Mutilazioni genitali femminili: la giornata della Tolleranza Zero


Giornata Internazionale di Tolleranza Zero per le Mutilazioni Genitali Femminili: circa 200 milioni di ragazze e donne hanno subìto mutilazioni, quest’anno sono a rischio 4 milioni di ragazze

In occasione del 6 febbraio, Giornata Mondiale contro le Mutilazioni Genitali Femminili, ActionAid invita a mobilitarsi

“Quando Tabitha aveva 16 anni e stava crescendo nel Kenya rurale, la maggior parte delle sue coetanee aveva già subito mutilazioni genitali femminili – una violazione dei diritti umani per la quale quest’anno sono a rischio 4 milioni di ragazze. Tabitha è rimasta illesa, grazie al supporto dei suoi genitori che, nonostante l’enorme pressione sociale, hanno salvato la loro figlia da questo destino. Nella Giornata Internazionale di Tolleranza Zero per le Mutilazioni Genitali Femminili (oggi), ci uniamo a Tabitha e ai giovani nel mondo che lottano per i propri diritti con urgenza ed energia. Stanno coinvolgendo i loro coetanei, famiglie, comunità e governi per chiedere che venga posta fine a questo terribile atto di violenza di genere una volta e per tutte, come promesso dalla comunità internazionale nell’Agenda degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile 2030″.

E’ quanto si legge in una dichiarazione congiunta del Direttore generale dell’UNFPA Natalia Kanem, del Direttore generale dell’UNICEF Henrietta Fore, del Direttore dell’UN Women Phumzile Mlambo-Ngcuka e del Direttore generale dell’OMS Tedros Adhanom Ghebreyesus.

Anche se negli ultimi 30 anni sono stati fatti importanti progressi per eliminare la pratica, nel mondo oggi vivono circa 200 milioni di ragazze e donne che sono state vittime di mutilazioni genitali. Ciò comporta conseguenza fisiche, psicologiche e sociali di lungo periodo.

Il supporto alla pratica è in calo. Le ragazze adolescenti tra i 15 e i 19 anni nei paesi in cui la pratica è più presente sono meno propense a continuare la pratica rispetto alle donne tra i 45 e i 49 anni. In molto paesi, le ragazze sono molto meno esposte al rischio di subire la pratica rispetto alle loro madri e nonne. Tuttavia, la rapida crescita della popolazione giovane nei paesi in cui sono praticate le mutilazioni genitali femminili può portare a una rilevante crescita del numero di ragazze a rischio entro il 2030.

I giovani di oggi possono giocare un ruolo importante nel porre fine alla pratica. Liberare il potere dei giovani significa investire in movimenti giovanili per difendere l’uguaglianza di genere e porre fine alla violenza sulle donne e le ragazze e l’eliminazione di pratiche pericolose. È necessario includere i giovani come partner quando si definiscono e realizzano piani di azione nazionali, costruendo relazioni con le organizzazioni e i network giovanili che lavorino per porre fine alle mutilazioni genitali femminili e riconoscerle come una forma di violenza contro donne e ragazze, dando maggiore potere e consapevolezza ai giovani per portare avanti compagne di comunità che sfidino norme sociali e riti e coinvolgano uomini e giovani come alleati.

Ma questo è un obiettivo che i giovani non possono raggiungere da soli e non può nemmeno essere tratto in maniera isolata rispetto ad altre forme di violenza contro donne e ragazze o da disuguaglianza di genere. E Richiede anche una leadership e impegni politici forti.

Lo scorso anno al Summit ICPD25 a Nairobi, governi, società civile, organizzazioni religiose e aziende private si sono impegnate per porre fine alla violenza di genere e pratiche pericolose – come le mutilazioni genitali femminili – nell’arco di 10 anni, lo stesso lasso di tempo per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. A marzo, saranno 25 anni dalla Piattaforma per l’Azione di Pechino, l’impegno globale per i diritti delle donne in 12 aree critiche, compresa l’eliminazione di tutte le pratiche pericolose contro donne e ragazze. Quest’anno annunceremo la creazione di una nuova Generazione per l’Uguaglianza per ottenere ulteriori investimenti e obiettivi per l’uguaglianza di genere.

