Sindrome di Noonan: antitumorale migliora cardiopatia


Sindrome di Noonan, un farmaco antitumorale migliora la cardiopatia: in due bambini trattati, l’ipertrofia cardiaca è regredita

Sindrome di Noonan, un farmaco antitumorale migliora la cardiopatia: in due bambini trattati, l'ipertrofia cardiaca è regredita

Bassa statura, dismorfismi facciali, difetti cardiaci e ritardo nell’apprendimento: sono i sintomi della sindrome di Noonan, una rara malattia genetica che si verifica in un caso ogni 1.000-2.500 nati. Oggi per questa condizione si apre un nuovo scenario: un farmaco antitumorale, il trametinib, ha dimostrato di poter invertire la cardiomiopatia ipertrofica e l’ostruzione valvolare in pazienti con sindrome di Noonan associata al gene RIT1. Lo studio, pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology. è stato condotto dai ricercatori dell’Università di Montreal e del CHU Sainte-Justine Research Center, il più grande centro materno-infantile del Canada.

La sindrome di Noonan è evidente alla nascita per l’insieme delle manifestazioni congenite che determina, ed è spesso legata a una grave cardiopatia a esordio precoce. In circa la metà dei casi la malattia è dovuta a una mutazione del gene PTPN11, che codifica la sintesi dell’enzima tirosin-fosfatasi, coinvolto in numerosi processi di sviluppo dell’embrione. Nell’altra metà dei casi, i geni responsabili sono diversi, ma tutti coinvolti nella trasduzione del segnale mediata dalla cascata di proteine RAS/MAPK: per questo motivo, la sindrome di Noonan appartiene alla classe di patologie note con il nome di RASopatie.

“Fino ad oggi, le opzioni terapeutiche si sono limitate all’intervento chirurgico, incluso il trapianto di cuore, e al trattamento farmacologico dei sintomi”, ha affermato l’autore dello studio, il dr. Gregor Andelfinger, cardiologo pediatrico del CHU Sainte-Justine e professore associato presso l’Università di Montreal. “Il trattamento con trametinib è il primo approccio mirato in modo specifico alla causa molecolare delle RASopatie. Anche se i nostri numeri sono ancora molto limitati, nello studio abbiamo riportato i primi casi di pazienti nei quali non solo siamo stati in grado di stabilizzare la cardiopatia, ma anche di invertirla: questi risultati aprono la strada a studi più ampi, che sono ora necessari”.

I bambini con meno di 6 mesi di età con sindrome di Noonan, cardiomiopatia ipertrofica e scompenso cardiaco hanno in genere una prognosi sfavorevole, con un tasso di sopravvivenza a un anno del 34%. Nel nuovo studio, il team canadese ha utilizzato il trametinib, un inibitore degli enzimi MEK1 e MEK2, per provare a trattare la malattia in due pazienti: i risultati si sono rivelati incoraggianti.

Dopo soli tre mesi dall’inizio del trattamento, i medici hanno infatti osservato un notevole miglioramento dello stato clinico e cardiaco, che si è mantenuto costante nel corso dei 17 mesi di terapia. In entrambi i pazienti l’ipertrofia del cuore era regredita e i parametri di laboratorio risultavano nella norma. Uno dei bambini, che ha richiesto la ventilazione, dovrebbe essere estubato dopo sei settimane di trattamento; entrambi, inoltre, hanno mostrato una migliore crescita generale dopo la somministrazione del farmaco.

“Le scoperte descritte in questo studio suggeriscono che una forma di cardiopatia potenzialmente letale che colpisce i neonati potrebbe essere curabile: se così fosse, sarebbe un fatto senza precedenti e di grande significato per le famiglie che devono affrontare questa condizione devastante”, ha commentato il dr. Bruce Gelb, direttore del Mindich Child Health and Development Institute presso l’Icahn School of Medicine at Mount Sinai di New York. “Ora abbiamo bisogno di eseguire una sperimentazione clinica adeguata per dimostrare con certezza che il farmaco funzioni per questo particolare problema”.

Nonostante lo studio si limiti a due soli pazienti, i ricercatori credono che l’inibizione degli enzimi MEK meriti ulteriori approfondimenti come opzione di trattamento per i pazienti affetti da RASopatie. La scoperta solleva inoltre importanti interrogativi, in particolare per quanto riguarda l’efficacia a lungo termine del farmaco e il suo eventuale impatto sulle altre manifestazioni della malattia.

A causa del ruolo rivestito degli enzimi MEK nel processo di segnalazione della crescita del cuore, Gregor Andelfinger ritiene che siano richiesti degli studi con un maggior numero di partecipanti per valutare gli effetti collaterali a lungo termine, il dosaggio e l’intervallo terapeutico ottimale, nonché per valutare questo trattamento in altri tipi di malattie cardiache. Si ipotizza che l’inibizione di MEK possa risultare più efficace durante una finestra temporale prefissata, prima dell’inizio del rimodellamento cardiaco irreversibile nelle RASopatie, compreso quello causato da geni diversi da RIT1.