Olio, grana e prosciutto rischiano bollino nero FAO


Organismo della FAO valuta il bollino nero per diversi prodotti italiani, dai formaggi all’olio extravergine. Coldiretti: no ad etichettature ingannevoli

Organismo della FAO valuta il bollino nero per diversi prodotti italiani, dai formaggi all'olio extravergine. Coldiretti: no ad etichettature ingannevoli

No a bollini allarmistici per i consumatori su olio extravergine, Parmigiano Reggiano o Prosciutto di Parma che, dal Sudamerica all’Europa, rischiano di essere ingiustamente diffamati da sistemi di etichettatura ingannevoli che mettono in pericolo la salute dei cittadini ma anche il sistema produttivo di qualità del Made in Italy.

E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento riferimento all’avvio dell’incontro ad Ottawa (Canada) del comitato “etichettatura alimentare” del Codex Alimentarius (organismo della FAO) dedicato alla discussione ed eventuale adozione di linee guida sul Front of Pack Nutritional Labelling (FOP).

Dall’appuntamento della FAO c’è il rischio che vengano promossi in tutto il mondo sistemi di informazione visiva come quello adottato in Cile dove si è già iniziato a marchiare con il bollino nero, sconsigliandone di fatto l’acquisto, prodotti come il Parmigiano, il Gorgonzola, il prosciutto e, addirittura, gli gnocchi.

O come il caso dell’etichetta a semaforo adottata in Gran Bretagna che finisce per escludere nella dieta alimenti sani e naturali che da secoli sono presenti sulle tavole per favorire prodotti artificiali di cui in alcuni casi non è nota neanche la ricetta.

Infatti-  spiega la Coldiretti – indica con i bollini rosso, giallo o verde il contenuto di nutrienti critici per la salute come grassi, sali e zuccheri, ma non basandosi sulle quantità effettivamente consumate, bensì solo sulla generica presenza di un certo tipo di sostanze, porta a conclusioni fuorvianti.

Ad influenzare il dibattito e ad aumentare i timori è la bozza di documento pronta per la pubblicazione elaborata dal Dipartimento dell’OMS della Nutrizione per la Salute e lo Sviluppo senza un processo di consultazione con gli Stati membri nel quale si sostiene che “la profilazione dei nutrienti è la scienza che classifica gli alimenti a seconda della loro composizione nutrizionale”. Un definizione contestata dalla Rappresentanza Permanente d’Italia presso le Organizzazioni Internazionali a Ginevra che in una lettera indirizzata al Direttore Generale dell’OMS, a firma dell’ambasciatore Gian Lorenzo Cornado, ha richiesto formalmente l’eliminazione di tale riferimento “poiché è assolutamente infondato definire la profilazione dei nutrienti come una “scienza”.

A supporto viene citata “l’intrinseca difficoltà nel cercare di applicare a singoli prodotti agro-alimentari le raccomandazioni sull’assunzione totale dei nutrienti che sono invece pensate per essere applicate alla dieta nel suo complesso” come sostenuto anche dall’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare.

In altre parole “un corretto regime alimentare si fonda – sostiene la Coldiretti – sull’equilibrio nutrizionale tra i diversi cibi consumati e non va ricercato sullo specifico prodotto. Non esistono cibi sani o insalubri, ma solo diete più o meno sane” afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che si tratta di “un pericolo rilevante per il Made in Italy agroalimentare che nel 2018 ha messo a segno un nuovo record delle esportazioni a 41,8 miliardi.

Nel progetto di linee guida del Codex della FAO che sarà la base di partenza della discussione si dice che l’etichetta nutrizionale può includere simboli, elementi grafici, testo o una combinazione di questi elementi, specificando che deve essere ben compresa dai consumatori e deve permettere loro di fare comparazioni all’interno e/o fra categorie di alimenti: per questo deve basarsi su ricerche scientifiche ed empiriche sulla percezione da parte dei consumatori prima di essere implementato.

L’Unione Europea pero’ chiede esplicitamente l’esclusione dei sistemi di etichettatura che si stanno sviluppando soprattutto in Paesi del Sud America con indicazioni “alto in zuccheri”, “alto in grassi” o altro accompagnati da segnali di divieto o bollini neri o rossi che colpiscono i prodotti tipici Made in Italy.

Un marchio di infamia che viene posto sulle principali specialità alimentari del Made in Italy che fondano il loro successo su tradizioni plurisecolari trasmesse da generazioni di agricoltori che si sono impegnati per mantenere le caratteristiche inalterate nel tempo.

Vengono infatti promossi cibi spazzatura con edulcoranti al posto dello zucchero e bocciati elisir di lunga vita come l’olio extravergine di oliva considerato il simbolo della dieta mediterranea, ma anche i principali formaggi e salumi italiani.

Ad essere discriminati con quasi l’85% in valore del Made in Italy a denominazione di origine (Dop) che la l’Unione Europea e le stesse istituzioni internazionali dovrebbero invece tutelare. In Cile le esportazioni di olio di oliva italiano nel 2018 sono calate dell’8% ma in riduzione sono anche quelle di grana padano e parmigiano reggiano, secondo una analisi della Coldiretti. Un patrimonio che è alla base della dieta mediterranea che ha consentito all’Italia di conquistare con ben il 7% della popolazione, il primato della percentuale più alta di ultraottantenni in Europa davanti a Grecia e Spagna ma anche una speranza di vita che è tra le più alte a livello mondiale ed è pari a 80,6 per gli uomini e a 85 per le donne.

Un ruolo importante per la salute che è stato riconosciuto anche con l’iscrizione della dieta mediterranea nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità dell’Unesco il 16 novembre 2010.