Protesi mammarie a superficie testurizzata e linfoma anaplastico a grandi cellule: il ministro della Salute Grillo chiede un parere urgente al Consiglio superiore di sanità
L’agenzia sanitaria francese per la sicurezza dei prodotti medici (Ansm) ha deciso, “come misura precauzionale”, di ritirare dal mercato un tipo di impianto di protesi mammarie macrotesturizzate e degli impianti mammari con superficie ricoperta da poliuritene, per il rischio connesso con l’insorgenza di una rara forma tumorale, il linfoma anaplastico.
Il ministro della Salute Giulia Grillo ha richiesto, di concerto con la Direzione generale dei dispositivi medici e del servizio farmaceutico, un parere urgente al Consiglio superiore di sanità in merito alle “Protesi mammarie a superficie testurizzata e linfoma anaplastico a grandi cellule“, anche alla luce della decisione delle autorità francesi di ritirare dal mercato tale tipologia di protesi. Il parere del CSS è stato richiesto per avviare eventuali opportune iniziative nei confronti dei fabbricanti coinvolti nella produzione dei dispositivi a rischio.
Di seguito un aggiornamento della situazione della stessa Direzione generale:
Dati epidemiologici: 41 casi negli ultimi 8 anni su 411 mila protesi impiantate in Italia
- Il Linfoma Anaplastico a grandi cellule diagnosticato in pazienti portatori di protesi mammarie per ragioni estetiche o ricostruttive, è una rara forma di neoplasia a prognosi favorevole se diagnosticato precocemente.
- Ad oggi nel mondo si stimano circa 800 casi su 10 -35 milioni di pazienti impiantati.
- In Italia, sono 41 i casi segnalati alla Direzione generale dei dispositivi medici dal 2010 a marzo 2019 su un totale di circa 411 mila protesi impiantate sul territorio italiano negli ultimi 8 anni.
- A seguito delle attività di sensibilizzazione promosse sull’argomento dalla Direzione generale dei dispositivi medici, con il supporto e la collaborazione delle società scientifiche nazionali, si è rilevato un progressivo aumento del numero di casi diagnosticati, passando da 1 caso nel 2010 a 8 casi nel 2015.
- L’incidenza nel 2015 è stata stimata in 3 casi su 100.000 pazienti impiantati.
- Il numero dei nuovi casi segnalati nel 2016, 2017 e 2018 si è mantenuto costante ogni anno, così come l’incidenza in Italia negli ultimi 4 anni.
- In Italia negli ultimi 10 anni più del 95% delle protesi impiantate sono testurizzate.
Tavolo di lavoro internazionale e azioni del Ministero: attivo dal 25 marzo registro sperimentale
Il tavolo di lavoro istituito nel 2014 con le Società Scientifiche, la circolare emanata, la lettera diffusa agli Assessorati della Sanità delle Regioni e Province Autonome, le pagine create sul sito del Ministero e dedicate a questa emergente patologia e alle protesi mammarie in generale, la sensibilizzazione al problema diffusa dalla Direzione generale dei dispositivi medici anche mediante la partecipazione a congressi, i dati di vendita condivisi dai Distributori con il Ministero, ci consentono di ritenere affidabili i dati riguardanti l’incidenza nel nostro paese.
Sebbene una predominanza di casi di ALCL sia stata riportata nei pazienti impiantati con protesi mammaria a superficie testurizzata, ad oggi, non ci sono evidenze scientifiche che supportino la correlazione causale tra l’insorgenza di questa patologia e il tipo di protesi mammaria.
Anche i casi italiani sono stati diagnosticati in pazienti impiantati con protesi mammarie a superficie sia micro che macro testurizzata. Tuttavia, la rarità della patologia, insieme all’esiguo numero di protesi lisce impiantate nel nostro paese, non consente al Ministero di considerare significativo il dato italiano relativo alla tipologia di protesi coinvolta.
L’assenza di evidenze scientifiche che possano mettere in correlazione l’impianto con l’insorgenza di questa nuova patologia è condivisa da tutte le Autorità Competenti internazionali (parere Task Force Europea)
Il ministero della Salute sta rafforzando l’attività di vigilanza su questa tipologia di dispositivi, mediante l’istituzione del registro nazionale delle protesi mammarie, attivo dal 25 marzo scorso.
Il ministero della Salute intende promuovere la ricerca scientifica sulla popolazione italiana affetta da questa patologia, al fine di individuare fattori genetici predisponenti che potrebbero aiutare a comprendere meglio l’eziopatogenesi multifattoriale di questa neoplasia. Ciò potrebbe spiegare perché l’ALCL si sviluppi in un paziente impiantato con una certa tipologia di protesi e non in un altro portatore della stessa topologia di impianto.
Raccomandazioni per pazienti e medici: effettuare controlli periodici
Tutto ciò premesso, si ritiene di fondamentale importanza ribadire:
- l’importanza per i pazienti di sottoporsi ai regolari controlli di follow-up indicati dal proprio medico curante e prescritti con cadenza variabile in base alla condizione clinica del singolo paziente;
- l’importanza per i medici di approfondire le indagini diagnostiche nel caso in cui il paziente sviluppi la comparsa di un sieroma freddo tardivo, una massa adiacente l’impianto o una importante contrattura capsulare spesso associata anche ad una esile falda di siero periprotesico. Indagini citologiche sul siero e/o istologiche ed immunoistochimiche sul tessuto capsulare consentiranno di porre una corretta diagnosi.
Codacons: già indaga la Procura di Torino
Sul caso delle protesi al seno potenzialmente cancerogene, la Procura della Repubblica di Torino ha aperto una apposita inchiesta a seguito di esposto presentato nelle settimane scorse dal Codacons. Lo rende noto l’associazione dei consumatori, commentando la decisione del Ministro della salute, Giulia Grillo, di chiedere un parere urgente al Consiglio superiore di sanità in merito alle “Protesi mammarie a superficie testurizzata e linfoma anaplastico a grandi cellule”.
Sulle protesi al seno a rischio c’è già una inchiesta della Procura, cui ci siamo rivolti per tutelare la salute di migliaia di donne italiane che hanno subito l’impianto di protesi mammarie potenzialmente pericolose – spiega il Codacons – L’autorità regolatoria francese ANSM aveva infatti già disposto la sospensione della vendita per possibili effetti cancerogeni derivanti dall’uso di tali dispositivi medici, e almeno tre regioni italiane nel gennaio 2019 (Toscana, Liguria e Trentino Alto Adige) hanno disposto verifiche e controlli attraverso la programmazione del follow up delle pazienti alle quali tali dispositivi sono stati impiantati.
Il Codacons nelle scorse settimane aveva dunque presentato un esposto in cui si chiedeva alla Procura di acquisire le indagini già svolte dall’ente francese e accertare se fossero ravvisabili fattispecie penalmente rilevanti come la frode in commercio (art. 515 c.p.) e immissione in commercio di prodotti pericolosi (d.lgs.206/2015) a carico del produttore e/o distributore dei dispositivi medici, nonché eventuali responsabilità dell’ente certificatore CE ed eventuali responsabilità delle autorità sanitarie centrali o locali.
Il Sostituto Procuratore di Torino Delia Boschetto, a seguito di esposto Codacons, ha ora aperto una formale inchiesta procedendo per i reati di “frode in commercio” e “e immissione in commercio di prodotti pericolosi”.