 13 anni e l’impossibilità di trarre conclusioni dagli esiti degli endpoint secondari su parametri come la qualità della vita e i problemi legati al sonno, hanno fatto presente i ricercatori.

«Tuttavia i risultati suggeriscono che nemolizumab in aggiunta agli agenti topici può migliorare sia il prurito che i segni della malattia, riducendo la gravità della dermatite atopica interrompendo il ciclo del prurito» hanno concluso.

Alcuni risultati da approfondire
«Per la dermatite atopica servono nuove terapie, dato che sono ancora molti i pazienti che necessitano di un migliore controllo della malattia con gli attuali trattamenti. È una patologia eterogenea che potrebbe richiedere diversi approcci terapeutici» ha commentato Eric Simpson, professore di dermatologia presso la Oregon Health & Science University, Portland, non coinvolto nello studio.

Ha affermato di essere rimasto un po’ sorpreso dal fatto che nello studio attuale la riduzione del prurito fosse inferiore a quanto emerso negli studi precedenti. Lo stesso dicasi per l’aumento delle anomalie delle citochine nel gruppo nemolizumab, un dato che deve essere approfondito. «Nel complesso i dati supportano il fatto che il blocco del recettore della IL-31 sia utile a migliorare il prurito nella dermatite atopica e sembri avere un certo effetto sull’infiammazione» ha affermato.