Due dipinti di Renato Foresti donati agli Uffizi


Due dipinti di Renato Foresti si aggiungono alle collezioni delle Gallerie degli Uffizi. La donazione è stata effettuata dagli eredi dell’artista

Due dipinti di Renato Foresti si aggiungono alle collezioni delle Gallerie degli Uffizi. La donazione è stata effettuata dagli eredi dell’artista

Due dipinti dell’artista napoletano Renato Foresti arricchiscono le collezioni delle Gallerie degli Uffizi. Già nel 1959 il Comune di Firenze aveva acquistato per la Galleria d’arte moderna di Palazzo Pitti il Ritratto di Pietro Bernardini: Ora, dopo sessant’anni, si aggiungono nella stessa raccolta anche l’Autoritratto ’62 (1962, olio su tela cm. 33×48) e Scuola di pittura (1952, olio su tela cm. 140×104).

La donazione è stata resa possibile grazie ai figli dell’artista, e in particolare, alla professoressa Maria Luisa Foresti Sestini.

Qualche mese fa la mostra Renato Foresti 1900-1973 all’Accademia delle Arti del Disegno, ha celebrato l’artista in occasione del sessantesimo anniversario della sua ultima esposizione nel 1958. L’iniziativa, caduta a quasi cinquant’anni dalla morte di Foresti, ha contribuito a riordinare il corpus dei dipinti, dei disegni e dei documenti e a dare una rinnovata valutazione critica, mettendo in relazione i valori artistici, umani e ideali della sua opera con i fenomeni artistici del dopoguerra a Firenze.

Foresti, ingegnere di professione, dirigente d’azienda, era sì uomo di tecnica e di scienza, ma sapeva vedere le immagini della vita e restituirle sulla tela. I ritratti, come anche i soggetti domestici da “lessico familiare” o i dipinti scaturiti dal confronto con l’ambiente di lavoro – gli operai, i gasometri e le macchine – erano tutti elementi di un paesaggio industriale da lui vissuto in prima persona e riportati con franchezza e forza espressiva. Capacità che riversava anche negli autoritratti e nei ritratti, nei quali riesce a cogliere le caratteristiche peculiari e addirittura l’indole delle persone. E ancora vanno ricordate le nature morte, sempre soffuse da una sottile dolcezza e da una vena nostalgica.

Chi l’ha visto dipingere, come l’amico Piero Bernardini o i figli, può testimoniare come Foresti “vedesse” sulla tela ancora vergine l’opera già finita e di conseguenza non avesse necessità di tracciare un disegno preparatorio. Semplicemente, come racconta anche Maria Luisa Foresti Sestini: impugnava la tavolozza e dopo pochissime pennellate già cominciava ad emergere il quadro nella sua forma definitiva.

Iniziò a dipingere nel 1919 da autodidatta e l’anno successivo partecipò insieme a molti altri reduci a Napoli alla mostra Nazionale dei Grigio-Verdi, che aveva raccolto le opere degli artisti di ritorno dalla prima guerra mondiale. Personaggio poliedrico, ha pubblicato su riviste specializzate diversi articoli prettamente tecnici riguardanti l’industria di produzione del gas; altri testi, sempre di carattere tecnico ma più divulgativi, sono usciti sul Bollettino degli Ingegneri di cui per un periodo è stato direttore. Non mancano sue opere di carattere più letterario come una quarantina di brevi racconti.

«La sua opera testimonia ancora oggi– commenta il direttore delle Gallerie degli Uffizi, Eike Schmidt – come l’arte non sia antitetica ad un mondo fatto di scienza e tecnica. Anzi, è proprio grazie agli strumenti del suo lavoro industriale – fabbriche, officine e macchinari – che i ritratti del Foresti acquistano vivacità. Una pittura quotidiana che non è evasione, ma modo per riflettere e raccontare il proprio mondo analizzando il complesso rapporto tra uomo e macchina».

Il profilo dell’artista

Renato Foresti nacque a Napoli nel 1900. Fin da piccolo dimostrò una forte inclinazione verso il disegno e già nelle sue prime manifestazioni “artistiche” infantili si può riconoscere una sicurezza di tratto che, se non ci fosse specificata la data, sarebbe difficilmente attribuibile ad un ragazzo di 10-12 anni. Tuttavia, l’ambiente piccolo borghese al quale apparteneva non era il più adatto a favorire un eventuale percorso artistico e la famiglia lo indirizzò prematuramente a studi che lo avrebbero successivamente portato ad una laurea in ingegneria. Partì volontario durante la prima guerra mondiale all’età di 17 anni. Al suo ritorno si iscrisse alla Regia Scuola di Ingegneria. Non aveva però dimenticato la pittura e contemporaneamente, oltre ai corsi serali dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, frequentò lo studio di Giambattista De Curtis e poi quello di Alfredo Mahieux, suo lontano parente, ed espose per la prima volta a Napoli nel 1920 alla Mostra Nazionale dei Grigio Verdi. Ma come tutti quelli che avevano avuto la fortuna di tornare a casa portava addosso i segni della guerra, non solo fisicamente (una lesione al timpano gli aveva parzialmente compromesso l’udito) ma anche psicologicamente. Ebbe un esaurimento nervoso così forte che i medici gli consigliarono di abbandonare sia gli studi che la pittura. Invece studiò lo stesso, all’inizio di nascosto ai genitori, e si laureò nel 1927.
Dopo alcuni lavori saltuari si trasferì a Roma dove nel 1929 fu assunto dalla Romana Gas, e nel 1943 fu trasferito a Firenze come Direttore Tecnico della Toscana Gas. Nel periodo trascorso a Roma gli impegni di lavoro lo portarono a trascurare la pittura ma continuò a frequentare gli ambienti artistici, con particolare riferimento al salotto dell’Ingegner Natale, noto collezionista d’arte, intorno al quale gravitavano artisti che sarebbero poi diventati famosi come Guttuso, Mafai, Ziveri e Melli. E fu proprio Roberto Melli che nel 1939 lo spronò a riprendere in mano i pennelli.
Mentre la sua formazione professionale lo ha portato a dirigere un complesso industriale con un rigore che era tipico del suo carattere, Egli ha poi cercato di addolcire la freddezza delle strutture che lo circondavano attraverso la loro rappresentazione grafica, riuscendo spesso a cogliere il legame stretto tra uomo e macchina. Questo filone di pittura si à concretizzato in una mostra personale tenuta a Firenze nel 1950 alla casa di Dante sul tema “L’Industria nella pittura”.
Ancora alla Casa di Dante tenne una seconda mostra nel 1953, ed alla Saletta del Disegno “La Torre” tenne una mostra di disegni nel 1955. Poi nel 1958 espose, su invito, all’Accademia delle Arti del Disegno. Di pari passo partecipò a numerose mostre collettive.
Renato Foresti ha attivamente frequentato gli ambienti artistici fiorentini fino a quando la sua salute glielo ha permesso. Purtroppo già a 53 anni era stato colpito da un primo infarto che aveva segnato l’inizio di una patologia cardiaca che si sarebbe progressivamente aggravata fino ad essere definitivamente compromessa da un infarto molto grave nel 1961 e, psicologicamente, dalla morte improvvisa della moglie avvenuta nel 1963. Da questo momento cominciò a defilarsi e, sebbene abbia continuato a dipingere fino alla fine partecipando a diverse mostre collettive, non si è più sentito di affrontare lo stress di mostre personali. L’unica altra personale è stata la mostra postuma che i figli gli hanno dedicato alla sua morte avvenuta nel 1973.