“Ora è tempo di investire, rendere gli impegni politici azioni concrete. Ora è tempo di fare di più, meglio e più velocemente per porre fine alla pratica una volta e per tutte. Ora è tempo di mantenere la nostra promessa, per Tabitha e tutte le ragazze, di raggiungere zero mutilazioni genitali femminili entro il 20302 concludono.

Una mutilazione su quattro operata da sanitari

Secondo una nuova analisi dell’UNICEF, circa 1 ragazza/donna su 4 che hanno subito mutilazioni genitali femminili (MGF) – ovvero 52 milioni di sopravvissute alle MGF in tutto il mondo – hanno subito mutilazione da personale sanitario.

Questa percentuale è doppia tra le adolescenti: il 34% delle vittime di MGF di età compresa tra i 15 e i 19 anni è stato sottoposto a mutilazioni genitali femminili medicalizzate, rispetto al 16% delle vittime di età compresa tra i 45 e i 49 anni, il che indica una crescita nella medicalizzazione della pratica, secondo l’analisi pubblicata in occasione della Giornata Internazionale di Tolleranza Zero per le Mutilazioni Genitali Femminili.

“Le mutilazioni autorizzate dal medico sono sempre mutilazioni. I professionisti sanitari formati che eseguono le MGF violano i diritti fondamentali, l’integrità fisica e la salute delle ragazze”, ha dichiarato il Direttore generale dell’UNICEF Henrietta Fore. “Medicalizzare la pratica non la rende sicura, morale o difendibile”.

La crescita nella medicalizzazione delle MGF deriva da un’errata convinzione che i pericoli delle MGF siano di natura medica, piuttosto che una violazione fondamentale dei diritti di una ragazza. Medicalizzare la pratica delle MGF non elimina il pericolo che rappresenta per le donne, poiché rimuove e danneggia tessuti sani e normali e interferisce con le funzioni naturali del corpo di una ragazza.

La medicalizzazione delle MGF – o qualunque altra MGF eseguita da qualsiasi categoria di operatori sanitari, in una clinica pubblica o privata, a casa o altrove – è estremamente comune in Egitto e Sudan, ad esempio, dove quasi 8 ragazze su 10 sono state mutilate dal personale medico.

I pericoli delle MGF medicalizzate sono stati messi in evidenza dalla morte di una dodicenne in Egitto il mese scorso, suscitando l’indignazione e la condanna internazionale da parte delle Nazioni Unite e del governo egiziano. L’Egitto ha vietato la pratica nel 2008 e ha aumentato la pena per la pratica recentemente nel 2016.

La tendenza verso le MGF medicalizzate si scontra con la crescente opposizione alla pratica a livello globale. Negli ultimi due decenni, secondo la nuova analisi, la percentuale di ragazze e donne nei paesi ad alta prevalenza che vogliono la cessazione della pratica è raddoppiata.

Secondo l’analisi, è più probabile che le ragazze adolescenti si oppongano alla pratica rispetto alle donne più adulte. In Egitto, Sierra Leone e Guinea, le ragazze adolescenti hanno almeno il 50% di probabilità in più rispetto alle donne più adulte di opporsi alle MGF.

“Le MGF sono radicate nelle disuguaglianze di genere, e il primo passo per porvi fine è quello di far cambiare idea alle persone”, ha dichiarato Fore. “Stiamo facendo progressi. Gli atteggiamenti stanno cambiando. I comportamenti stanno cambiando. E, nel complesso, meno ragazze vengono mutilate”.

Le mutilazioni genitali femminili mettono in pericolo la salute delle donne e delle ragazze e possono comportare conseguenze fisiche, psicologiche e sociali a lungo termine. Mentre la percentuale delle mutilazioni genitali femminili in tutto il mondo è in calo rispetto a tre decenni fa, nel mondo vivono almeno 200 milioni di ragazze e donne che hanno subito mutilazioni genitali femminili nei 31 paesi con dati disponibili, e 68 milioni di ragazze sono a rischio entro il 2030. Solo nel 2020, oltre 4 milioni di ragazze in tutto il mondo sono a rischio di essere mutilate.

