Omega 3 e tumori, un legame tutto da chiarire


Uno studio inglese ha fatto il punto sull’associazione tra il consumo di grassi Omega 3 e i tumori, affermando che aumentarne la quantità nella dieta non riduce il rischio di cancro

Uno studio inglese ha fatto il punto sull’associazione tra il consumo di grassi Omega 3 e i tumori, affermando che aumentarne la quantità nella dieta non riduce il rischio di cancro

Secondo i risultati di uno studio, recentemente pubblicati sulla rivista British Journal of Cancer, non è il caso di eccedere nel consumo di omega 3 o altri grassi simili per tenere alla larga i tumori, dal momento che nella maggior parte dei casi i loro effetti sono limitati o addirittura nulli.

Gli omega 3 a lunga catena si trovano in abbondanza nell’olio di pesce, mentre l’acido alfa-linolenico è abbondante nei semi di lino. Fanno entrambi parte dei cosiddetti “grassi buoni”, così chiamati per i loro effetti protettivi su cuore e vasi, ma nella comunità scientifica ci si chiede se siano efficaci anche nella prevenzione del cancro.

Un gruppo di ricercatori dell’Università dell’East Anglia, nel Regno Unito, ha provato a rispondere a questa domanda attraverso una revisione sistematica e una metanalisi degli studi disponibili sull’argomento. La metanalisi è una tecnica statistica che consente di mettere insieme i risultati di tutti gli studi disponibili su un certo tema al fine di ottenere un risultato più solido. Come ricordano gli autori della ricerca, si tratta della più ampia revisione sistematica della letteratura per valutare gli effetti del consumo totale di acidi grassi polinsaturi (PUFA), dei quali fanno parte anche omega-3 a catena lunga (LCn3), acido alfa-linolenico (ALA) e omega-6 (incluso l’acido linoleico).

Focus sui risultati

Cercando in diversi database specializzati, come riferisce AIRC gli autori hanno indentificato 47 studi randomizzati e controllati per un totale di 108.194 partecipanti. L’analisi effettuata dimostra che aumentare il consumo di omega 3 a catena lunga non modifica in modo sostanziale il rischio di sviluppare un tumore, di morire di cancro e nemmeno il rischio specifico di ricevere una diagnosi di tumore del seno. Il risultato è molto simile per quanto riguarda l’effetto di un aumento del solo acido alfa-linolenico sul rischio di decesso per tumore.

Sembra invece che assumere più omega 3 a catena lunga e acido alfa-linolenico possa aumentare leggermente il rischio di tumore della prostata, mentre una quantità maggiore di PUFA nella dieta potrebbe far aumentare leggermente il rischio di diagnosi di tumore e di decesso per questo tipo di causa. Attenzione però, “la dose di PUFA in alcuni studi era davvero molto elevata”, precisano gli autori.

Questione di equilibrio

Tra i meccanismi che possono determinare l’effetto dei PUFA sul rischio di tumore ci sono, per esempio, le loro capacità di regolare la risposta infiammatoria e lo stress ossidativo o anche di modificare la composizione delle membrane cellulari.

Gli autori dello studio spiegano che, in base ai dati disponibili sui meccanismi d’azione, sembra che gli omega 3 possano avere un effetto protettivo contro i tumori, mentre gli omega 6 e i PUFA totali possano determinare un leggero aumento del rischio di ammalarsi.

Come comportarsi per mantenere comunque i vantaggi per il cuore che derivano dal consumo di “grassi buoni”?

“Pur sempre senza eliminarli, ridurre i grassi nella dieta, inclusi i PUFA, può aiutare, in caso si abbiano dei chili di troppo da smaltire, a perdere peso, riducendo così il rischio dei tumori legati al sovrappeso.” Una cosa sembra essere certa, però: i piccoli rischi oncologici legati all’aumento del consumo di alcuni di questi grassi vengono bilanciati dai benefici che si osservano sull’altra grande causa di mortalità, ovvero le malattie cardiovascolari.