Terremoto Centro Italia: due anni dopo campagne in crisi


Il bilancio della Coldiretti a due anni dal terremoto del Centro Italia: nelle zone colpite oltre 500 milioni di euro di anni tra crollo delle produzioni e delle vendite e danni strutturali

A due anni dal terremoto nel Centro Italia per il Consiglio Nazionale dei Geologi la prevenzione è ancora una chimera. Appello per scelte chiare sulla gestione dei georischi, sulla manutenzione del costruito e del territorio

Il terremoto del Centro Italia è costato agli agricoltori e agli allevatori delle zone colpite oltre 500 milioni di euro in due anni, solo a causa del crollo delle produzioni e delle vendite senza contare i danni strutturali a stalle, case e fabbricati rurali. E’ quanto emerge dal bilancio della Coldiretti diffusa in occasione della visita del ministro delle Politiche agricole Gian Marco Centinaio nelle zone colpite terremotate delle Marche a due anni dai terremoti del 24 agosto e del 26 e 30 Ottobre 2016 che hanno devastato le regioni dell’Italia centrale.

Confrontando i dati del Pil agricolo pre-sisma nel 2015 con quelli dei due anni successivi nelle campagne marchigiane sono andati persi 140 milioni di euro, mentre in Umbria si è registrato un disavanzo secco di quasi 260 milioni di euro di valore delle produzioni e nel  Lazio sono stati “bruciati” 175 milioni di euro.

Nel 2017 si è verificata una tiepida ripresa delle produzioni agricole rispetto all’annata precedente ma la situazione è ancora lontana dal tornare alla normalità se si considera che il Pil agricolo è ancora complessivamente inferiore a quello del 2015, con punte del 13% in meno per l’Umbria e del 6% in meno per le Marche. Tra i settori più colpiti dal terremoto c’è sicuramente quello dell’allevamento, dove la produzione di latte è calata del 20% anche per la chiusura delle stalle.

A ciò va aggiunto il crollo del 70% delle vendite nei paesi svuotati che sta soffocando l’economia locale, a partire dagli agricoltori e gli allevatori che sono rimasti nonostante le difficoltà. Nelle zone del sisma è infatti ancora lontano il ritorno alla normalità, dalle difficoltà abitative delle popolazioni locali ai problemi a far tornare i turisti, mentre si scontano i ritardi della ricostruzione.

Una situazione che non ha però scoraggiato la maggioranza di agricoltori e allevatori che, a prezzo di mille difficoltà e sacrifici, non hanno abbandonato il territorio ferito e sono riusciti a garantire la produzione della maggior parte delle tipicità. Lo dimostra il fatto che sulle tavole rimane il ciauscolo, il caratteristico salame spalmabile marchigiano, il pecorino dei Sibillini e le tante altre specialità del territorio come la Lenticchia di Castelluccio, la patata rossa di Colfiorito, lo zafferano, il tartufo, il prosciutto di Norcia Igp o la cicerchia.

Complessivamente sono 25mila le aziende agricole e le stalle censite nei 131 Comuni terremotati di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo dove c’è una significativa presenza di allevamenti con oltre 100mila animali tra mucche, pecore e maiali, e un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi dai quali si ottengono specialità di pregio famose in tutto il mondo. Lenta ripresa anche per i 444 agriturismi che secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat operano nell’area dei quali 42 in Abruzzo, 40 nel Lazio, 247 nelle Marche e 115 in Umbria.

Per aiutare le aziende a risollevarsi dopo il terremoto è scattata in questi ultimi due anni una grande azione di solidarietà e aiuto con la consegna gratuita di 565.260 litri di gasolio alle aziende agricole grazie all’impegno di Coldiretti, Consorzi Agrari d’Italia, EurocapPetroli e del Consorzio Cooperativo Finanziario per lo Sviluppo, senza alcun contributo pubblico e sempre la Coldiretti assieme all’Associazione Italiana Allevatori e ai Consorzi Agrari ha consegnato mangiatoie, mangimi, fieno, carrelli per la mungitura, refrigeratori e generatori di corrente oltre a roulotte, camper e moduli abitativi” ricorda il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo.

Ma hanno avuto rilevanza anche le operazioni “adotta una mucca”, per dare ospitalità ad almeno 2000 pecore e mucche sfollate a causa dei crolli delle stalle, e “dona un ballone” di fieno per garantire l’alimentazione del bestiame o la riscoperta dell’antica tradizione agropastorale della “paradura” con la quale i pastori sardi della Coldiretti hanno donato mille pecore ai loro colleghi umbri colpiti dalle scosse per risollevarne le sorti. In segno di riconoscenza le agnelle nate da queste pecore sono state appena restituite ad alcuni pastori sardi che hanno perso il proprio gregge.

Senza dimenticare i mercati degli agricoltori di Campagna Amica, nella Capitale e in tutta la Penisola, che continuano ad ospitare gli agricoltori terremotati e i loro prodotti rimasti senza sbocchi di mercato con oltre 60mila italiani che hanno assaggiato la “caciotta della solidarietà”, ottenuta con il latte raccolto dalle stalle colpite dal terremoto di Norcia, Amatrice e Leonessa e il “cacio amico” fatto con il latte degli allevamenti marchigiani.