Più Iva meno Irpef: scontro tra artigiani e industriali


La Cgia di Mestre contraria allo scambio più Iva meno Irpef che piace agli industriali: “Più esportazioni ma sarebbero penalizzati i consumi interni”

La Cgia di Mestre contraria allo scambio più Iva meno Irpef che piace agli industriali: "Più esportazioni ma sarebbero penalizzati i consumi interni"

No all’aumento dell’Iva, anche se in forma selettiva, in cambio di meno Irpef, grazie all’introduzione della flat tax. A dirlo è la CGIA che esprime la sua netta contrarietà a questa ipotesi che sembra trovare il favore di molti, in particolar modo tra gli industriali.

“Se aumentasse l’Iva – dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo – favoriremmo le esportazioni, ma penalizzeremmo i consumi interni. A pagare il conto sarebbero le famiglie, ma anche gli artigiani, i piccoli commercianti e i lavoratori autonomi che vivono quasi esclusivamente di domanda interna”.

Gli artigiani mestrini ricordano che, nell’ipotesi peggiore, se non verranno recuperati entro la fine di quest’anno 23,1 miliardi di euro, l’aliquota ordinaria passerà dal 22 al 25,2 per cento, mentre quella ridotta dal 10 salirà al 13 per cento.

Prosegue il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA, Paolo Zabeo: “Bisogna assolutamente evitare l’aumento dell’Iva, anche in forma selettiva. E non è nemmeno accettabile il baratto meno Iva più Irpef. Ricordo che da un eventuale scambio di questo genere, la gran parte dei 10 milioni di contribuenti Irpef che rientrano nella no tax area, che sono costituiti in particolar modo da pensionati al minimo, non avrebbe alcun vantaggio. Così come i disoccupati e le persone in gravi difficoltà economiche. Non pagando l’Irpef, non beneficerebbero di alcuna riduzione di imposta. Per contro, invece, si ritroverebbero pagare più Iva”.

Non solo. Se non verrà disinnescato l’aumento, dal 2020 l’Italia sarà il Paese con l’aliquota Iva ordinaria più elevata dell’area dell’Euro. Dall’attuale 22 per cento, infatti, si passerà al 25,2 per cento. Questo balzo ci consentirebbe di scavalcare tutti e di posizionarci in testa alla classifica dei più tartassati dall’Iva.

“Se è vero che in questi 45 anni – dichiara il Segretario della CGIA Renato Mason – abbiamo subito l’incremento d’aliquota più significativo, è altresì vero che nel 1973 quella applicata in Italia era, ad esclusione della Germania, la più contenuta. Tuttavia, se l’aumento previsto non sarà evitato, dal 2020 i consumatori italiani saranno sottoposti all’aliquota Iva ordinaria più elevata tra tutti i Paesi dell’area dell’euro, con un serio rischio che l’economia sommersa assuma dimensioni ancor più preoccupanti”.

Dalla sua apparizione ad oggi, infatti, sono trascorsi 46 anni. L’aliquota ordinaria dell’Iva è stata introdotta per la prima volta nel 1973 e fino a quest’anno è aumentata 9 volte. Tra i principali Paesi della zona euro siamo quello in cui è cresciuta di più: ben 10 punti, un record, ovviamente, che nessuno ci invidia.

Se nel 1973 l’aliquota era al 12 per cento, ora si attesta al 22 per cento, con un aumento, come dicevamo più sopra, di ben 10 punti. Seguono la Germania, con una variazione di +8 punti (era all’11 adesso si attesta al 19 per cento), l’Olanda, con un aumento di 5 punti (era al 16 oggi è al 21 per cento), l’Austria e il Belgio, con degli aumenti registrati nel periodo preso in esame rispettivamente del +4% e del +3%. La Francia è l’unico Paese presente in questa comparazione che non ha registrato alcun incremento. La CGIA, infine, ha elencato i principali beni e servizi che potrebbero essere interessati dall’eventuale aumento dell’aliquota IVA dal 10 al 13 per cento.

Essi sono:

        carni, pesce, spezie, cacao, prodotti della pasticceria e biscotteria, cioccolato, salse, condimenti composti, preparati per zuppe e minestroni, acqua minerale, aceto;

        legna da ardere in tondelli, ceppi, etc.;

        energia elettrica per uso domestico;

        gas metano uso domestico (limitatamente al consumo dei primi 480 metri cubi annui);

        prestazioni alberghiere;

        ristrutturazioni edilizie;

        acquisto o costruzione abitazione non di lusso (che non sia utilizzata come prima casa);

        spettacoli teatrali, attività circensi;

        somministrazione alimenti e bevande;

        piante e fiori.

E quelli che, eventualmente, potrebbero salire dal 22 al 25,2 per cento:

        vino;

        abbigliamento;

        calzature;

        riparazione di abbigliamento e calzature;

        elettrodomestici;

        mobili;

        articoli di arredamento;

        biancheria per la casa;

        servizi domestici;

        riparazione di mobili, elettrodomestici e biancheria;

        detersivi;

        pentole, posate e stoviglie;

        tovaglioli e piatti di carte e contenitori di alluminio;

        lavanderia e tintoria;

        auto e mezzi di trasporto;

        pezzi di ricambio, olio e lubrificanti;

        manutenzioni e riparazioni;

        giochi e giocattoli;

        radio, televisori, hi-fi, video-registratori, etc.;

        computer, macchine da scrivere e calcolatrici;

        cancelleria;

        prodotti per cura personale;

        barbiere, parrucchiere, istituti di bellezza;

        argenteria, gioielleria, bigiotteria e orologi;

        borse, valige ed altri effetti personali;

        onorari liberi professionisti.

Aliquote Iva nei Paesi dell’Area Euro (2018)

RankNazioniAliquota super

ridotta

(%)

Aliquota ridotta

(%)

Aliquota

ordinaria

(%)

1Grecia6 e 1324
2Finlandia10 e 1424
3Irlanda4,89 e 13,523
4Portogallo6 e 1323
5Italia45 e 1022
6Slovenia9,522
7Belgio6 e 1221
8Spagna41021
9Lettonia1221
10Lituania5 e 921
11Paesi Bassi621
12Estonia920
13Francia2,15,5 e 1020
14Austria10 e 1320
15Slovacchia1020
16Germania719
17Cipro5 e 919
18Malta5 e 718
19Lussemburgo3817

Elaborazione Ufficio studi CGIA