Il Ministero della Salute si impegna a maggiore stanziamento nella prossima legge di bilancio

“Le Mutilazioni Genitali Femminili sono una forma di violenza che calpesta i diritti di bambine e giovani donne, mettendo a rischio la loro salute fisica e psicologica e che deve vedere tutti quanti noi impegnati in una battaglia che non riguarda solo le donne ma ha a che fare con lo sviluppo dell’intero genere umano. Almeno 200 milioni di ragazze e donne vivono oggi nel mondo con le cicatrici di qualche forma di mutilazione genitale subita nel corso della propria vita. Le mutilazioni genitali vengono praticate principalmente su bambine tra i 4 e i 14 anni di età. Tuttavia, in alcuni Paesi vengono operate bambine con meno di un anno di vita, come accade nel 44% dei casi in Eritrea e nel 29% dei casi nel Mali, o persino neonate di pochi giorni come nello Yemen. La pratica può causare complicanze a breve, medio e lungo termine, tra cui dolore cronico, infezioni, aumento del rischio di trasmissione dell’HIV, ansia e depressione, complicazioni al momento del parto, infertilità e, nei casi peggiori, la morte”.

Lo ha dichiarato la Sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa, intervenuta al Convegno sulle mutilazioni genitali femminili organizzato al Ministero della Salute in occasione della giornata internazionale.

“L’UNICEF – ha ricordato Zampa – stima che altri 68 milioni di ragazze subiranno mutilazioni genitali da qui al 2030 se non vi sarà una forte accelerazione nell’impegno per porre fine a questa pratica aberrante. In Italia, dove è in vigore la legge 7/2006 per prevenire e contrastare le pratiche di mutilazione genitali femminili, il numero di donne che hanno già subito una mutilazione genitale si stima sia compreso tra 61.000 e 81.000. Ad eseguire le mutilazioni sono essenzialmente donne: levatrici tradizionali o le stesse madri. Ma è impressionante rilevare che oltre 20 milioni in 7 Stati (Egitto, Sudan, Guinea, Gibuti, Kenya, Yemen e Nigeria) sono state sottoposte a questa pratica per mano di un operatore sanitario. Una Risoluzione del Parlamento europeo del 2018 invita a vietare esplicitamente la medicalizzazione”.

“I governi degli Stati in cui le Mutilazioni Genitali Femminili sono ancora diffuse – ha proseguito – devono sviluppare Piani di azione nazionali per porre fine a questa pratica. Per essere efficaci, questi piani devono prevedere risorse di bilancio dedicate ai servizi per la salute sessuale e riproduttiva, all’istruzione femminile, al welfare e ai servizi legali. Oltre al contrasto della pratica delle mutilazioni genitali femminili e alla realizzazione di un’attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine già sottoposte a tali pratiche, la Legge 7/2006 prevede lo stanziamento di fondi per la formazione del personale sanitario. Fino al 2009 lo stanziamento era pari a 2,5 milioni di euro annui, scesi fino a circa 174.463 euro nel 2018. Un’integrazione delle risorse ha consentito di riportare lo stanziamento annuale a 500.000 euro. L’impegno come Ministero della Salute è però quello di prevedere maggiori risorse dedicate nella prossima legge di bilancio”.

“Eradicare questa efferata forma di violenza sulle donne è un traguardo raggiungibile ma bisogna agire senza sosta se si vuole che questo impegno si traduca in risultati concreti, duraturi e irreversibili. Si tratta di un percorso ancora lungo e non lineare, ma è la sfida cui siamo tutti chiamati a concorrere. Bisogna creare una vera alleanza tra politica, istituzioni pubbliche, associazioni nazionali e internazionali promuovendo condivisione, momenti formativi, intensificando azioni sanitarie e sviluppando solidarietà tra donne di diversi paesi di provenienza nel Paese di approdo. Solo così potremo vincere una battaglia che è di civiltà e umanità insieme” – ha concluso la Sottosegretaria alla Salute.