Neuromielite ottica: inebilizumab riduce ricadute


Neuromielite ottica, benefici evidenti secondo uno studio di fase 3 dall’anticorpo monoclonale anti-CD19 inebilizumab

Neuromielite ottica, benefici evidenti secondo uno studio di fase 3 dall'anticorpo monoclonale anti-CD19 inebilizumab

Un nuovo farmaco per il trattamento della neuromielite ottica (NMO) – disturbo infiammatorio aggressivo e immuno-mediato del sistema nervoso centrale, spesso confuso con una grave forma di sclerosi multipla (SM) – nello studio N- Momentum ha ridotto le ricadute cliniche del 73% in uno studio di fase 3 che è stato interrotto precocemente per l’evidente beneficio.

È l’anticorpo monoclonale anti-CD19 inebilizumab che agisce mediante deplezione delle cellule B. Lo studio è stato presentato a Stoccolma nel corso dell’ECTRIMS 2019 ed è stato anche pubblicato online su Lancet.

Il trattamento con inebilizumab (prodotto da Viela Bio) si è anche associato a una riduzione del 63% del peggioramento della disabilità clinica e a una riduzione del 44% delle lesioni attive alla risonanza magnetica (RM).

«Inebilizumab è uno dei tre nuovi agenti – tutti con diversi meccanismi d’azione – per il trattamento dell’NMO, che mostrano tutti un’efficacia molto elevata nella condizione» ha detto Bruce Cree, ricercatore capo di N-MOmentum e direttore della ricerca clinica presso l’University of California San Francisco Multiple Sclerosis Center. «Tutti questi nuovi agenti hanno livelli sorprendenti di efficacia, con l’attività della malattia ridotta di oltre il 70% – una caratteristica sbalorditiva per qualsiasi farmaco in medicina» ha aggiunto.

«Passeremo tra circa un anno dall’assenza di terapie approvate per l’NMO alla possibilità di avere tre terapie approvate, ognuna con un meccanismo d’azione diverso. Questo è un momento estremamente importante per i pazienti con NMO e per coloro che si prendono cura di loro» ha sottolineato Cree. Il primo dei tre nuovi agenti, eculizumab (prodotto da Alexion) recentemente è diventato disponibile negli Stati Uniti e in Europa.

Al proposito, Bernhard Hemmer, dell’Università tecnica di Monaco (Germania) e presidente di ECTRIMS, ha dichiarato: «I nuovi farmaci NMO sono certamente molto rilevanti. Presto avremo tre terapie approvate per questa condizione, il che costituisce un grande passo avanti. Ma abbiamo già un farmaco – rituximab – che, sebbene non specificamente indicato per NMO, è ampiamente usato e sembra essere efficace».

Le differenze tra NMO e SM

Cree ha spiegato che l’NMO può apparire simile alla sclerosi multipla in quanto entrambi possono causare neurite ottica e infiammazione del midollo spinale. «I due disturbi sono stati confusi per molti anni a causa della sovrapposizione clinica ma la scoperta dell’anticorpo AQP4 solo nei pazienti con NMO ora ci consente di distinguere le due condizioni» ha detto.

«Questo anticorpo è patogeno e l’NMO è considerata una malattia autoimmune specifica dell’anticorpo, mentre non è stato identificato un antigene patogeno specifico per la SM ha aggiunto. Gli anticorpi AQP4 colpiscono le cellule astrogliali e questo distingue l’NMO dall’essere un classico disordine demielinizzante, ha osservato Cree.

«La demielinizzazione si verifica nella NMO ma questo sembra essere secondario alla lesione astrogliale e alla fissazione del complemento che si verifica».

L’NMO è un raro disturbo che si manifesta in 0,5-4,4 per 100.000 persone. «Spesso ai pazienti viene inizialmente diagnosticata la SM ma generalmente non rispondono alle terapie per la SM e progrediscono rapidamente. La maggior parte può ora essere facilmente identificata con il test anticorpale AQP4» ha detto Cree.

Mentre l’NMO è una malattia grave, la prognosi si è evoluta negli ultimi anni. «Prima di sapere cosa fare di questi pazienti, la loro sopravvivenza a 5 anni era solo del 68% circa» ha proseguito Cree. «Le lesioni del midollo spinale cervicale interrompevano la capacità di respirare e i pazienti morivano per insufficienza respiratoria». Più recentemente, l’uso off-label di farmaci immunosoppressori ha avuto un impatto notevole sulla malattia.

«L’anticorpo anti-CD20 rituximab è ora ampiamente utilizzato per l’NMO e molti pazienti sono stati ora risparmiati dall’avere un decorso della malattia così grave. I pazienti muoiono ancora per la malattia e gli attacchi sono ancora associati a danni neurologici irreversibili, ma il decorso della malattia è stato cambiato in primo luogo dall’uso off-label di rituximab e successivamente di micofenolato e azatioprina» ha riferito Cree. I nuovi farmaci ora in fase di sviluppo sono stati sviluppati appositamente per il trattamento della NMO.

