Fusilli di luce misurano velocità di rotazione del buco nero


Team italo-svedese misura la velocità di rotazione del buco nero nella galassia M87. Impiegata per la prima volta una tecnica che sfrutta una proprietà particolare della luce

Team italo-svedese misura la velocità di rotazione del buco nero nella galassia M87. Impiegata per la prima volta una tecnica che sfrutta una proprietà particolare della luce

I risultati presentati in aprile dalla collaborazione Event Horizon Telescope (Eht) hanno avuto una grande eco scientifica e mediatica. E non potrebbe essere diversamente: queste osservazioni radio, oltre a produrre una grande messe di dati, tutt’ora in corso di analisi, hanno avuto il grande merito di trasformare il buco nero da un concetto teorico e matematico in un oggetto astrofisico “visibile” che ora può diventare l’obiettivo di future indagini sperimentali.  Il team italo-svedese di ricercatori composto da Fabrizio Tamburini, Bo Thidé e Massimo Della Valle, ha scoperto che le onde radio vicino al buco nero supermassiccio di M87 vengono letteralmente attorcigliate dal suo fortissimo campo gravitazionale come un fusillo e hanno usato questo effetto per misurare la velocità di rotazione del buco nero.  Una velocità straordinariamente alta a cui corrisponde una riserva di energia tra le più alte mai osservate  nell’universo.

Per quanto complessi possano essere, dalla conoscenza della rotazione e della massa dei buchi neri è possibile, attraverso semplici formule di relatività generale, derivare la quantità di energia ad essi associata. Nel 2011 è stato pubblicato un articolo in cui Fabrizio Tamburini e gli altri co-autori hanno dimostrato la possibilità di ricavare direttamente il valore della rotazione  (o spin) di un buco nero osservando la luce “attorcigliata” (twisted, in inglese)  attorno ad esso. La “torsione” della luce è un effetto ben studiato. Questa proprietà, nota anche come momento angolare orbitale della radiazione elettromagnetica, può essere utilizzata per aumentare la quantità di informazione trasportata dalla luce nella fisica del laser e nei sistemi di comunicazione classici e quantistici, fino alle onde radio. Le applicazioni di questa tecnica all’astrofisica sono ancora agli inizi, ma sembrano estremamente promettenti.

«Quando un buco nero ruota, trascina attorno a sé lo spazio-tempo e trasferisce ai fotoni che lo circondano un momento angolare che può essere caratterizzato e dal quale è possibile misurare la rotazione del buco nero stesso, secondo la tecnica sviluppata nel 2011», spiega Fabrizio Tamburini, responsabile di ricerca allo Zkm di Karlsruhe, in Germania, e primo autore dell’articolo. «I risultati che ora pubblichiamo confermano le previsioni di otto anni fa, e cioè che usando nuovi aspetti della relatività generale e della luce è possibile ottenere informazioni sulla rotazione del buco nero dai segnali radio emessi nelle sue vicinanze».

Con questo nuovo metodo gli autori sono stati in grado di misurare lo spin del buco nero supermassiccio situato nel centro di M87, una galassia dell’ammasso della Vergine distante circa 55 milioni di anni luce dalla Terra. Bo Thide – fisico teorico dei Laboratori Angstrom di Uppsala –  mette in evidenza un secondo importante risultato di questa ricerca: «se siamo riusciti a rilevare ed estrarre informazioni dai segnali radio “twisted” significa che essi trasportano informazioni su distanze di almeno decine di milioni di anni luce, proprio come fanno i “normali” segnali radio».

Il buco nero al centro di M87 è un “mostro” di circa 6,5 miliardi di masse solari.  Il valore dello spin del buco nero è rappresentato dal cosiddetto “parametro di Kerr” , ovvero il parametro di rotazione che può variare tra 0 e 1. Il caso 0 corrisponde al buco nero statico o buco nero di Schwarzschild. Nel caso del nuco nero di M87, Tamburini e collaboratori hanno trovato un valore di questo parametro di circa 0,9 che corrisponde ad una velocità di rotazione del buco nero pari a circa 0,4c (il 40 per cento  della velocità della luce) e ad una riserva di energia, immagazzinata come energia di rotazione, di circa 1063 erg.  «Questo valore è maggiore anche di decine di miliardi di volte quello dell’energia rilasciata dalle esplosioni di lampi gamma o dalle supernovae innescate dal collasso gravitazionale del loro nucleo», commenta Massimo Della Valle. «È  una riserva di energia tra le più grandi che abbia mai osservato: in grado di alimentare la luminosità dei quasar più brillanti per centinaia di milioni di anni».

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