Tumore del polmone NSCLC: due nuove strategie


Tumore del polmone NSCLC: nuovo studio ha valutato due possibili strategie per combattere la patologia. Ecco i risultati del trial di fase III condotto sui pazienti

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Uno studio bifronte il CheckMate-227, un trial di fase III condotto in pazienti con tumore del polmone NSCLC i cui risultati sono stati anticipati con un comunicato da Bristol-Myers Squibb.

Lo studio ha valutato due possibili strategie per combattere il tumore del polmone NSCLC: la doppia immunoterapia e quindi l’associazione di nivolumab e ipilimumab e l’associazione tra nivolumab e la chemioterapia. In entrambi i casi confrontandole verso la sola chemioterapia.

Quella che sulla carta, basandosi su quanto già visto con pembrolizumab, avrebbe dovuto essere l’associazione vincente (nivolumab più chemio) ha invece deluso. Quella su cui si puntava di meno, visti i precedenti risultati con durvalumab, e quindi nivolumab più ipilimumab, ha invece avuto successo.

Nella prima parte (1a) dello studio, l’associazione tra nivolumab e ipilimumab a bassa dose è risultata superiore alla chemioterapia in termini di sopravvivenza globale (OS) nel trattamento di prima linea di pazienti con carcinoma del polmone non a piccole cellule (NSCLC) che esprimeva PD-L1 (≥ 1%). Il profilo di tossicità di questa associazione di prima linea era simile a quello osservato in precedenza con nivolumab 3 mg/kg ogni 2 settimane più ipilimumab 1 mg/kg ogni 6 settimane in pazienti con tumore del polmone NSCLC.

Un’analisi esplorativa eseguita sui pazienti arruolati nella parte 1b dello studio e i cui tumori non esprimevano PD-L1, ha confermato anche in questo gruppo i benefici sulla sopravvivenza osservati con nivolumab e ipilimumab a bassa dose. nell’altro subset. Questi significa la possibilità di un regime tutto immunoterapico e quindi chemio-free non solo nei pazienti PD-L1 positivi ma anche in quelli con scarsa o nulla espressione di PD-L1. Ed è proprio ciò che molti medici e pazienti potranno apprezzare.

Tuttavia, e qui vengono le note meno positive, presentando i dati della seconda parte dello studio CheckMate-227, l’azienda ha reso noto che l’associazione tra nivolumab e la chemioterapia non ha raggiunto l’endpoint primario prefissato, cioè la OS, rispetto alla sola chemioterapia nei pazienti con tumore del polmone NSCLC di tipo non squamoso, indipendentemente dall’espressione di PD-L1 (HR 0,86; IC 95% 0.69-1.08).

Bristol-Myers Squibb, che produce sia l’inibitore di PD-1 che l’inibitore di CTLA-4, ha affermato in un comunicato stampa che condividerà i risultati della prima parte dello studio con le autorità regolatorie e che i risultati completi saranno presentati nel corso di un prossimo congresso, probabilmente all’ESMO a fine settembre.

“CheckMate-227 è il primo studio di fase 3 che ha dimostrato che i pazienti con un tumore del polmone possono ottenere una sopravvivenza globale superiore con una combinazione a doppia immunoterapia rispetto alla chemioterapia”, ha detto Fouad Namouni, responsabile della Divisone Oncologica di Bristol-Myers Squibb. “Il tumore del polmone è il terzo tipo in cui l’associazione nivolumab e ipilimumab ha mostrato un significativo beneficio globale di sopravvivenza in uno studio randomizzato di fase 3, confermando l’importanza di ipilimumab nel trattamento del cancro”.

“I risultati osservati con nivolumab più ipilimumab nella parte 1a dello studio CheckMate-227 evidenziano che l’associazione può potenzialmente risparmiare la chemioterapia ottenendo nel contempo un vantaggio in termini di sopravvivenza nel trattamento di prima linea di pazienti con cancro al polmone”, ha affermato Martin Reck, ricercatore dello studio CheckMate 227, della Lung Clinic Grosshansdorf, German Center of Lung Research. “Sono anche ben impressionato dall’attività della terapia sia nei tumori che esprimono PD-L1 sia in quelli che non esprimono il recettore, e attendo con ansia i risultati completi dello studio”.