Lo studio N- Momentum

Inebilizumab, anticorpo anti-CD19, colpisce una gamma più ampia di cellule B – che si ritiene siano le cellule chiave nella patogenesi dell’NMO – rispetto ai farmaci anti-CD20, ha detto Cree.

Nello studio N- MOmentum (1,2) sono stati arruolati 230 pazienti con NMO (94% positivi per l’anticorpo AQP4) con un punteggio della scala dello stato di disabilità estesa (EDSS) di 8,0 o meno, 174 dei quali sono stati assegnati in modo casuale a inebilizumab (due dosi da 300 mg somministrate per infusione endovenosa nei giorni 1 e 15) e 56 al placebo. Sono state programmate ulteriori dosi ogni 6 mesi per mantenere la deplezione delle cellule B.

Lo studio è stato interrotto prima del completo arruolamento a causa di una chiara dimostrazione di efficacia e tutti i pazienti sono stati quindi passati al trattamento attivo in aperto.  I risultati hanno mostrato che il 12% dei pazienti trattati con inebilizumab ha avuto un attacco contro il 39% del gruppo placebo (hazard ratio 0,27; p <0,0001). Il numero necessario da trattare (number-needed-to-treat, NNT) era 3,73.

Il peggioramento della disabilità nel punteggio EDSS si è verificato nel 16% dei pazienti inebilizumab rispetto al 34% del placebo (odds ratio 0,37; p = 0,0049). Inebilizumab è stato anche associato a riduzioni delle lesioni RM attive (rate ratio) 0,56; p = 0,0034) e ai ricoveri (RR 0,28; p = 0,01).

Eventi avversi si sono verificati nel 72% dei pazienti inebilizumab e nel 73% dei pazienti placebo, mentre eventi avversi gravi si sono verificati solo nel 5% del gruppo inebilizumab e nel 9% del gruppo placebo. Nel gruppo in trattamento si sono verificati due decessi, che secondo i ricercatori non erano correlati al farmaco.

Nell’articolo su Lancet, gli autori riportano che – sebbene il trattamento con inebilizumab abbia ridotto il rischio di attacchi di neurite ottica (6% vs 18% con placebo) – ciò non ha comportato un beneficio per la visione binoculare a basso contrasto (l’endpoint secondario principale correlato alla visione). «Questa osservazione suggerisce che il trattamento con inebilizumab potrebbe non ridurre la gravità dell’attacco di neurite ottica o facilitare il recupero» affermano gli autori.

Inoltre, riportano, poiché lo studio ha incluso pochi partecipanti sieronegativi AQP4, l’efficacia di inebilizumab in questo sottogruppo non ha potuto essere determinata.

«Sebbene siano necessari dati di efficacia e sicurezza a più lungo termine, i risultati positivi osservati con inebilizumab e l’emergere di altre terapie in fase di sviluppo hanno il potenziale per fornire un’utile gamma di opzioni di trattamento e stabilire un nuovo panorama terapeutico per la NMO» concludono i ricercatori.

I limiti della ricerca

Alcuni limiti dello studio N-MOmentum sono evidenziati in un editoriale di commento da Elizabeth Silbermann e Dennis Bourdette, dell’Oregon Health & Science University di Portland. Gli editorialisti affermano che il periodo di follow-up di sicurezza di 12 mesi è troppo breve per valutare adeguatamente i rischi a lungo termine di infezioni opportunistiche, neoplasie secondarie o ipogammaglobulinemia prolungata.

«Il monitoraggio a lungo termine è cruciale, soprattutto alla luce delle due morti riportate nello studio» scrivono. Silbermann e Bourdette sottolineano inoltre che i clinici si chiederanno se inebilizumab offra benefici terapeutici rispetto a rituximab, che è una terapia di base per NMO e disponibile a un prezzo molto più economico. Peraltro, suggeriscono che, mirando alle cellule CD19, inebilizumab potrebbe fornire un attacco più mirato agli autoanticorpi patologici preservando l’immunità umorale generale.

Inebilizumab è solo uno dei numerosi nuovi farmaci per NMO. Gli altri sono eculizumab, un inibitore del complemento, e due anticorpi IL-6: satralizumab e tocilizumab . Anche per tutti questi agenti, che mostrano alti livelli di efficacia nei confronti di NMO, sono stati presentati nuovi dati alla riunione ECTRIMS.

«Finora, eculizumab sembra avere un’efficacia forse leggermente migliore, con una soppressione del 90% degli attacchi, ma dobbiamo essere molto cauti nei confronti incrociati tra studi» ha commentato Cree. Eculizumab è stato recentemente approvato per l’uso in NMO sia negli Stati Uniti che in Europa. Inebilizumab e satralizumab si stanno avvicinando al mercato e tocilizumab è già disponibile in commercio per altre indicazioni ma non è concesso in licenza per la NMO.