Chernobyl: trentatre anni dopo è ancora allarme


Il 26 aprile 1986 a Chernobyl la più grande catastrofe nucleare della storia: 5 milioni di persone vivono oggi in zone radioattive

Il 26 aprile 1986 a Chernobyl la più grande catastrofe nucleare della storia: 5 milioni di persone vivono oggi in zone radioattive

Alle 1:23 della notte del 26 aprile di trentatre anni fa l’Europa e il mondo furono scossi dal più grande incidente nucleare della storia, quello della centrale di Chernobyl. Un disastro dieci volte peggiore di quello di Fukushima. Per rendersi conto della portata di ciò che accadde quella notte basta ascoltare le parole di Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia: “È come se fossero scoppiate contemporaneamente duecento bombe atomiche della stessa portata di quelle di Hiroshima e Nagasaki”.

Oggi la situazione in Bielorussia, Russia e Ucraina è ancora gravissima. Circa 5 milioni di persone vivono in zone radioattive, dove i livelli di contaminazione continuano ad essere elevati. Sono migliaia, infatti, i casi di tumori e leucemie che colpiscono in particolar modo i bambini, i soggetti più vulnerabili. Secondo il più esauriente rapporto scientifico disponibile ad oggi sull’impatto a livello sanitario del peggior incidente nucleare civile, risalente però a dieci anni fa, sono stati diagnosticati circa 5mila tumori tiroidei, in persone che all’epoca della disgrazia erano bambini o adolescenti.

Il report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità spiega però che potrebbero esserci migliaia di nuovi casi di cancro alla tiroide nei prossimi anni e stima che ci potrebbero essere 9mila morti per cancro in eccesso imputabili all’incidente di Chernobyl tra le persone appartenenti alle squadre di emergenza, tra gli evacuati e i residenti delle regioni ad alta e bassa contaminazione di Bielorussia, Russia e Ucraina.

Il primo giorno dell’incidente, circa 1000 membri del personale del reattore che si trovavano sul posto e dei componenti delle squadre di intervento sono stati infatti esposti ad alti livelli di radiazione; tra gli oltre 200mila lavoratori delle squadre di emergenza e recupero che sono rimasti esposti nel periodo 1986-1987, l’Oms stima oltre 2mila potenziali casi mortali dovuti a radiazioni. Eppure, ancora oggi, la messa in sicurezza della centrale di Chernobyl non è stata ultimata e i lavori di costruzione del nuovo sarcofago del reattore 4 dovrebbero essere conclusi solo alla fine di quest’anno. Sono quasi 4mila i lavoratori impiegati per queste operazioni: 1500 si occupano dello smantellamento dei reattori 1, 2 e 3, che restarono funzionanti dopo la catastrofe e furono fermati negli anni successivi fino a smettere di operare nel 2000. Altri 2500 sono impegnati nella costruzione del grande arco di acciaio, piombo e altri materiali che dovrà proteggere dalla radiazioni del reattore 4 per almeno cento anni. Il nuovo sarcofago sostituirà la prima copertura, un gigantesco cubo di cemento che era stato terminato sette mesi dopo l’incidente.

L’esplosione del reattore 4 fu causata da un test degli operatori

Il 26 aprile 1986 a Chernobyl la più grande catastrofe nucleare della storia: 5 milioni di persone vivono oggi in zone radioattive

Il 26 aprile del 1986, l’unità numero 4 della centrale nucleare di Chernobyl in Ucraina è stata teatro del più rilevante incidente nucleare della storia. Nel reattore di tipo RBMK per rallentare i neutroni e favorire la reazione atomica controllata veniva usa la grafite, un materiale costituito da carbonio che, una volta incendiatosi, è difficilissimo da spegnere. L’incidente è stato causato da un esperimento: gli operatori volevano verificare se – in caso di perdita di potenza dovuta a qualche malfunzionamento – la centrale fosse stata in grado di produrre sufficiente elettricità per mantenere in azione il circuito di raffreddamento fino all’entrata in azione dei generatori di sicurezza. Il sistema di sicurezza venne deliberatamente disattivato per effettuare il test e la potenza fu portata al 25 per cento della sua capacità. La procedura però non funzionò e la potenza scese sotto l’uno per cento. A questo punto, bisognava far crescere di nuovo la potenza lentamente, ma la procedura avvenne invece in maniera violenta a causa del mancato funzionamento del sistema di sicurezza. Così, una volta che gli operatori persero il controllo del reattore, si formò una bolla di idrogeno nell’acqua del circuito di raffreddamento che causò un’esplosione. La grafite, incendiatasi per l’elevata temperatura che a 2000 gradi centigradi riuscì a fondere le barre contenenti il combustibile, continuò a bruciare per nove giorni.

Cronologia degli eventi

26 Aprile 1986

Alle 1:23:00 inizia il test dell’impianto di raffreddamento al reattore 4. Quaranta minuti dopo viene disattivato il sistema di sicurezza. Quattro minuti dopo il reattore 4 è fuori controllo ed esplode.

26 Aprile – 6 Maggio 1986

Nei primi dieci giorni viene rilasciata la maggior parte delle radiazioni. Il 27 aprile il governo sovietico decide di evacuare gli abitanti di Pripyat, città di 45mila abitanti a 3 chilometri dalla centrale. L’agenzia russa Tass dà notizia della catastrofe tre giorni dopo. In Europa la prima a parlare dell’incidente, il 29 aprile, è la tv tedesca. Occorrono circa 1800 voli di elicottero per estinguere l’incendio. Il 6 maggio termina il rilascio di radioattività.

15 Novembre 1986

Un sarcofago di cemento copre il reattore 4

12 dicembre 2000

L’intero complesso viene chiuso