Lo studio CheckMate -227

Nello studio in aperto di fase III CheckMate-227, gli sperimentatori hanno valutato schemi a base di nivolumab verso doppiette di chemioterapia a base di derivati del platino in pazienti con tumore del polmone NSCLC avanzato non pretrattato, in pazienti con istologia non squamosa e squamosa.

Nella parte 1a dello studio, nivolumab/ipilimumab a bassa dose o il solo nivolumab sono stati confrontati con la chemioterapia in pazienti con tumori PD-L1–positivi; nella parte 1b, nivolumab/ipilimumab a bassa dose o nivolumab/chemioterapia sono state confrontati in pazienti con tumori PD-L1–negativi. Gli endpoint co-primari della parte 1 per nivolumab/ipilimumab versus chemioterapia erano la OS nei tumori PD-L1–positivi e la sopravvivenza libera da progressione (PFS) in quelli con un carico mutazionale tumorale (TMB) ≥ 10 mutazioni/megabase (mut/mB) nell’intero spettro PD-L1.

La parte 2 dello studio ha valutato l’associazione nivolumab/chemioterapia versus la sola chemioterapia indipendentemente dall’espressione di PD-L1; la OS era l’endpoint primario di questa parte dello studio.

La prima parte dello studio ha centrato entrambi gli obiettivi primari: la somministrazione di nivolumab e ipilimumab ha permesso di prolungare la OS rispetto alla sole chemioterapia nei pazienti con un tumore che esprimeva PD-L1, e la PFS nei pazienti con tumori ad alto TMB (≥ 10 mut/mb), indipendentemente dall’espressione di PD-L1,

La parte 2 non ha raggiunto l’endpoint primario per nivolumab più chemioterapia rispetto alla sola chemioterapia nei pazienti con NSCLC non squamoso. La OS mediana nei pazienti trattati con l’immunoterapia era poco inferiore a 19 mesi rispetto a quasi 16 mesi di quelli trattati con la sola chemioterapia; la OS a 1 anno era rispettivamente del 67,3% e del 59,2%. Sul piano statistico, questo dato si traduce in una riduzione del rischio relativo del 14%.

Comunque, in un’analisi esplorativa eseguita su pazienti con tumore del polmone NSCLC di tipo squamoso, la OS mediana era di 18,27 mesi nel gruppo trattato con nivolumab in prima linea più chemioterapia, rispetto a 11,96 mesi nel gruppo trattato con la chemioterapia (HR 0,69; IC 95% CI 0,50-0,97). In quest’ultimo gruppo, l’efficacia di nivolumab più chemioterapia sembra essere relativamente maggiore, con una riduzione del 31% del rischio di morte rispetto alla chemioterapia. Non sono state segnalate nuove tossicità.

“Anche se questo non è il risultato che speravamo, la sopravvivenza globale a un anno ottenuta con nivolumab più chemioterapia nella tipologia non squamosa era sovrapponibile a quella osservata nei bracci sperimentali di studi precedenti eseguiti con regimi combinati di immunoterapia/chemioterapia”, ha concluso Namouni nel comunicato stampa.

All’inizio di quest’anno, l’azienda ha ritirato la richiesta di autorizzazione che aveva presentato l’anno scorso per l’approvazione di nivolumab in prima linea nel carcinoma del polmone basata su una parte dei dati dello studio CheckMate-227. Bristol-Myers ha affermato che l’Fda voleva valutare i risultati di tutta la prima parte dello studio, oggi disponibili.

Nel tumore del polmone, pembrolizumab ha un grande vantaggio nel setting della prima linea, e di recente, all’ASCO ha ottenuto impressionanti risultati di sopravvivenza a cinque anni. Ma per la prima volta in un lungo periodo di tempo, Bristol adesso ha maggiori speranze di poter competere per una parte di questi trattamenti.